Infinite Jest

[Diario DaDa, 6 novembre-30 dicembre 2020]

La scuola senza andare a scuola non è scuola.
Giuseppe Caliceti

6 novembre
Poiché i miei 25 followers si sono giustamente stancati di leggere gli aggiornamenti dei diari DaDa, da oggi trascriverò ogni giorno su questa pagina una riga di Infinite Jest di David Foster Wallace.

Continua a leggere “Infinite Jest”

Pìttima

1. ant. Decotto di aromi nel vino (anche epitema e epittima), che in passato si applicava caldo sulla regione del cuore, o del fegato, o dello stomaco, a scopo terapeutico, come un impiastro. 2. fig. a. Persona uggiosa, fastidiosa, che annoia con le sue insistenze o le sue lamentele (cfr. gli analoghi usi fig. di cataplasma e impiastro). 3. [etimo incerto]. – Nome dei varî uccelli scolopacidi appartenenti al genere limosa, con becco esile, molto lungo, ali appuntite, coda corta quasi quadrata e zampe lunghe e sottili, con tre dita anteriori, piumaggio estivo rossiccio e invernale grigiastro.
Vocabolario Treccani

pìttima, (lombardo) si dice di un pedante causidico sempre pronto a trovare il pelo nell’uovo.
Carlo Emilio Gadda, La meccanica

Continua a leggere “Pìttima”

Gilgamesh, re di Uruk

[L’epopea di Gilgamesh, prologo]

Proclamerò al mondo le imprese di Gilgamesh, l’uomo a cui erano note tutte le cose, il re che conobbe i paesi del mondo. Era saggio; vide misteri e conobbe cose segrete; un racconto egli ci recò dei giorni prima del Diluvio. Fece un lungo viaggio, fu esausto, consunto dalla fatica; quando ritornò si riposò, su una pietra l’intera storia incise.

Quando gli dèi crearono Gilgamesh gli diedero un corpo perfetto. Il sole glorioso Samash lo dotò di bellezza, Adad, dio della tempesta, lo dotò di coraggio, i grandi dèi resero perfetta la sua bellezza, al di sopra di ogni altro, terribile come gran toro selvaggio. Per due terzi lo fecero dio e per un terzo uomo.

Continua a leggere “Gilgamesh, re di Uruk”

Cappuccetto rosso a Tor Bella Monaca

I

Ho aperto un laboratorio di scrittura. Si intitola «Cappuccetto rosso a Tor Bella Monaca». Nasce da una storia che ho improvvisato all’inizio dell’anno con la mia prima azzurra, in presenza, dove spiegavo che esistono tante versioni di Cappuccetto rosso, non solo quelle canoniche di Perrault e dei fratelli Grimm. Perché non un Cappuccetto rosso a Tor Bella Monaca? E ho cominciato a raccontare di questa bimba con la felpa rossa e il cappuccio che esce di casa per andare a portare le focacce dalla nonna a via dell’Archeologia, si ferma dal tabaccaio e incontra un tizio che nel quartiere chiamano «il Lupo» (all’inizio l’abbordaggio avviene banalmente alla fermata dell’autobus) che se la vuole mangiare. Il resto della storia lo conoscete. Sabato mattina ho scritto la favola per intero con due finali alternativi e con un linguaggio piatto, con coso dice, coso risponde. Inizia così: «C’era una volta, tipo una settimana fa, alle Torri, una bella bimba, ma bellina davvero, che faceva uscire matta la mamma per non dire la nonna. Quella buona donna della mamma le aveva fatto una felpa con il coso rosso, il cappuccio, e per questo tutti la chiamavano cappuccetto rosso», ho tagliato la favola a metà e l’ho proposta alla classe. Ho chiesto di migliorarla e di inventare un finale. Ora vedo che nella mia casella di posta ci sono 14 messaggi in attesa, che si intitolano tutti Cappuccetto rosso e che non ho il coraggio di aprirli (scusate l’anacoluto, le/gli studenti si stanno abituando in modo graduale alla mia visione della lingua).

