Incipit. Come iniziano alcuni libri che (non) ho a casa e (non) ricordo di avere letto

La mia fanciullezza fu libera e gagliarda. Risuscitarla nel ricordo. Farla scintillare dinanzi alla mia coscienza, è un vano sforzo.
Sibilla Aleramo, Una donna

Barrabás arrivò in famiglia per via mare, annotò la piccola Clara con la sua delicata calligrafia. Già allora l’abitudine di scrivere le cose più importanti e più tardi, quando rimase muta, scriveva anche le banalità, senza sospettare che, cinquant’anni dopo, i suoi quaderni mi sarebbero serviti per riscattare la memoria del passato, e per sopravvivere al mio stesso terrore. Il giorno in cui arrivò Barrabás era Giovedì Santo.
Isabel Allende, La casa degli spiriti

Non è bella la vita dei pastori in Aspromonte, d’inverno, quando i torbidi torrenti corrono al mare, e la terra sembra navigare sulle acque. I pastori stanno nelle case costruite di frasche e di fango, e dormono con gli animali. Vanno in giro coi lunghi cappucci attaccati ad una mantelletta triangolare che protegge le spalle, come si vede talvolta raffigurato qualche dio greco pellegrino e invernale.
Corrado Alvaro, Gente in Aspromonte

Stavo per superare Salvatore quando ho sentito mia sorella che urlava. Mi sono girato e l’ho vista sparire inghiottita dal grano che copriva la collina.
Non dovevo portarmela dietro, mamma me l’avrebbe fatta pagare cara.
Mi sono fermato. Ero sudato. Ho preso fiato e l’ho chiamata. – Maria? Maria?
Mi ha risposto una vocina sofferente. – Michele!
Niccolò Ammaniti, Io non ho paura

Nel sud erano già dieci, quindici anni che era cominciato l’intervento Cassa, le nuove industrie, la campagna che deve essere industrializzata. E nei comizi che si sentivano allora si diceva che per il progresso nel mezzogiorno bisognava lavorare. Per una nuova dignità umana bisognava produrre. Che ci voleva un nuovo sud, lo sviluppo, pane per tutti, lavoro per tutti eccetera. Lo diceva la DC, lo diceva il PCI, lo dicevano tutti.
Nanni Balestrini, Vogliamo tutto

Sono nata il 9 gennaio 1908, alle quattro del mattino, in una stanza dai mobili laccati in bianco che dava sul Boulevard Raspail. Nelle foto di famiglia fatte l’estate successiva si vedono alcune giovani signore con lunghe gonne e capelli impennacchiati di piume di struzzo, e dei signori in panama, che sorridono a un neonato: sono io.
Simone de Beauvoir, Memorie d’una ragazza per bene

Al bar Sport non si mangia quasi mai. C’è una bacheca con delle paste, ma è puramente coreografica. Sono paste ornamentali, veri e propri pezzi d’artigianato. Sono lì da anni, tanto che i clienti abituali, ormai, le conoscono una per una. Entrando dicono: «La meringa è un po’ sciupata, oggi. Sarà il caldo».
Stefano Benni, Bar Sport

La protagonista femminile dell’azione, nella prima parte, è una donna di quarantotto anni, germanica, alta m 1,71, pesa kg 68,8 (in abito da casa), perciò ha solo 300-400 grammi meno del peso ideale. Ha occhi cangianti tra il blu cupo e il nero, capelli biondi molto folti e lievemente imbiancati, che le pendono giù sciolti, aderendole al capo, lisci, come un elmetto. Questa donna si chiama Leni Pfeiffer.
Heinrich Böll, Foto di gruppo con signora

Era una gioia appiccare il fuoco.
Era una gioia speciale vedere le cose divorate, vederle annerite, vederle diverse. Con la punta del rame del tubo fra le mani, con quel grosso pitone che sputava il suo cherosene venefico sul mondo, il sangue gli martellava contro le tempie, e le sue mani diventavano le mani di non sa quale direttore d’orchestra che suonasse tutte le sinfonie fiammeggianti, incendiare, per far cadere tutti i cenci e le rovine carbonizzate della storia.
Ray Bradbury, Fahrenheit 451

Impossibile far la passeggiata quel giorno. Sì, la mattina avevamo vagato un’ora per la brughiera spoglia, ma dopo mangiato (la signora Reed, quando non aveva compagnia, pranzava presto) il freddo vento invernale aveva ammassato delle nuvole così cupe, portando una pioggia così insistente, che di andar fuori non si parlò neppure.
Me ne rallegrai. Non ho mai amato le passeggiate lunghe, specialmente nei pomeriggi rigidi. Trovavo terribile rincasare nel crepuscolo grigio, con le dita delle mani e dei piedi gelate, il cuore rattristato dai rimproveri di Bessie, la bambinaia, e sentitimi umiliata dalla consapevolezza della mia inferiorità fisica rispetto a Eliza, John e Georgiana.
Charlotte Brontë, Jane Eyre

