Il canone

I

12 libri per sopravvivere in esilio, al confino o nel cesso di casa (nel caso tu ci rimanga chiuso per più giorni ad aspettare che finisca il regime della demenza)

I Racconti di Edgar Allan Poe, l’ed12 libri per sopravvivere in esilio, al confino o nel cesso di casa (nel caso tu ci rimanga chiuso per più giorni ad aspettare che finisca il regime della demenza)izione Garzanti, volumetto marroncino. L’ho appena comprato su una bancarella dopo averlo perso, molti anni fa, su un treno intercity. Apparteneva a una tedesca, tal Carola Hofbauer, autrice di una complicata lettera di amore e lavoro a un collega cameriere in una pizzeria (della via Tiburtina, presumo). Scrivimi, ti restituisco tutto. Non è un libro che si comincia e si finisce. Molti racconti li ho sempre letti e svariate volte riletti. Alcuni devo sempre leggerli. Per questo è molto adatto alle evenienze di cui sopra.

Possiedo, di Cent’anni solitudine, tre edizioni diverse, tutte economiche. Ma è mai esistita un’edizione cartonata, un’editio maior? Secondo me no (e invece sì, mi segnalano). L’ho letto due volte, ancora adulescens, a distanza di poche settimane e quasi con le stesse emozioni. Emozioni che non mi hanno dato, neppure poco, gli altri libri dello stesso autore. Anche se la vecchia universale economica aveva caratteri piccoli, porterei con me l’edizione Feltrinelli, che possiedo da sempre ma che non ho mai letto.
In valigia I miserabili del mai letto – e sarebbe quindi un’ottima occasione per intraprenderlo – Victor Hugo. Intanto sono due volumetti assolutamente isomorfi (e quindi riconvertibili a intuibili usi pratici). Poi perché i tempi duri potrebbero diventare imprevedibilmente lunghi. Infine per un episodio che mi sovviene di quando reggevo, ogni sopravveniente lunedì, la libreria del nostro Gigi. E di quando i volumetti rossi avevano una certa richiesta perché appariva una serie in tv con quel titolo (e devo pensare tratta da, ma non così un avventore che, sbigottito, alla vista della letteratura in carne e ossa, e mattoni, fuggì. Non senza aver sentenziato: ma secondo me non era de Ugò). Il libro l’ho trovato dieci anni dopo su un banchetto qua vicino casa, insieme al Rosso e Nero di Stendhal (che lascio a casa) e al citato Poe.
Lo smilzo Bainton, autore della Riforma protestante. Il migliore per amare un’epoca che i più schifano o ignorano. La società feudale di Bloch come pendant per il medioevo, che molti amano anche se non lo comprendono (leggessero questo libro lo capirebbero certo meglio). Lascio l’apologia della storia, che mi sa di scolastico, in favore di uno spazietto vuoto per le riflessioni sulla storia di Witold Kula, meno figo ma tanto divorato a suo tempo sui tavoli della biblioteca di storia moderna. Lo spazietto è vuoto perché il libro non lo trovo, ma non si sa mai.
Non potrà mancare l’introvabile Non commettere atti impuri della tedescona Gisela Elsner. In aggiunta, per l’area tedescofona, ma rigorosamente in traduzione, si possono inserire due o tre romanzetti del Durrenmatt, il castello e la lettera al padre di Kafka e la montagna incantata di Thomas Mann. In subordine Il tamburo di latta e Opinioni di un clown, così come l’intenso Homo Faber di Frisch. Se proprio, obtorto ma obtorto collo, dovessi essere indotto, o raccomandato a non tralasciare il sempreverde Hermann Hesse, sceglierei senzaltro Il giuoco delle perle di vetro. E’ chiaro che, per una tale evenienza, e dovendo rimanere all’interno dei dodici libri, si può e si deve ragionare in grande. Quindi, dal versante russo prendiamo senza indugio Il maestro e margherita e l’idiota, e dal versante sudamaricano l’intera bibliografia di Borges. Se si è sfondato il tetto potremmo accontentarci dell’Aleph e delle Finzioni.
Il teatro ha se non altro il pregio che occupa poco spazio: non credo che mi farei mancare La cantatrice calva di Ionesco e Il lungo pranzo di Natale di Wilder. Eviterei invece ogni inutile scrupolo intellettualistico ed escluderei Pirandello (letto e riletto) e Shakespeare (che, devo confessarlo, così sui due piedi mi fa pure un po’ paura). Per la sua stretta attualità, in relazione al regime di cui sopra, potrei invece prendere una commediola di Plauto. Non ho preferenze.
Dei gialli potrei anche fare a meno: l’assassinio dell’Orient Express della Christie però m’intriga. Tanto m’intriga che me l’ho comprato al Coop e messo a giacere, giallo e nero, tra un pezzo di carne e un filetto di pesce. Megrè? Boh.
Per far piacere a Max ci metto pure Salgari. Edizione scolastica ma non inelegante dei racconti, mi vedo bene a leggerlo sulla collina al calar del sole. I parlamenti buffi di Celati dovevano essere in giro ma non li trovo. Non mi farei mancare un Landolfi, un Gadda (ma è anche troppo scontato), un Tozzi. Benni non è della partita (può fare eccezione, forse, la tribù di Moro seduto), come neppure Pennac, tanto celebrato e acquistato a carretti nelle migliori librerie. L’ultimo uscito è stato cocentemente deludente, a cominciare dal titolo italiano Ecco la storia. Banale e inutilmente accattivante (più o meno come una pubblicità scema). Idem dicasi per Allende, Yoshimoto, Kundera, Doris Lessing e tutti quegli autori che si vendono ai supermercati: ahimé anche il giovane Holden di Salinger e il Kerouac di Sulla strada. Mai letto, quest’ultimo, senza alcun rimpianto.
Rileggerò Giro di vite di Henry James con un’altra idea del fantastico (e dopo dieci anni? ma ne basterebbero solo tre – di questo malgoverno, la fantasia diventa un sonno infestato da incubi molesti, oppure una sabbiolina tiepida tra le dita dei piedi). Ma non disdegnerei Daisy Miller. Siccome la letteratura in lingua inglese, senza distinzioni tra americani, inglesi e irlandesi (bestemmia!), non dispiace mai, si possono ficcare, se c’è posto, nella scatola (o era una valigia?) anche tomi di Leavitt, Foster Wallace, Paley, DeLillo. Soprattutto DeLillo. Al limite un disco degli U2 (sto leggendo il book per capire dove ho sbagliato, una volta ci facevo più caso ai contenuti delle canzoni). Patti Smith, pare, scrive delle buone cose anche lei. Questa sarebbe, peraltro, l’unica concessione alla letteratura contemporanea.
A seconda della destinazione non mancherò di portare con me una guida del posto e una particolareggiata carta stradale. Se sarò all’estero aggiungi un vocabolario tascabile, almeno per iniziare a districarmi nell’idioma. Viceversa l’Atlante storico può rimanere comodamente nello scaffale insieme al Vademecum di difesa dalla scuola-azienda, al contratto nazionale del comparto scuola, alla grammatica italiana e latina, a polverosi manuali di storia, alla costituzione italiana e quant’altro inutile strumento.
Niente poesia, quelle poche che posso – soprattutto brani dell’inferno dantesco – le ripasserò prima di partire in modo da ricordarle nella memoria.

