[La bottega del Barbieri, 5 maggio 2020]
1 – Le parole della Ministro della Scuola confondono gli studenti (e non solo)
“Voglio rassicurare i genitori e i ragazzi: il rischio che gli studenti possano perdere l’anno scolastico non c’è”, scrive su facebook la ministra della scuola Azzolina a fine febbraio (qui)
“anche se tutti saranno promossi, ci saranno anche le insufficienze, i 5 e i 4”, dice in un’intervista la ministra della scuola Azzolina a metà aprile (qui)
“per tutti è garantito il passaggio alla classe successiva, ma poi a settembre per chi ha conseguito valutazioni non sufficienti la strada sarà impervia”. dice la ministra della scuola Lucia Azzolina a fine aprile, rivolgendosi agli studenti durante una diretta in un sito internet (qui)
La ministra ha creato i promossi ope Covid-19 (effetto collaterale: anche quelli che alla fine del primo quadrimestre avevano la media del 2, e che avrebbero continuato a non fare niente saranno promossi, si fa il loro bene, naturalmente, quando si sa che l’anno prossimo dovranno fare 2 anni in uno? Qualcuno sarebbe tranquillo se dessero la patente a chi non sa guidare?)
Prima sarebbe meglio pensare (bene), e poi parlare, nel mondo reale funziona così.
Una domanda: che gli studenti sarebbero tutti stati promossi non sarebbe stato meglio dirlo il 5 giugno? E un’altra: la Ministra ha una strategia, o parla a braccio?
2 – Effetti indesiderati (solo chi non sa niente di scuola poteva non prevederli)
Dice la legge che “…per procedere alla valutazione finale di ciascuno studente, è richiesta la frequenza di almeno tre quarti dell’orario annuale…”(DPR 22 giugno 2009 , n. 12), con numerose deroghe, come è giusto.
Non ho mai capito la logica della norma su citata. Da sempre chi a scuola viene poco, salvo miracoli, o geni, non passerà l’anno scolastico. È una norma di cui non si sentiva il bisogno, anche perché l’interpretazione degli studenti (parlo delle superiori) è stata, da allora, fino al 25% di assenze non c’è problema, molti se le fanno tutte, o quasi, quelle assenze, prima non l’avrebbero fatto.
Oggi fra coloro i quali si presentano alle videolezioni, molto o pochi, dipende dalle classi, appena connessi spengono la videocamera e giocano con il loro telefonino, attività nella quale eccellono (avranno un futuro assicurato, nei call center). Però sono stati presenti, che gran passo per la scuola e per l’umanità, queste videolezioni.
È nata la scuola del futuro?
3 – Chi comanda a scuola si chiama Registro Elettronico
Da quando è apparso nelle aule, nei computer delle aule, a volte nei computer privati degli insegnanti ha reso la vita facilissima. Quando si accende il computer a volte passano 5 minuti altre volte di più, solo per connettersi, e poi per mettere la firma, le assenze, i contenuti delle lezioni, i compiti assegnati, ci vorrà del tempo, rubato alla lezione con gli alunni, naturalmente. Il registro cartaceo non è più di moda. Tutto quello che è tecnicamente possibile si fa, senza discussione.
Ma la cosa più grave è un’altra, le società che li producono e li gestiscono, contenendo tutti i dati sono società private (chissà se c’entrerà il fatto che negli anni al Ministero della pubblica istruzione hanno cancellato l’aggettivo pubblica?).
Funziona così: ogni scuola, nella sua autonomia, decide a chi affidare il servizio, ci sono diverse società che lo fanno. In più ogni tanto cambiano qualcosa, costringendo tutti ad adattarsi, anche se va peggio (non sempre, lo ammetto, ma anche gli orologi rotti segnano l’ora giusta due volte al giorno).
C’è un modo di dire perfetto per questi casi: “se il solo strumento che possedete è un martello, vedrete in ogni problema un chiodo”; l’informatica (comprensiva di software) è il martello, la scuola è il chiodo, se non si era capito.
Domanda: è possibile che fra le centinaia di dirigenti pagati profumatamente (agli occhi dei lavoratori dei singoli istituti) nessuno abbia pensato a un registro elettronico programmato dal Ministero, o da una società ad esso riconducibile, uguale per tutte le scuole? Forse che nell’Amministrazione Finanziaria ogni sede usa il programma che vuole?
Domande: il registro elettronico è una concessione alle esigenze dei genitori di poter controllare i figli perché non si fidano di loro?
Quando vedono un numeretto che misura una prestazione dell’erede stanno tranquilli così, finisce lì, o vanno a scuola, o scrivono una mail al docente per chiedere il perché e il percome del numeretto? Come quando ritirano le analisi del sangue ci sono numeretti, ma vanno comunque dal medico.
Forse il registro elettronico svolge la funzione del carabiniere, serve per controllare i figli e i professori, domanda, provare a parlare non servirebbe di più, non sarebbe meglio?