Nell’ora di un caldo tramonto primaverile apparvero presso gli stagni Patriarsie due cittadini. Il primo – sulla quarantina, con un completo grigio estivo – era di bassa statura, scuro di capelli, ben nutrito, calvo; teneva in mano una dignitosa lobbietta, e il suo volto, rasato con cura, era adorno di un paio di occhiali smisurati con una montatura nera di corno. Il secondo – un giovanotto dalle spalle larghe, coi capelli rossicci a ciuffi disordinati e un berretto a quadri buttato sulla nuca – indossava una camicia scozzese, pantaloni bianchi spiegazzati e un paio di mocassini neri.
Michail Bulgakov, Il maestro e Margherita

Nominato ufficiale, Giovanni Drogo partì una mattina di dicembre dalla città per raggiungere la Fortezza Bastiani, sua prima destinazione.
Si fece svegliare ch’era ancora notte e vestì per la prima volta la divisa di tenente. Come ebbe finito, al lume di una lampada a petrolio si guardò nello specchio, ma senza trovare la letizia che aveva sperato.
Dino Buzzati, Il deserto dei Tartari

Non è detto che Kublai Kan creda a tutto quel che dice Marco Polo quando gli descrive le città visitate nelle sue ambascerie, ma certo l’imperatore dei tartari continua ad ascoltare il giovane veneziano con più curiosità e attenzione che ogni suo altro messo o esploratore. Nella vita degli imperatori c’è un momento, che segue all’orgoglio per l’ampiezza sterminata dei territori che abbiamo conquistato, alla malinconia e al sollievo di sapere che presto rinunceremo a conoscerli e comprenderli.
Italo Calvino, Le città invisibili

I singolari avvenimenti che dànno materia a questa cronaca si sono verificati nel 194… a Orano; per opinione generale, non vi erano al loro posto, uscendo un po’ dall’ordinario: a prima vista, infatti, Orano è una città delle solite, null’altro che una prefettura francese della costa algerina.
Albert Camus, La peste

C’era una volta, tipo una settimana fa, alle Torri, una bella bimba, ma bellina davvero, che faceva uscire matta la mamma per non dire la nonna. Quella buona donna della mamma le aveva fatto una felpa con il coso rosso, il cappuccio, e per questo tutti la chiamavano cappuccetto rosso.
Cappuccetto rosso a Tor Bella Monaca

Alice cominciava a essere stufa di starsene seduta vicino a sua sorella sulla riva del fiume, senza niente da fare; aveva sbirciato un paio di volte nel libro che sua sorella stava leggendo, ma non c’erano né figure né dialoghi, «e a che pro un libro», pensava Alice, «senza le figure e i dialoghi»?
Lewis Carroll, Alice nel paese delle meraviglie

C’era un tempo in cui ammiravo la signorina Frizzi instancabilmente come chi abbia riconosciuto i meriti di una persona e non intende pentirsene mai. E lei naturalmente essendo insegnante di lingue estere non mi voleva smentire di questo fatto. Per ore dunque curava il ripasso delle mie cognizioni grammaticali entrambi comodamente seduti in un giardino forse non più adesso esistente nella mia città. Io potevo anche dirle enormi strafalcionerie senza che lei si prendesse di impazienza o gridasse per la grande comprensione del suo spirito.
Gianni Celati, Le avventure di Guizzardi

Era il brigadiere Le Meheu che occupava il fondo del corpo di guardia, i gomiti sul tavolo, contro la lampada. Ronfava. Gli vedevo da lontano i baffetti nel riflesso della scialba luce. L’elmo gli nascondeva gli occhi. Il peso gli faceva crollare la testa… La rialzava di nuovo… lottava contro la dòrmia… L’ora suonava in quell’istante…
Louis-Ferdinand Céline, Casse-pipe

Era di un eccitante pazzesco. Mia madre fece bagagli, valigie e casse per giorni interi. Io capii che per noi sarebbe cominciata una nuova vita.
Christiane F., Noi. i ragazzi dello zoo di Berlino

Erano circa le 5 di una mattina d’inverno, in Siria. Lungo il marciapiede della stazione d’Aleppo era già formato il treno che gli orari ferroviari internazionali indicavano pomposamente con il nome di Taurus Express, e che consisteva in due vetture ordinarie, un vagone-letto e un vagone-ristorante con annesso cucinino.
Agatha Christie, Assassinio sull’Orient-Express

