Una ciurma di pirati è trascinata in luoghi remoti da una tempesta: finalmente dall’albero maestro un mozzo scopre terra; sbarcano a rubare e saccheggiare; vedono un popolo inoffensivo, che li tratta con bontà; dànno un nuovo nome al paese; ne prendono possesso formale in nome del re, v’innalzano una tavola marcita o una pietra per conservare la memoria del fatto; assassinano due o tre dozzine di indigeni, ne portano via per forza una coppia come campioni, ritornano in patria e ottengono la grazia sovrana: ecco che comincia un dominio nuovo fondato sul diritto divino; alla prima occasione si mandan delle navi; gli indigeni o vengono deportati o massacrati, i principi messi alla tortura perché rivelino dove tengono i loro tesori; si lascia libero il campo a qualunque atto di inumanità e di lussuria; la terra fuma del sangue dei suoi abitanti, e questa banda spregevole di macellai, incaricata di un’impresa tanto pia, costituisce una colonia moderna, mandata a portare la fiaccola della fede e della civiltà a un popolo barbaro e idolatra.
Jonathan Swift, I viaggi di Gulliver