Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere che vuole demolire la scuola pubblica (e per la verità non sa usare nemmeno bene il piccone). Comincerà a parlare di buona scuola, di scuole belle, di scuole sicure, di scuole nuove, di scuole dove siamo tutti protagonisti a turno (studenti, docenti, il dirigente scolastico e le scuole, il personale no, neppure la didattica), di scuole trasparenti (una buona idea intanto è la bacheca dei beneficiari della 104), dei mille innamorati della scuola che ci aiutano a scrivere il disegno di legge (in realtà un decreto, in realtà tutti iscritti al pd), comincerà a pubblicare dépliant dove si vedono giovani sottratti alle pubblicità dei dentifrici intorno a un tavolo, per non parlare dell’insistenza sui premi per chi vuole emergere dal sommerso e lucidare le maniglie (20 euro), i precari tutti assunti (anche ex docenti che hanno cambiato lavoro da vent’anni, ma non i supplenti, che si terranno nascosti finché si può), i sindaci della comunità scolastica (una volta si chiamavano podestà), la coerenza, l’autonomia scolastica, la sburocratizzazione, l’inclusione, non so forse il progresso e la civiltà, e last but non least, gli sponsor (Samsung e Microsoft hanno già chiamato il ministero).
E invece. Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private ecc. ecc. ecc.
(28/2/2015)