Se ne stava rannicchiato tra due auto in sosta e aspettava il prossimo colpo cercando di coprirsi il volto. Erano in quattro. Il più cattivo era il piccoletto, con uno sfregio di coltello lungo la guancia. Tra un assalto e l’altro scambiava battute al cellulare con la ragazza: la cronaca del pestaggio. Menavano alla cieca, per fortuna. Per loro era solo un gran divertimento.
Giancarlo De Cataldo, Romanzo criminale

Un ventiquattrenne, grasso per tenere a distanza quanto di spaventoso accade dietro le quinte (e che vedeva: era una sua dote, forse l’unica), che amava turare i buchi della sua carne proprio perché attraverso quelli poteva irrompere l’orrore, nel senso che fumava sigari (Ormond Brasil 10) e portava, in aggiunta ai suoi, anche un secondo paio d’occhiali da sole, e batuffoli di ovatta nelle orecchie: questo giovanotto, dipendente ancora dai genitori e alle prese con vaghi studi all’università che si poteva raggiungere in due ore di viaggio in ferrovia, salì una domenica pomeriggio sul solito treno, partenza alle diciassette e cinquanta, arrivo alle diciannove e ventisette, per seguire il giorno seguente un seminario che aveva già deciso di marinare.
Friedrich Dürrenmatt, Il tunnel

In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Questo era in principio presso Dio e compito del monaco fedele sarebbe ripetere ogni giorno con salmodiante umiltà l’unico immodificabile evento di cui si possa asserire l’incontrovertibile verità. Ma videmus nunc per speculum et in aenigmate e la verità, prima che faccia a faccia, si manifesta a tratta (ahi quanto illeggibili) nell’errore del mondo, così che dobbiamo compitarne i fedeli segnacoli, anche là dove ci appaiono oscuri e quasi intessuti di una volontà del tutto intesa al male.
Umberto Eco, Il nome della rosa

Alba la presero in duemila il 10 ottobre e la persero in duecento il 2 novembre dell’anno 1944.
Beppe Fenoglio, I ventitre giorni della città di Alba

Sulla bella costa della riviera francese, a mezza strada tra Marsiglia e il confine italiano, sorge un albergo rosa, grande e orgoglioso. Palme deferenti ne rinfrescano la facciata rosata, e davanti a esso si stende una breve spiaggia abbagliante. Recentemente è diventato un ritrovo estivo di gente importante e alla moda; dieci anni fa, quando in aprile la clientela inglese andava verso il Nord era quasi deserto. Ora molte villette vi si raggruppano intorno; ma quando questa storia incomincia, soltanto i tetti di una dozzina di vecchie ville marcivano come ninfee in mezzo ai pini ammassati tra l’Hôtel des Étrangers di Gausse e Cannes, cinque miglia più in là.
Francis Scott Fitzgerald, Tenera è la notte

Il sacrificio della patria nostra è consumato: tutto è perduto; e la vita, seppure ne verrà concessa, non ci resterà che per piangere le nostre sciagure e la nostra infamia.
Ugo Foscolo, Ultime lettere di Jacopo Ortis

Un fronte freddo autunnale arrivava rabbioso dalla prateria. Qualcosa di terribile stava per accadere, lo si sentiva nell’aria. Il sole era basso nel cielo, una stella minore, un astro morente. Raffiche su raffiche di entropia. Alberi irrequieti, temperature in diminuzione, l’intera religione settentrionale delle cose era giunta al termine. Neanche un bambino nei giardini.
Jonathan Franzen, Le correzioni

Tutti oramai lo chiamavano Don Ciccio. Era il dottor Francesco Ingravallo comandante alla mobile: uno dei più giovani e, non si sa perché, invidiati funzionari della sezione investigativa: ubiquo ai casi, onnipresente su gli affari tenebrosi.
Carlo Emilio Gadda, Quer pasticciaccio brutto de via Merulana

Nel portone di un albergo della città di N., capoluogo di governatorato, entrò una di quelle carrozzelle a molle piuttosto eleganti in cui viaggiano gli scapoli: tenenti-colonnello a riposo, capitani in seconda, proprietari terrieri con un centinaio di anime di contadini – insomma tutti quelli che vengono definiti signori di medio calibro.
Nikolaj Gogol’, Anime morte

Non lo nego: sono ricoverato in un manicomio; il mio infermiere mi osserva di continuo, quasi non mi toglie gli occhi di dosso perché nella porta c’è uno spioncino, e lo sguardo del mio infermiere non può penetrarmi perché lui ha gli occhi bruni, mentre i miei sono celesti.
Günter Grass, Il tamburo di latta

