Diario DaDa, 14-25 aprile 2020
L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.
Italo Calvino, Le città invisibili
14 aprile
Riassunto della puntata precedente (Il possibile l’abbiamo fatto ecc.): mercoledì 4 marzo sono uscito da scuola alle 2. Il pomeriggio, sul tardi, dopo l’annuncio della chiusura delle scuole, ho incontrato la Marescotti (nome di fantasia) che chiudeva la cartolibreria nella piazza.Dice: per fortuna sono solo dieci giorni. Era chiaro che non sarebbero stati dieci giorni.
Questo è stato il mese dell’innocenza perduta. I giorni dal 5 al 9 marzo (compreso) sono stati surreali. Le attività didattiche erano sospese, ma le scuole erano ancora aperte. E anche i bar, le pizzerie, le gelaterie. Non c’era il coprifuoco alle 18. Lunedì 9 marzo è stato ancora possibile fare una lunga passeggiata sull’Appia antica. E incontrare gruppi di persone a passeggio incuranti della distanza. Anche se i discorsi andavano a cadere sempre sullo stesso tema. Ho sentito qualcuno che diceva «sarà tutto un fiorire di racconti distopici».
La didattica a distanza non è didattica, non è divertente, non è rassicurante: è un inferno con un varco illusorio verso il nulla, è un buco nero. Senza aspettare circolari o lettere molti di noi hanno preso contatti con gli studenti, hanno scaricato le app per svolgere le videoconferenze, si sono iscritti alle piattaforme. Cercando una improbabile normalità nel fare scuola senza scuola, diventando parte della distanza fino a non vederla più.
La prima settimana l’Italietta intonava in coro, Lina Azzo in testa, il ritornello; la didattica a distanza è una grande opportunità. La scuola uscirà dall’emergenza più moderna. Sono stati anche erogati dei fondi. È stata apparecchiata una task force. Un personaggio dell’era gelminiana, diventato capo dipartimento al Miur (a proposito del buco nero) ci ha spiegato cosa si intende per didattica a distanza, come si applica, il senso dello strumento.
È iniziata la parabola. Mentre la civiltà si chiudeva sempre più in se stessa e il ritorno a scuola si allontanava nell’immaginario collettivo come i sette messaggeri di Buzzati, si è cominciato a discutere se gli studenti possono fare lezione in pigiama, di come recuperare il tempo perduto, di come valutare, se valutare, se dare il debito (il 6 aprile è uscito un decreto: tutti promossi ma senza il 6 politico). Qualcuno, intanto, ha scoperto la maglia rotta nella rete che ci stringe: la scuola senza il voto.
Ora lo scenario è cambiato. Le scuole riapriranno a settembre, entrando e uscendo uno alla volta, superando un virus detector (a infrarossi), un banco sì e uno no, guanti e mascherine, probabile turnazione e conseguente didattica mista, un po’ dentro e un po’ fuori. All’ingresso della scuola sarà affisso un cartello: «Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate».
15 aprile
Leggo su Repubblica che tutti promossi, anche se hanno insufficienze (come sono maturate non è dato sapere): «L’Istruzione vuole far partire la stagione il primo settembre, con il richiamo degli studenti PROMOSSI CON DEBITI, e avviare i recuperi» (ma in Toscana e in Liguria, giustamente, vogliono recuperare la stagione turistica). Segue immancabile lode della Da Da De Do Do Do De Da Da Da di Lina Azzo che «porteremo con noi nel tempo». Infatti, cosa ci facciamo con tutti questi nuovi pc e tablet, dopo? Dice che ci insegnano a usarli.
16 aprile
Perché non vedo nemmeno uno con la telecamera accesa?
Prof, perché siamo brutti, ci vergogniamo.
Nota bene: non mi oscuro e spero che non si oscurino nemmeno loro. Spero. Se lo fanno non dico nulla, è loro diritto.