[last, but non, un grazie a Max e Paola per i preziosi suggerimenti, anche se, per la fretta di partire, non ho potuto seguirli come avrei dovuto.]

II

BildungsCanon: 10 libri che Ivo dovrebbe leggere prima dei 18 anni ovvero i consigli per l’estate

Ivo mi ha chiesto di fare la lista dei 10 libri che dovrebbe (vorrebbe o potrebbe) aver letto prima dei 18 anni. Questa è la risposta alla sua domanda: un catalogo astratto, non molto realistico, senza un ordine ma anche senza il carattere prescrittivo che hanno certe liste di libri per le vacanze. Ho pensato: al di là delle aspettative dellíutenza (o dobbiamo chiamarla già clientela) io non sono un farmacista. E neppure un enologo, anche se la gran parte dei libri, e molti di quelli che ti consiglio, si possono bere.

Il canone si compone di due parti. La prima parte è la cinquina che io ritengo [ora] che avrei dovuto leggere prima dei 18 anni. Da cui ho estratto, dopo vari ripensamenti, il libro principe che invece ho letto veramente allora e che amavo tanto da rileggerlo tre volte nellíarco di pochi mesi (e mai più), persino camminando per strada, persino mentre attraversavo (sulle strisce): Centíanni di solitudine (di cui possiedo tre copie) di Gabriel Garcia Marquez. E in cui non ho inserito alcun testo di Sartre anche se ripenso (spesso) a un episodio che mi è occorso più o meno allora. Ero a piazza Venezia e aspettavo due amici. Ne arrivò uno solo e disse ho litigato con quellíaltro perché mi ha detto che a 18 anni uno non può non aver letto un libro di Sartre. Oppure: ho litigato con quellíaltra perché le ho detto che a 18 anni copia conforme. Per quello che vale si può dire la stessa cosa di Kafka, Pirandello, Svevo, Borges, Bulgakov, Elsa Morante, Beppe Fenoglio, Orwell, Boll. Ma, concesso che si può vivere in modo decoroso senza leggere (libri), tutto sommato si può partire da de Beauvoir per arrivare a Sartre. O che ne so, per spirito di contraddizione, a Camus.