La prima volta che sentii chiamare Personville Poisonville fu da un balordo di pelo rosso di nome Hickey Dewey, al Big Ship Bar di Butte, Montana. Poisonville: città del veleno. Non feci troppo caso al modo in cui aveva storpiato il nome. Per Dewey, d’altra parte, una camicia era una cimicia. In seguito, sentii la stessa storpiatura anche in bocca a chi riusciva a distinguere una vocale dall’altra. Continuai a non farci caso. Doveva essere il solito senso dell’umorismo sballato dei delinquenti, quando credono che a prendergli le impronte digitali sia un azionario invece di un funzionario. Ma qualche anno più tardi ci andai, a Personville. E scoprii che il suo nome giusto, in realtà, era quello sbagliato.
Dashiell Hammett, Raccolto rosso

In questo libro abbiamo intenzione di registrare il materiale biografico che si è potuto trovare su Josef Knecht, il Ludi Magister Josephus III, come è chiamato negli archivi del Giuoco delle perle di vetro. Non ci nascondiamo che questo tentativo è o sembra un poco in contraddizione con le vigenti norme e consuetudini della vita spirituale. Tanto è vero che uno dei supremi prìncipi di questa è la soppressione dell’individualità, l’inserimento possibilmente perfetto della persona singola nella gerarchia dell’autorità pedagogica e delle scienze.
Hermann Hesse, Il giuoco delle perle di vetro

Un edificio grigio e pesante di soli trentaquattro piani. Sopra l’entrata principale le parole «Centro di incubazione e di condizionamento di Londra Centrale» e in uno schema il motto dello Stato Mondiale: «Comunità, Identità, Stabilità».
Aldous Huxley, Il mondo nuovo

Sotto certi aspetti ci sono nella vita poche ore più piacevoli di quelle dedicate alla cerimonia del tè del pomeriggio.
Henry James, Ritratto di signora

Qualcuno doveva aver calunniato Josef K., poiché un mattino, senza che avesse fatto nulla di male, egli fu arrestato.
Franz Kafka, Il processo

La prima volta che incontrai Dean fu poco tempo dopo che mia moglie e io ci separammo. Avevo appena superato una seria malattia della quale non mi prenderò la briga di parlare, sennonché ebbe qualcosa a che fare con la triste e penosa rottura e con la sensazione da parte mia che fosse tutto morto. Con l’arrivo di Dean Moriarty ebbe inizio quella parte della mia vita che si potrebbe chiamare la mia vita lungo la strada.
Jack Kerouac, Sulla strada

L’idea dell’eterno ritorno è misteriosa e con essa Nietzsche ha messo molti filosofi nell’imbarazzo: pensare che un giorno ogni cosa si ripeterà così come l’abbiamo vissuta, e che anche questa ripetizione debba ripetersi all’infinito! Che significato ha questo folle mito?
Milan Kundera, L’insostenibile leggerezza dell’essere

Il nostro tempo è essenzialmente tragico, quindi ci rifiutiamo di prenderlo tragicamente. Il cataclisma s’è abbattuto, siamo tra le rovine; cominciamo a ricostruire nuovi piccoli centri di vita, a nutrire nuove piccole speranze. È un lavoro piuttosto duro; la strada verso l’avvenire non è agevole; bisogna aggirare gli ostacoli o cercare di scavalcarli. Per quanto grande il numero dei cieli che ci sono crollati sulla testa, bisogna pur vivere.
David H Lawrence, L’amante di Lady Chatterley

La madre di Neil, Mrs Campbell, è seduta sulla sedia da giardino dietro a un tavolino pieghevole, fuori dalla cooperativa alimentare. Ogni pochi minuti, man mano che il sole si sposta, indietreggia di parecchi centimetri con sedia e tavolino in modo da rimanere all’ombra. Fuori ci sono più di trenta gradi e una luce abbacinante. Ogni volta che entra e esce qualcuno della cooperativa, le porte automatiche liberano una folata di aria condizionata che solleva la polvere dal marciapiede.
David Leavitt, Ballo di famiglia

Ero stato catturato dalla Milizia fascista il 13 dicembre 1943. Avevo ventiquattro anni, poco senno, nessuna esperienza, e una decisa propensione, favorita dal regime di segregazione a cui da quattro anni le leggi razziali mi avevano ridotto, a vivere in un mio mondo, scarsamente reale, popolato da civili fantasmi cartesiani, da sincere amicizie maschili e da amicizie femminili esangui. Coltivavo un moderato e astratto senso di ribellione.
Primo Levi, Se questo è un uomo

