Does anybody know what we are living for?

Si direbbe che esaurito il terrorismo come causa di provvedimenti d’eccezione, l’invenzione di un’epidemia possa offrire il pretesto ideale per ampliarli oltre ogni limite.
Giorgio Agamben, il manifesto, 25 febbraio 2020

L’emergenza apre una opportunità per il progresso della didattica digitale. La ministra Azzolina è in prima fila: «Emergenza sia spinta per rilanciare l’innovazione didattica». Il Miur ha subito messo a disposizione una pagina di supporto. Fioriscono nomi di piattaforme su cui trasmettere lezioni on line e somministrare verifiche da correggere rigorosamente on line, webinar a piene mani da parte di aziende private anche improvvisate, la possibilità di realizzare gemellaggi con istituti scolastici che hanno esperienze avanzate di didattica digitale. E i voti vanno direttamente a finire sul registro elettronico, esulta un maestro. Manca il contatto fisico, ma, come ci spiega Giovanni Bonfanti, vicepresidente Aie, le «classi virtuali consentono al docente di dialogare con gli studenti in modo telematico».

Vecchie conoscenze. Valentina Aprea si vanta di aver inserito un emendamento nel decreto scuola «per rendere obbligatorie le competenze di coding per i docenti neoassunti». Ma adesso, date le circostanze, gongola l’ex sottosegretaria all’istruzione del governo Berlusconi, «bisogna partire con un piano serio di formazione rivolto a tutti i docenti». Ma anche Lorenzo Fioramonti: «Ora forse ci rendiamo conto di quanto sia importante avere […] scuole e università con insegnanti e ricercatori capaci di garantire istruzione a distanza».

Dappertutto spuntano prof digitali che sperimentano la didattica a distanza nell’era dell’epidemia. «Ripetere le stesse cose negli anni diventa tedioso» spiega il maestro Massimo «la tecnologia mi ha dato nuovo slancio. Se i tempi corrono la scuola deve trainare la società, non inseguirla». Serena Feloj, professore associato di estetica a Pavia, andrà a registrate la lezione in un’aula vuota. Ma non è un problema: «La mia idea è fare come se niente fosse, per quanto possibile, userò l’immaginazione e farò finta di avere davanti degli studenti». Ci sono tante incertezze, l’imbarazzo nella scelta delle piattaforme, la privacy, l’impreparazione di molti docenti (alcuni non sanno nemmeno usare la Lim, «figurarsi insegnare a distanza»), ma in sintesi, commenta Cristina Nadotti di Repubblica: «la digitalizzazione dell’istruzione, a ogni livello, non è più procrastinabile».

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