Non sono i cinque libri che mi porterei sulla luna per il semplice motivo che se ci dovessi andare, sulla luna, mi porterei cinque libri da leggere e non cinque libri già letti, tra cui un romanzo di Philip Roth, uno di quelli che mi mancano, La Recherche di Proust e La guerra del Peloponneso di Tucidide (ebbene sì, ho letto solo il primo libro, e neppure tutto). Farei solo due piccole eccezioni, ma sono talmente prevedibili che non vale la pena di riferirle. Una eventualmente surrogabile da un manuale di sopravvivenza in condizioni estreme, in cui ci sia almeno un capitolo su come si cucina il pesce (in condizioni estreme).

La seconda parte è composta dai cinque libri che presumo un alunno desidera un insegnante gli/le consigli prima di intraprendere un viaggio, quando è finita la scuola, quando non ha niente da leggere (Ivo è una che legge). Un insegnante di lettere tipo. Per compilare questa lista ho ascoltato risposte da colleghi di passaggio nei corridoi. Ci sono in mezzo ben tre italiani: Una questione privata di Beppe Fenoglio, La coscienza di Zeno di Italo Svevo e poi anche L’isola di Arturo di Elsa Morante. I nostri antenati di Calvino non ci sono entrati, dovresti averli letti entro i 15. Do per scontato che hai già letto e riletto Se questo è un uomo di Primo Levi. Per il Pasticciaccio di Gadda puoi aspettare i 25. Chiudono la cinquina 1984 di Orwell (letto a 20 anni spaccati), e i Racconti di Kafka (tutti). Per dovere di cronaca: 1984 è un libro insostenibile e superato dalla storia (ma non dalla letteratura). Se dopo venti pagine vedi che non ce la puoi fare sostituiscilo con Il buio oltre la siepe di Harper Lee.

Tre righe tre per motivare alcune esclusioni. Intorno ai 18-20 anni avevo letto quasi tutti i romanzi di Hermann Hesse, reputandolo un autore importante. Invece, di Siddharta, di Narciso e Boccadoro e del Lupo della steppa non mi è rimasto praticamente niente, se non il fastidioso ricordo di chi me li ha consigliati (almeno il primo e il terzo). Farei uníeccezione per Il giuoco delle perle di vetro, che ha líaroma intenso di certa letteratura tedesca, tipo Thomas Mann o Robert Musil (e non sto dimenticando Friedrich Durrenmatt). Tutti libri che uno può tranquillamente non aver letto entro i 18 anni. Escludo Il tamburo di latta (amatissimo, letto in tre sorsi subito dopo la laurea, nel 1994) dopo che ho saputo che Gunther Grass è stato un ufficiale delle SS. Ma si è guardato bene, nei primi cinquanta anni dalla seconda guerra, di dichiararlo pubblicamente. Escludo anche, me líhanno consigliato in tanti, Il giovane Holden di Salinger, anche se lo trovo molto adatto a un giovane. Però lo reputo un libro inutile.

La seconda parte del canone è una parabola seduta. Si apre con una coppia: Enrico IV e i Sei personaggi in cerca díautore di Pirandello riuniti per comodità (tua) nella medesima edizione. Così li leggi entrambi, uno all’inizio e uno alla fine della cinquina (nellíipotesi che tante volte). Enrico IV è quello a cui tengo di più e non solo per via delle tre notti al gelo passate fuori la porta del castello di Canossa. Secondo dicono le fonti, che sono la contessa Matilde e Gregorio (fonti non attendibili). Il secondo passo è Finzioni di Jorge Luis Borges. Questo, tra tutti, è il libro che si può sorseggiare, soppesando le parole, ascoltando il tintinnare del dito indice sul bordo del bicchiere (per dire). Al terzo posto non potevo non inserire il libro, cioè il libbro ovvero Il maestro e Margherita di Bulgakov. Per inciso líedizione meno spaventosa è quella Garzanti. Al quarto, già annunciato, il secondo romanzo al femminile (ma non per rispetto delle quote rosa). Il primo volume dell’autobiografia di Simone de Beauvoir, il meno intellettuale dei cinque (o sei) si intitola Memorie di una ragazza per bene. Il quintetto è chiuso da E non disse nemmeno una parola di Heinrich Boll (a scatola chiusa).
Genova, 22/5/2008

 

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