Quando partì la prima raffica, inquadrato nella V metallica del mirino dell’Uzi c’era Rocco Carnevale, fermo davanti al bar sotto il portico, la tazzina del caffè in mano.
Carlo Lucarelli, Il giorno del lupo

Me lo sogno o lo senti anche tu? Questo ronzio questo ronzare. Da dove viene? Dal Cielo, Dalla Terra? Stai calmo non è niente. Allora sono le mie orecchie. Ma no, viene da fuori. Questo ronzio questo ronzare non sono le mie orecchie. Allora te lo dico io che cos’è, sono le antenne di Santa Palomba della Radio Televisione,

STA PARLANDO IL PAPA

Luigi Malerba, Salto mortale

Se ogni discorso muove da un presupposto, un postulato indimostrabile e indimostrando, in quello chiuso come embrione in tuorlo e tuorlo in ovo, sia, di quel che ora si inaugura, prenatale assioma il seguente: CHE L’UOMO HA NATURA DISCENDITIVA. Intendo e chioso: l’omo è agito da forza non umana, da voglia, o amore, o occulta intenzione, che si inlàtebra in muscolo e nerbo, che egli non sceglie, né intende; che egli disama e disvuole, che gli instà, lo adopera, invade e governa; la quale abbia nome potestà o volontà discenditiva.
Giorgio Manganelli, Hilarotragoedia

Un giovanotto di aspetto semplice e comune era partito in piena estate da Amburgo, sua città natale, diretto a Davos, nel Canton dei Grigioni, dove contava di rimanere tre settimane in visita presso un suo parente.
Thomas Mann, La montagna incantata

Quel ramo de lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un’ampia costiera dall’altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più sensibile all’occhio questa trasformazione, e segni il punto in cui il lago cessa, e l’Adda ricomincia, per ripigliar poi il nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l’acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni.
Alessandro Manzoni, I promessi sposi

Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendía si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio. Macondo era allora un villaggio di venti case di argilla e di canna selvatica costruito sulle rive di un fiume dalle acque diafane che rovinavano per un letto di pietre levigate, bianche ed enormi come uova preistoriche.
Gabriel García Márquez, Cent’anni di solitudine

L’inizio è facile da individuare. Eravamo al sole, vicino a un cerro che ci proteggeva in parte da forti raffiche di vento. Io stavo inginocchiato sull’erba con un cavatappi in mano, e Clarissa mi porgeva una bottiglia – un Daumac Gassac del 1987. L’istante fu quello, quella la bandierina sulla mappa del tempo: tesi la mano, e nel momento in cui il collo freddo e la stagnola fredda mi sfioravano la pelle, udimmo le grida di un uomo.
Ian McEwan, L’amore fatale

Abito a villa Borghese. Non un granello di polvere, non una sedia fuori posto. Siamo soli, e siamo morti.
Ieri sera Boris si è accorto di avere i pidocchi. Gli ho dovuto radere le ascelle, ma il prurito non ha smesso. Come si fa a prendere i pidocchi in un posto bello come questo?
Henry Miller, Tropico del Cancro

Uno dei miei primi vanti era stato il mio nome. Avevo presto informato (fu lui, mi sembra, il primo a informarmene), che Arturo è una stella: la luce più rapida e radiosa della figura di Boote, nel cielo boreale! E che inoltre questo nome fu portato pure da un re dell’antichità, comandante a una schiera di fedeli: i quali erano tutti eroi, come il loro re stesso, e dal loro re trattati alla pari, come fratelli.
Elsa Morante, L’isola di Arturo

Entrò Carla; aveva indossato un vestitino di lanetta marrone con la gonna così corta, che basò quel movimento di chiudere l’uscio per fargliela salire di un buon palmo sopra le pieghe lente che le facevano le calze intorno alle gambe; ma ella non se ne accorse e si avanzò con precauzione guardando misteriosamente davanti a sé, dinoccolata e malsicura: una sola lampada era accesa e illuminava le ginocchia di Leo seduto sul divano; un’oscurità grigia avvolgeva il resto del salotto.
Alberto Moravia, Gli indifferenti

Sull’Atlantico un minimo barometrico avanzava in direzione orientale incontro a un massimo incombente sulla Russia, e non mostrava per ii momento alcuna tendenza a schivarlo spostandosi verso nord. Le isoterme e le isotere si comportavano a dovere. La temperatura dell’aria era in rapporto normale con la temperatura media annua, con la temperatura del mese più caldo come con quella del mese più freddo, e con l’oscillazione mensile aperiodica. Il sorgere e il tramontare del sole e della luna, le fasi della luna, di Venere, dell’anello di Saturno e molti altri importanti fenomeni si succedevano conforme alle previsioni degli annuari astronomici. II vapore acqueo nell’aria aveva la tensione massima, e l’umidita atmosferica era scarsa. Insomma, con una frase the quantunque un po’ antiquata riassume benissimo i fatti: era una bella giornata d’agosto dell’anno 1913.
Robert Musil, L’uomo senza qualità

