[L’epopea di Gilgamesh, prologo]
Proclamerò al mondo le imprese di Gilgamesh, l’uomo a cui erano note tutte le cose, il re che conobbe i paesi del mondo. Era saggio; vide misteri e conobbe cose segrete; un racconto egli ci recò dei giorni prima del Diluvio. Fece un lungo viaggio, fu esausto, consunto dalla fatica; quando ritornò si riposò, su una pietra l’intera storia incise.
Quando gli dèi crearono Gilgamesh gli diedero un corpo perfetto. Il sole glorioso Samash lo dotò di bellezza, Adad, dio della tempesta, lo dotò di coraggio, i grandi dèi resero perfetta la sua bellezza, al di sopra di ogni altro, terribile come gran toro selvaggio. Per due terzi lo fecero dio e per un terzo uomo.
A Uruk costruì mura, un gran bastione, e il tempio del sacro Eanna per Anu dio del firmamento e per Ishtar dea dell’amore. Guardalo ancor oggi: il muro esterno lungo il quale corre il cornicione brilla dello splendore del rame, e il muro interno non ha eguali. Tocca la soglia: è antica. Avvicinati, alla dimora di Ishtar, nostra signora dell’amore e della guerra, all’Eanna che nessun re dei nostri giorni, nessun uomo vivente possono eguagliare. Sali sulla muraglia di Uruk e percorrila, ti dico; osserva il terrapieno delle fondamenta, esamina la muratura: non è forse di mattone cotto e di buona fattura? I sette saggi posero le fondamenta.