La fabbrica non può guardare solo all’indice dei profitti, deve distribuire ricchezza, cultura, servizi, democrazia.
Adriano Olivetti
Il lavoro in fabbrica è orribile. Un lavoro freddo ed insulso, un mero ingranaggio, una fetta minuscola di una operazione molto più grande la cui interezza ci è sconosciuta, e il cui scopo mi fa inorridire. Questo lavoro non solo indebolisce fisicamente, ma anche e soprattutto psicologicamente. Il rumore stesso delle macchine, continuo, l’orribile fischio della sirena, il quadro degradante dell’uomo alla macchina, come se questa lo tenesse completamente in suo potere, non aiutano di certo a rafforzare i nervi. Com’è bello, all’opposto, il lavoro del contadino, dell’artigiano, sì, perfino il lavoro del netturbino!
Sophie Scholl, lettera a Lisa Remppis, 2 settembre 1942
Nell’architettura della fabbrica c’è posto per la poesia e per la politica, per la filosofia e per la tecnica.
Piero Gobetti
Fuori della fabbrica siamo deboli, dentro la fabbrica abbiamo una forza straordinaria.
Volantino Lotta Continua del 3 settembre 1969, in Davide Conti, L’Italia di piazza Fontana
Tu farai fatica a credere cosa sia potuto succedere in pochi anni. La fabbrica dove non sei voluto andare a lavorare è chiusa. Il paese senza la sirena a scandire i turni sembra un’esposizione permanente a cielo aperto del fallimento di quello che è stato. Il ricordo dell’inferno dei suoi reparti, l’avvelenamento di aria, acqua, terra, i miasmi in uscita libera delle sue ciminiere, l’architettura d’avanguardia per dividere lo spazio dei padroni da quello dei loro sottoposti, le testimonianze dei sopravvissuti, sono la sceneggiatura di una storia finita che ha ancora la forza d’origine per una comunità che cerca nuove strade per continuare a esistere.
Barbara Balzerani, Lettera a mio padre
La fabbrica educa al senso della dipendenza e della coordinazione sociale, ma non spegne le forze di ribellione, anzi le cementa in una volontà organica di libertà.
Piero Gobetti