FRANZ KAFKA Il silenzio delle sirene

Da Jorge Luis Borges – Adolfo Bioy Casares, Racconti brevi e straordinari

Una dimostrazione di come risorse insufficienti e persino puerili possano costituire comunque un mezzo di salvezza:

Per difendersi dalle sirene, Ulisse si tappò le orecchie con la cera e si fece incatenare all’albero della nave. Qualcosa del genere, certo, avrebbero potuto fare fin dai tempi remoti tutti i viaggiatori, a parte quelli che le sirene riuscivano a sedurre anche da lontano; ma si sapeva ovunque che era impossibile che questo rimedio funzionasse. Il canto delle sirene pervadeva ogni cosa, e la passione dei sedotti avrebbe spezzato lacci più forti di catene e alberi. Ulisse, anche se forse ne era consapevole, non ci pensò. Confidò pienamente nella sua manciata di cera, nel suo mazzo di catene, e con gioia innocente, tutto contento delle sue piccole astuzie, navigò incontro alle sirene.

Ma le sirene dispongono di un’arma ancora più terribile del loro canto. Il loro silenzio. Forse si poteva concepire — anche se, certo, neanche questo era accaduto — che qualcuno riuscisse a salvarsi dal loro canto; ma nessuno, non v’è dubbio, poteva salvarsi dal loro silenzio. Niente di terreno potrebbe resistere alla sensazione di averle vinte con le proprie forze, all’incomparabile esaltazione conseguente.

In effetti, all’arrivo di Ulisse, le formidabili cantatrici non cantarono, sia perché ritennero che un tale avversario potesse essere affrontato soltanto col silenzio, sia perché vedere quella beatitudine sul volto di Ulisse, che non pensava ad altro che a cera e catene, le rese dimentiche di qualsiasi canto.

Ma Ulisse, per così dire, non sentì il loro silenzio; credeva che cantassero, e che lui soltanto fosse preservato dal sentirle. Vide in primo luogo, fugacemente, le torsioni del loro colli, la respirazione affannosa, gli occhi colmi di lacrime, la bocca socchiusa e credette che tutto ciò facesse parte delle melodie che, non udite, risuonavano e si perdevano intorno a lui. Ma tutto questo rimbalzava appena sul suo sguardo assorto; era come se le sirene scomparissero di fronte alla sua determinazione, e proprio quando era più vicino a loro, non sapeva più nulla della loro presenza.

Loro invece — più belle che mai — si stiravano e si contorcevano, allungavano gli artigli aperti sopra lo scoglio e le orride chiome ondeggiavano al vento, libere. Non miravano più a sedurre; volevano solo catturare, finché fosse stato possibile, il riflesso dei grandi occhi di Ulisse.

Se le sirene avessero coscienza, quella volta sarebbero state distrutte. Ma resistettero, e solo sfuggì loro Ulisse.

Del resto, la tradizione riferisce anche un epilogo al riguardo. Ulisse, si racconta, fu così volpe, così ricco di astuzie, che nemmeno la dea del destino riuscì a penetrare il suo animo. Forse — per quanto sia inconcepibile per la ragione umana — si accorse davvero che le sirene tacevano, e solo come scudo, per così dire, oppose a loro e agli dèi tale finzione.

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