17 aprile
L’idea geniale del sottosegretario De Cristofaro, che probabilmente quando andava a scuola ha ricevuto tante frustate, per il colloquio dell’Esame di Stato: «Si potrebbe pensare a esami orali a distanza svolti nella scuola frequentata dai maturandi ma con i docenti della commissione a casa». Manca solo un dettaglio: l’agente di custodia nell’aula con lo studente, a due metri di distanza, non inquadrato.
20 aprile
Quanto pensate si possa ancora durare con questa buffonata della didattica a distanza?
21 aprile
C’è un bellissimo articolo del Sole 24 ore che ci spiega quello che sta succedendo. Comincia dicendo che in Francia e in Germania stanno per tornare a scuola mentre, noi, se tutto va bene, a settembre. E nemmeno tutti. Intanto quelli che hanno accumulato debiti durante la didattica a distanza (non maturato durante, per fortuna). Poi metà e metà. Metà in classe e metà a casa, sfruttando le enormi potenzialità della didattica a distanza che stiamo sperimentando in questi mesi. Le lezioni a distanza, d’altronde, sostituiscono a tutti gli effetti la didattica in classe. I docenti sono in servizio, gli studenti finiscono i programmi e vengono valutati. Tutti ammessi all’esame di Stato, ma attenzione: l’esame va superato “altrimenti si rischia la bocciatura”. Scusate se non linko l’articolo.
22 aprile
Le voci dicono (nessuna ordinanza per il momento in vista) che l’esame si svolgerà in presenza, in spazi adeguati, continuamente disinfettati (il veterinario insegna), con pochissimi testimoni (io avevo proposto la diretta streaming). Il colloquio spazierà su tutto: argomenti svolti in presenza e argomenti svolti in assenza. La relazione sull’alternanza scuola-lavoro sarà sostituita da una raccolta di impressioni sui percorsi trasversali per l’orientamento dalla camera alla cucina (e viceversa).
24 aprile
Fino alla dad ho sempre pensato che lo strumento è uno strumento e come tale dipende da noi che lo usiamo in un modo o in un altro. Infatti il diario del primo mese di dad si intitola Il possibile l’abbiamo fatto, l’impossibile lo stiamo facendo, per la didattica a distanza ci stiamo attrezzando. Ero possibilista. Volevo sperimentare prima di giudicare. In classe, quando c’è, uso la lim. Mi trovo meglio quando c’è la lim insieme alla lavagna di ardesia (di cui non potrei fare a meno). Non ho avuto nessun problema a passare al registro elettronico, anche se ho un quaderno che fa la funzione del registro cartaceo su cui annoto le valutazioni vere. Il quaderno ce l’avevo anche prima.
Il secondo capitolo del diario si intitola Da Da De Do Do Do De Da Da Da. Ce la cantiamo e e ce la suoniamo. Il mezzo non è affatto neutro. Siamo dentro il mezzo, diventiamo parte del mezzo. Cerchiamo di perfezionarlo, di migliorare il servizio, di renderlo il più possibile normale, di dargli un senso che non può avere: quanto è bella la scuola senza il voto. Inconsapevolmente, ma non del tutto, stiamo lavorando a trasformare il nostro lavoro in qualcos’altro.
25 aprile
Ieri c’è stato un collegio docenti informale su una di queste piattaforme che usiamo per la dad. Non so bene cosa voglia dire: collegio docenti informale. Anche se non delibera, un collegio, quando si riunisce, lascia una traccia. I nazisti utilizzavano in tempo di guerra gli ordini impartiti oralmente. E la macchina funzionava perfettamente. Gli argomenti discussi ruotano intorno a: schermi oscurati degli studenti, valutazione con voti verdi, rossi e blu, consigli di classe aperti o chiusi. Si è fatto un bilancio provvisorio della dad. Prevale il chiaroscuro. Molti vedono pro e contro: questa classe è migliorata, questa classe è peggiorata. I bes sono comparsi in un solo intervento. Anzi sono scomparsi. La collega Maria Chiara ha detto: da quando è iniziata la dad io li ho persi. Un collega, mai visto prima, ha detto che la dad può essere utile anche dopo. Esempio quando un prof si assenta. Allora però dovrebbe chiamarsi didattica in assenza.