Mia nonna Carmela si chiamava Carmela.
Carmela non è un nome molto diffuso nella nostra regione, tuttavia mia nonna si chiamava Carmela. I suoi genitori a un certo punto devono essere stati a corto di nomi: mia nonna Carmela era la sedicesima di diciassette fratelli e sorelle. Le sue amiche non si sono mai potute abituare a un nome così apertamente estraneo alla nostra regione e allora la chiamavano Carmen, o Carmelina, o Carmencita.
Io, subito dopo che mi son trasferito a casa di nonna Carmela, rispondevo al telefono e mi chiedevano C’è la Carmen? Mi veniva da dire Avete sbagliato numero, ma mi trattenevo.
Paolo Nori, Le cose non sono le cose

Era una fresca limpida giornata d’aprile e gli orologi segnavano l’una. Winston Smith, col mento sprofondato nel bavero del cappotto per non esporlo al rigore del vento, scivolò lento tra i battenti di vetro dell’ingresso agli Appartamenti della Vittoria, ma non tanto lesto da impedire che una folata di polvere e sabbia entrasse con lui.
George Orwell, 1984

Pena! Rete! Lama! Pena! Rete! Lama! Pe… Re… La…
– Voi sareste un uomo, per caso?
– No. Io sono una povera vecchia, un uomo per caso sarete voi.
– È vero, è vero, scusate, avete ragione, voi siete una povera vecchia, un uomo sono io.
– Voi che cosa siete?
– Io sono leggero… un uomo leggero… tanto leggero…
Aldo Palazzeschi, Il codice di Perelà

Era una caldissima giornata di luglio. Il Riccetto, che doveva farsi la prima comunione e la cresima, s’era alzato già alle cinque; ma mentre scendeva giù per via Donna Olimpia coli calzoni grigi e la camicetta bianca, piuttosto che un comunicando o un soldato di Gesù pareva un pischello quando se ne va acchittato pei lungoteveri a rimorchiare.
Pier Paolo Pasolini, Ragazzi di vita

C’è una ragione perché sono tornato in questo paese, qui e non invece a Canelli, a Barbaresco o in Alba. Qui non ci sono nato, è quasi certo; dove son nato non lo so; non c’è da queste parti una casa né un pezzo di terra né delle ossa ch’io possa dire «Ecco cos’ero prima di nascere».
Cesare Pavese, La luna e i falò

La voce femminile si diffonde dall’altoparlante, leggera e piena di promesse come un velo da sposa: – Il signor Malaussène è desiderato all’Ufficio Reclami.
Daniel Pennac, Il paradiso degli orchi

Palude – quando era Palude – ti alzava con una mano sola, se non ti stavi zitto. Era un armadio di un metro e novanta. Di altezza. Moro, riccio. Occhi neri. Naso imperiale. Sorriso largo. Vita stretta.
È lui il protagonista di questa storia.
Antonio Pennacchi, Palude

«Che fai»? mia moglie mi domandò, vedendomi insolitamente indugiare davanti allo specchio.
«Niente», le risposi, «mi guardo qua, dentro il naso, in questa narice. Premendo, avverto un certo dolorino».
Luigi Pirandello, Uno, nessuno e centomila

Il castello dove il mio scudiero si era azzardato a entrare con la forza (per evitare che, ferito gravemente, trascorressi la notte all’aperto) era uno di quegli edifici, misto di tetraggine e sfarzo, che da secoli – nella realtà, come nell’immaginazione della signora Radcliffe – si innalzano minacciosi tra gli Appennini. Sembrava che fosse stato abbandonato da pochissimo, però non in maniera definitiva.
Edgar Allan Poe, Il ritratto ovale

Sulla S, in un’ora di traffico. Un tipo di circa 26 anni, cappello floscio con una cordicella al posto del nastro, collo troppo lungo, come se glielo avessero tirato. La gente scende. Il tizio in questione si arrabbia con un vicino.
Raymond Queneau, Esercizi di stile

Una volta un gatto si mise in testa di diventare ricco. Egli aveva tre zii e li andò a trovare, uno dopo l’altro, per farsi dare qualche buon consiglio. – Potresti fare il ladro, – disse lo zio Primo, – per arricchire senza fatica non c’è sistema più sicuro. – Sono troppo onesto, per quel mestiere.
Gianni Rodari, Gli affari del signor Gatto

