Da «Esercizi di fascino», in «Trash»
Mamma disse che non ero un granché come cameriera, ma compensavo mettendocela tutta. Mabel disse che compensavo con le chiappe. «Credimi, ai viaggiatori di commercio piace vederti correre in cucina», disse con una risata, ma fuori portata dell’orecchio di mamma. Mamma diceva che era il mio sorriso.
«Hai un sorriso che spezza il cuore», mi disse. «Gli fa venire in mente la loro gioventù». Alle sue spalle, Mabel mi rivolse il suo, di sorriso, e scosse la testa.
Qualunque fosse la ragione, alla fine della prima settimana avevo guadagnato quattro dollari di mance in più di mamma. Era quasi imbarazzante. Ma poi loro rovesciarono la ciotola del burro e se la divisero in parti uguali tra tutte tranne me. Io rimasi lì a guardare e mamma mi spiegò: «La settimana prossima puoi cominciare anche tu a mettere i soldi, così avrai la tua parte. Per ora, scrivi due dollari sul modulo del signor Aubrey.
Ma io ho guadagnato molto di più».
«Tesoro, non è il caso di farlo sapere a quelli dells tasse», disse lei con pazienza.
«Poi, quando avrai la tua parte nella ciotola, limitati a riferire quella. Così tutte quante dichiariamo la stessa cifra. È quello che si aspettano».
«Sì, loro non sanno cosa sia l’iniziativa», aggiunse Mabel muovendo i fianchi per far capire il concetto. Cosi il suo grosso seno ballonzolava ancora di più, e mi ricordai di averglielo visto fare dietro il banco. Questo mi imbarazzò e mi fece arrabbiare ancora di più.
Quando fummo sole, chiesi a mamma se secondo lei il signor Aubrey non sapeva che tutte mentivano sulle mance.
«Se lo sa, non lo dice», disse lei, «e non credo che abbia un motivo per interessarsi alla questione».
Lasciai cadere l’argomento e la settimana dopo cominciai anch’io a giocare a indovina la mancia.
Dai viaggiatori di commercio e dai camionisti ti aspettavi una buona mancia, dalle comitive di donne invece poca roba, mentre le donne sole ti lasciavano di solito il loro buon quarto di dollaro per un pranzo leggero, se eri gentile e gli portavi prima ii caffè. Dopotutto era il 1966, e un hamburger costava sessantacinque centesimi. I turisti erano più difficili. Imparai che bambiniCasella di testo: 99 chiassosi significano mancia scarsa, il che sembrava il massimo dell’ingiustizia. Forse era per una specie di arroganza difensiva che i genitori di quei bambini ti lasciavano così poco, era come se dicessero: «Non penserai che ti debba qualcosa solo perche il piccolo Kevin ti ha fatto venire mal di testa e ha versato il ketchup sul pavimento».
I turisti della mattina presto che ordinavano per primi succo di pomodoro, limone e caffè erano una pacchia. Quasi sicuramente arrivavano dal Jamaica Inn, giù lungo la strada, che aveva un ristorante terribile ma serviva gli alcolici più forti di tutta la contea. Se parlavi piano non ti davano mai meno di un dollaro, magari soltanto per un succo, un caffè e un’aspirina.
Ci feci la mano. In tre settimane entrai nello spirito e cominciai a fare scommesse avventate come quella del vecchio che aveva ordinato l’insalata di uova. Ancora prima di portargli ii suo bicchiere d’acqua tirai fuori lo strofinaccio per pulire il banco, mi girai indietro e dissi: «Cinque». Poi, voltandomi verso il fornello e i menu appesi, aggiunsi: «Dollari».
Mamma si accigliò e Mabel con una scrollata di spalle disse: «Stiamo crescendo in fretta, eh!».
Inalberai il mio sorriso spezzacuori e servii a quel tizio il suo panino. Quando se ne andò, feci schioccare cinque volte la banconota da cinque prima di cacciarmela nella tasca del grembiule. «Mia mamma non ha tirato su una scema», dissi alle altre. Loro si misero a ridere e mi diedero delle pacche sul culo, come se fossero contente di vedermi spopolare.
Ma mamma mi portò fuori con lei durante la pausa. Ci avviammo verso il Winn Dixie dove trovava le sigarette a meno che nel drugstore.
«Come facevi a saperlo?» chiese.
«Perché e quello che lascia sempre».
«Cosa vuol dire sempre?».
«Tutti i giovedì sera quando chiudo», dissi, sapendo che si sarebbe arrabbiata.
«Ti lascia un biglietto da cinque tutti i giovedì sera?». La sua voce aveva un suono strano, non precisamente arrabbiato ma neanche contento.
«Sempre. E prende quasi sempre l’insalata di uova». Mamma si fermò per accendersi l’ultima sigaretta. Poi rimase ferma un momento, a inalare profondamente la sua Pall Mall e a guardarmi. Io sentivo la faccia diventarmi sempre più rossa. «Pensi che potrai fame a meno?», chiese infine.
«Perche? Non credo che lui smetterà di darmeli».
«Perché», disse lei lasciando cadere la sigaretta e rimettendosi in moto, «tu non lavori più il giovedì sera».