4 – “Si può portare il cavallo alla fontana, ma non lo si può convincere a bere“
diceva spesso Keynes. Puoi provare a fare le cose più belle del mondo, in classe, quella vera, a volte riesci a interessare gli alunni, che sono stati costretti a depositare gli smartphone in un cassetto della cattedra, o in una scatola. A volte viene depositato un telefono non funzionante, spesso gli studenti hanno due telefonini.
Ma con le videolezioni come fai? Se riesci a vedere gli studenti in viso quasi sempre gli occhi sono rivolti verso il basso, sul telefonino.
Diceva Frank Zappa: “Una delle mie tesi filosofiche preferite è che la gente sarà d’accordo con te solo se è già d’accordo con te. Non riesci a cambiare la mente degli altri.”
A scuola succede lo stesso, gli studenti possono imparare se vanno a scuola con l’idea, il bisogno, la voglia di imparare.
Altrimenti niente può vincere il fascino dello smartphone, terribile e sottostimata arma di distrazione di massa (non solo tra i giovani).
Battere lo smartphone a scuola è la missione impossibile.
Forse non tutti sanno che esiste una patologia che si chiama nomofobia (acronimo di No Mobile), per la quale si va in cura nei SerD (vedi qui e qui). Naturalmente chi ha questa patologia, se glielo dice, ride, giovani e genitori, come quando per chi beve troppo spesso si sorride dicendo un bicchiere ogni tanto cosa potrà fare, o come quando uno è troppo spesso “fatto” si sorride dicendo drogarsi ogni tanto non può fare così male.
A quando l’intervento dei SerD nella scuola per la nomofobia?
In un libro intitolato “Demenza Digitale“, di Manfred Spitzer, che dovrebbe far riflettere sui computer (e non solo) a scuola (e non solo), l’autore afferma:
“chi è favorevole all’introduzione dei media digitali nelle scuole usando soldi pubblici, deve prima dimostrare l’effetto positivo di questa misura. Gli studi a disposizione ci inducono a pensare che portatili e lavagne interattive nelle scuole ostacolino il processo di apprendimento e quindi danneggino gli alunni”
” i computer elaborano informazioni. Da qui si deduce erroneamente che i computer siano strumenti ideali di apprendimento. Invece, proprio il fatto di sottrarci il lavoro mentale, i computer non sono adatti per imparare meglio. L’apprendimento presuppone una lavoro mentale autonomo: più a lungo, e sopratutto in modo più approfondito, si elabora un contenuto, meglio lo si impara”
“il cervello di un adulto è sostanzialmente diverso da quello ancora in via di sviluppo di un bambino. Questo semplice fatto viene praticamente ignorato da tutti gli esperti che si occupano del tema dei media digitali in ambito educativo”
“l’aspetto più ingannevole nel concetto di competenza mediatica è che per utilizzare internet non è necessaria alcuna capacità specifica. Ciò che serve è invece una solida cultura di base o generale. Chi già ne dispone potrà trovare molti contenuti su internet e informarsi in maniera approfondita. Chi invece non conosce (ancora) niente non diventerà più colto tramite i media digitali. Perché è necessario avere conoscenze preliminari di un determinato contenuto per poterlo approfondire. Chi non è convinto può provare a inserire in un motore di ricerca un contenuto di cui non sa assolutamente nulla. Si accorgerà ben presto che Google non è in grado aiutarlo. Vale invece il contrario: più so, prima trovo in rete i dettagli che mi erano sconosciuti.” (da qui)
5 – dice una delle leggi di Murphy:
Chi sa insegnare insegna.
Chi non ha mai insegnato (o non sa insegnare) insegna agli insegnanti come insegnare.
6 – un paradosso della didattica a distanza
Non succede sempre, ma succede.
Il fatto è questo: coloro i quali, nella tradizionale aula, diciamolo, non erano granchè nella funzione didattica e docente, nella didattica a distanza (dove si esercitano le stesse funzioni, che con un cambio di vocale diventano finzioni) diventano straordinari.
Alcuni ricercatori sono all’opera per capirci qualcosa, e anche i linguisti specializzati in slittamento vocalico sono al lavoro.
7 – E adesso un po’ di fantascuola.
E se ipotizzassimo che fra qualche anno le scuole (magari solo quelle secondarie superiori, tranne i licei di vecchi stampo, per un numero di studenti programmato, per diventare le future classi dirigenti) diventassero luoghi nei quali dalle LIM (lavagne interattive multimediali) trasmettessero delle videoconferenze ministeriali con risposte preconfezionate, si mette una crocetta e via, se si sbaglia non importa, si potranno rifare i test mettono croci finché non si raggiunge la sufficienza (succede già oggi, in certe attività)?
I genitori devono lavorare, come farebbero a lasciare gli studenti a casa? Gli studenti apprenderebbero qualche nozione, non ne servono tante per far parte delle classi non dirigenti, e passerebbero il tempo, e imparerebbero a essere sottomessi.
Come tutte le cose impossibili, non verrà realizzata, ma se smette di essere impossibile?
Tante domande, direbbe Bertolt Brecht.
(ogni riferimento alla realtà non è casuale, parlando della scuola secondaria superiore)