Nella primavera dell’anno 18.. lo Sciahan-scià, il grande, eccelso, sacro monarca, il sovrano assoluto e imperatore di tutti gli Stati della Persia, cominciò a sentire un disagio mai prima conosciuto.
Joseph Roth, La milleduesima notte

Lo Svedese. Negli anni della guerra, quando ero ancora alle elementari, questo era un nome magico nel nostro quartiere di Newark, anche per gli adulti della generazione successiva a quella del vecchio ghetto cittadino di Prince Street che non erano ancora così perfettamente americanizzati da restare a bocca aperta davanti alla bravura di un atleta del liceo.
Philip Roth, Pastorale americana

Se davvero avete voglia di sentire questa storia, magari vorrete sapere prima di tutto dove sono nato e com’è stata la mia infanzia schifa e che cosa facevano i miei genitori e compagnia bella prima che arrivassi io, e tutte quelle baggianate alla David Copperfield, ma a me non mi va proprio di parlarne.
J. D. Salinger, Il giovane Holden

Ha detto il revisore, Sì, il nome di questo segno è deleatur, lo usiamo quando abbiamo bisogno di sopprimere e cancellare, la parola stessa lo dice, e vale sia per le lettere singole che per parole intere, Mi ricorda un serpente che si fosse pentito al momento di mordersi la coda, Ben detto, dottore, davvero, per quanto siamo aggrappati alla vita, perfino una serpe esiterebbe dinanzi all’eternità.
José Saramago, Storia dell’assedio di Lisbona

Ci spinsero in una grande sala bianca e cominciai a battere gli occhi perché la luce mi faceva male. Poi vidi una tavola e quattro individui dietro la tavola, dei civili, che guardavano alcuni incartamenti. Avevano ammucchiato gli altri prigionieri nel fondo e per raggiungerli dovemmo attraversare tutta la stanza. Ce n’erano molti che conoscevo e altri che dovevano essere stranieri. I due che mi stavano davanti erano biondi con dei crani rotondi; si rassomigliavano: francesi, immagino. Il più basso si tirava su i pantaloni continuamente: nervi.
Jean-Paul Sartre, Il muro

Mi chiamavo Salmon, come il pesce. Nome di battesimo: Susie. Avevo quattordici quando fui uccisa, il 6 dicembre del 1973. Negli anni Settanta, le fotografie delle ragazzine scomparse pubblicate sui giornali mi somigliavano quasi tutte: razza bianca, capelli castano topo. Questo era prima che le foto di bambini e adolescenti di ogni razza, maschi e femmine, apparissero stampate sui cartoni del latte o infilate nelle cassette della posta. Era quando ancora la gente non pensava che cose simili potessero accadere.
Alice Sebold, Amabili resti

L’autobus stava per partire, rombava sordo con improvvisi raschi e singulti. La piazza era silenziosa nel grigio dell’alba, sfilacce di nebbia ai campanili della Matrice: solo il rombo dell’autobus e la voce del venditore di panelle, panelle calde panelle, implorante ed ironica. Il bigliettaio chiuse lo sportello, l’autobus si mosse con un rumore di sfasciume.
Leonardo Sciascia, Il giorno della civetta

22 settembre 1985
Gonfio di sonno e di malumore ho preso servizio il 12 settembre. Mi consolava solo la certezza che, come tutti gli anni, saremmo scivolati senza intoppi fino a novembre con un orario ridotto e provvisorio.
Domenico Starnone, Ex cattedra

Nel diciottesimo secolo visse in Francia un uomo, tra le figure più geniali e scellerate di quell’epoca non povera di geniali e scellerate figure. Qui sarà raccontata la sua storia. Si chiamava Jean-Baptiste Grenouille, e se il suo nome, contrariamente al nome di altri mostri geniali quali De Sade, Saint-Juste, Fouché, Bonaparte ecc., oggi è caduto nell’oblio, non è certo perché Grenouille stesse indietro a questi più noti figli delle tenebre per spavalderia, disprezzo degli altri, immoralità, empietà insomma, bensì perché il suo genio e unica ambizione rimase in un territorio che nella storia non lascia traccia: nel fugace regno degli odori.
Patrick Süskind, Il Profumo

Io sono il dottore di cui in questa novella si parla talvolta con parole poco lusinghiere. Chi di psico-analisi si intende, sa dove piazzare l’antipatia che il paziente mi dedica.
Italo Svevo, La coscienza di Zeno

Mio padre possedeva un po’ di terra nella provincia di Nottinghamshire; aveva cinque figli e mandò me, che ero il terzo, di quattordici anni al Collegio Emanuel di Cambridge, dove trascorsi tre anni tutto dedito agli studi.
Jonathan Swift, I viaggi di Gulliver

