Da La passeggiata, in Racconti impossibili, Adelphi, Milano 2017, pp. 29-30
Si frugò febbrilmente in tasca, ne trasse una moneta, la lanciò in aria: testa, avrebbe messo (con tutte le precauzioni del caso) la rivoltella nella mano sinistra del morto; croce, nella destra. La moneta volò, ricadde fragorosamente, rotolò sul pavimento fin sotto la scrivania, e infine si fermò a pancia all’aria. L’assassino di dov’era non poteva leggere il responso, e si buttò carponi, vidamente, verso la moneta: felice che altri (chi?) o altro decidesse per lui; felice soprattutto che si decidesse; e ciecamente fiducioso che la decisione sarebbe stata quella giusta… Aveva quasi raggiunto la meta, quando d’improvviso si sentì guardato. Non proprio lui: sentì che qualcuno guardava il suo deretano, sporgente di sotto la scrivania. Si volse di scatto. II guardiano notturno era sulla soglia e lo dominava colla sua mole; i suoi acquosi occhi azzurri Io guardavano stupiti. «Ma professore…» balbettò incerto, quasi fosse lui in colpa. Poi vide il cadavere; non però che tra i nuovi sentimenti che in quegli occhi si rifletterono non seguitasse ad aver parte preponderante Io stupore.
L’ assassino s’era nel frattempo rialzato; in silenzio, più collo sguardo che col gesto, indicò al guardiano il fascio di titoli e banconote sulla scrivania. L’offerta, cioè il baratto proposto, era palese; ma quegli, anche lui in silenzio, scosse il capo con un leggero sorriso. Sorriso di cui non c’era da fidarsi, si capisce; di fatto egli levò la pistola che già teneva in mano, la puntò sull’assassino, fece un cenno d’invito e avvertimento in una. L’assassino capì, allargò le braccia, si tirò da parte per lasciare all’altro via libera verso il telefono, ma ebbe cura di mantenersi sotto il suo tiro. Già, pensò, che cosa vuoi aspettarti da questa sorta di bestioni!
«Ma dimmi almeno, Giovanni», chiese, dopo, mentre erano colle mani in mano e l’uno di fronte all’altro in attesa della polizia « tu non sei passato un minuto circa prima del previsto?».
«Sicuro» rispose con una fuggevolissima occhiata all’orologio sulla parete. «Sicuro: perché ho sentito cadere e rotolare una moneta. E allora, lei capisce professore, mi son precipitato qui in punta di piedi…».
Vedi mò a che punto uno può essere immerso in sciocche riflessioni. E vedi a che cosa è affidata la nostra sorte: quando sarebbe stato così facile far saltare la moneta sul tappeto anziché sul piancito; e quando ormai il problema era risolto!