L’art. 11 del ddl “Buona scuola” si intitola in modo altisonante “Valorizzazione del merito del personale docente”, ma non parla né di valorizzazione né tanto meno di merito. La meritocrazia à la Renzi, come traduzione di un merito solo nominale in politiche che favoriscono certe categorie a danno di altre, non valuta proprio nulla, sostituisce la competizione alla cooperazione e non è fondata su nessun parametro. La foglia di fico dei tre commi non è sufficiente a mascherare la realtà dei fatti: meritevole è chi piace a me, nel caso sento il Consiglio di Istituto (sul valore del verbo sentire nella propaganda dei Renzi e dei Faraone ci siamo abbondantemente espressi nell’articolo Inemendabile). Poi, se qualcuno si legge gli art. 2 e 7 sull’autonomia e i superpoteri del Dirigente capisce come stanno le cose dentro la scuola riformata, e che valore bisogna dare a termini a cui per solito attribuivamo tutt’altro significato.
Date queste premesse, nell’art. 11 del ddl la valutazione è basata su parametri puramente arbitrari. Anche facendo uno sforzo sovrumano per cercare una logica che in realtà è quella semplicissima dei rapporti sociali oliati dalla ruffianeria e dal conformismo, prima ancora di misurarli, cosa sono i “risultati ottenuti in termini di qualità dell’insegnamento”, come si definiscono? Continua a leggere “Sulla bufala della valorizzazione del merito”