Non è che sappia poi molto delle origini della mia famiglia, che era di Freudenthal, un piccolo villaggio non lontano da Stoccarda. A quanto mi consta, prima del XVIII secolo gli ebrei in Germania non avevano nemmeno un cognome.
Fred Uhlman, Storia di un uomo

Ecco fatto. Ho voluto ricopiare qui in questo mio giornalino il foglietto del calendario d’oggi che segna l’entrata delle truppe italiane in Roma e che è anche il giorno che son nato io come ci ho scritto sotto perché gli amici che vengono in casa si ricordino di farmi il regalo.
Vamba, Il giornalino di Gian Burrasca

Più che chiederlo lo aveva preteso. L’impiegata della Western Air Lines osservò la tessera tra la sorpresa e l’accettazione.
Che scopi può avere un agente della Cia che siede accanto a un finestrino del Boeing durante il volo di linea Las Vegas-San Francisco? L’impiegata non ignorava le voci che circolavano da quelle parti su presunti campi speciali di addestramento in qualche punto del deserto del Mohave, ma forse che la Cia non dispone dei propri aerei da ricognizione?
Manuel Vázquez Montalbán, La solitudine del manager

Suonava la messa dell’alba a San Giovanni, ma il paesetto dormiva ancora della grossa, perché era piovuto da tre giorni, e nei seminati ci si affondava fino a mezza gamba. Tutt’a un tratto, nel silenzio, si udì un rovinìo.
Giovanni Verga, Mastro-Don Gesualdo

Io ero, quell’inverno, in preda ad astratti furori. Non dirò quali, non di questo mi son messo a raccontare. Ma bisogna dica ch’erano astratti, non eroici, non vivi; furono in qualche modo, per il genere umano perduto. Da molto tempo questo, ed ero col capo chino. Vedevo manifesti di giornali squillanti e chinavo il capo; vedevo amici, per un’ora, due ore, e stavo con loro senza dire una parola, chinavo il capo; e avevo una ragazza o moglie che mi aspettava ma neanche con lei dicevo una parola, anche con lei chinavo il capo.
Elio Vittorini, Conversazione in Sicilia

Saraccini guarda dall’alto della collina la grande città industriale che si estende nella pianura, spianata dalla notte oltre se stessa fino a sparire tra i riflessi del fiume e le fumate dei campi.
Egli è sereno e gode soddisfatto di quella vista e del generale silenzio. «E sì, è proprio un altro grande generale, il silenzio» confida a se stesso e all’universo. Tutto lo spazio intorno, con lo spazio trattenuto e cauto ad ogni tonfo, sembra capirlo e ubbidirgli, riconoscergli con premura di essere quasi ricco, quasi innamorato, ancora giovane e forte, il primo nella sua città esemplare e anche nella regione; il più intelligente, equilibrato e capace dei direttori della sua gloriosa Azienda.
Paolo Volponi, Le mosche del capitale

C’era in Westfalia, nel castello del signor Barone di Thunder-ten-tronckh, un ragazzo che aveva avuto in dono dalla matura un carattere dolcissimo. Il suo aspetto ne rivelava il temperamento. Aveva una certa perspicacia, unita a una grande semplicità.
Voltaire, Candido o l’ottimismo

Mi siedono in un ufficio, sono circondato di teste e corpi. La mia postura segue consciamente la forma della sedia. Sono in una stanza fredda nel reparto Amministrazione dell’Università, dei Remington sono appesi alle pareti rivestite di legno, i doppi vetri ci proteggono dal caldo novembrino e ci isolano dai rumori Amministrativi che vengono dall’area reception, dove poco siamo stati accolti lo zio Charles, il Sig. De Lint e io.
David Foster Wallace, Infinite Jest

Lo studio era pervaso dall’odore intenso delle rose e, quando tra gli alberi del giardino spirava la leggera brezza estiva, dalla porta spalancata entrava l’intenso odore dei lillà, o il più delicato profumo dei fiori rosa dell’eglantina.
Oscar Wilde, Il ritratto di Dorian Gray

Gervaise aveva aspettato Lantier fino alle due del mattino. Poi, tutta brividi per essere rimasta in camicia all’aria frizzante della finestra, s’era assopita, gettata di traverso sul letto, febbricitante, le guance inondate di lacrime.
Emile Zola, L’Assommoir

Se tento di trovare una formula comoda per definire quel tempo che precedette la prima guerra mondiale, il tempo in cui son cresciuto, credo di essere il più conciso possibile dicendo: fu l’età d’oro della sicurezza.
Stefan Zweig, Il mondo fino a ieri

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