Continua a leggere “Cappuccetto rosso a Tor Bella Monaca”

Foibe

Tra il maggio e il giugno del 1945 migliaia di italiani abitanti dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia furono obbligati a lasciare la loro terra. Altri furono uccisi dai partigiani di Tito, gettati nelle foibe o deportati nei campi sloveni e croati. Secondo alcune fonti le vittime furono tra le quattromila e le seimila, per altre diecimila: ex fascisti, collaborazionisti e repubblichini, ma anche partigiani che non accettavano l’invasione jugoslava e cittadini qualunque.
Cosa sono le foibe, Internazionale

Chiunque abbia infoibato esseri umani ha commesso un crimine e ciò deve essere riconosciuto, le vittime hanno diritto alla giustizia e la loro sofferenza al compianto e alla memoria. Lo stesso si dica per la tragedia degli esuli istriani contro cui vennero praticati anche atti di crudeltà ideologica a priori. Stabilito questo, il compito che sarebbe spettato alle generazioni successive e anche alla nostra sarebbe quello di capire.
Moni Ovadia, Da Salvini equiparazioni perniciose, «il manifesto», 12 febbraio 2019

leggi anche:
Enzo Collotti, La storia dal nulla, «il manifesto», 14 febbraio 2004
Nicoletta Bourbaki, Cosa dimentichiamo nel Giorno del ricordo?, Internazionale, 10 febbraio 2017

FRANCESCO GUCCINI Inutile

Da «Guccini» (1983)

A Rimini la spiaggia com’è vuota, quasi inutile di marzo,
deserta dell’estate, in ogni simbolo imbecille e vacanziera
e noi, senza nemmeno un poco d’ironia, fra gusci e quarzo,
ad inventare insieme primavera.

Era piovuto piano e senza pause quasi fino a quel momento,
picchiando sopra ai pali della spiaggia il mare si spezzava in lembi;
nel ristorante vuoto il cameriere, assorto e lento,
cifrava il rebus dei cumulonembi.

Compiendo poi quel rito inevitabile e abusato,
corremmo coraggiosi e scalzi lungo la battigia:
di un verde di bottiglia era quel mare affaticato,
l’aria una stanza grigia…

Continua a leggere “FRANCESCO GUCCINI Inutile”

ANTONIO PRETE Guido Cavalcanti. Perch’i’ no spero di tornar giammai

[Doppiozero, 28 ottobre 2020]

È il verso che apre una delle più note ballate di Guido Cavalcanti, verso ripreso e rimodulato da Eliot ad apertura di Mercoledì delle ceneri.

Amante degli studi e della speculazione filosofica, guelfo bianco attivo nell’agone politico fiorentino, Cavalcanti è figura rilevantissima nella cerchia dei poeti che condivisero, in amicizia, quello che uno di loro, Dante Alighieri, definì “dolce stile”: una lingua della poesia che insieme era teoresi d’amore e figurazione fantastica del desiderio. Una lingua che nel verso congiungeva meditazione e canto, pensiero e ritmo, sapere e melodia : un meraviglioso “legame musaico” – per usare l’espressione del Convivio dantesco – che sarebbe stato un modello per il costituirsi di una tradizione lirica italiana Continua a leggere “ANTONIO PRETE Guido Cavalcanti. Perch’i’ no spero di tornar giammai”

THE CURE Lettera a Elise (A Letter To Elise)

O Elise non m’importa ciò che dici
è che non posso stare qui ogni ieri
come per continuare a fingere nel modo in cui fingiamo
ogni modo di sorridere, dimenticare e fingere
non abbiamo mai avuto bisogno di più di così
di più di questo.

o Elise non m’importa di ciò che fai
so che non riuscirò mai ad entrare dentro di te
per far sì che i tuoi occhi prendano fuoco nel modo in cui dovrebbero
nel modo in cui la loro malinconia potrebbe attirarmi

Continua a leggere “THE CURE Lettera a Elise (A Letter To Elise)”

WISLAWA SZYMBORSKA Nulla due volte

Da «Appello allo Yeti» (1957)

Nulla due volte accade
né accadrà.
Per tal ragione si nasce senza esperienza,
si muore senza assuefazione.

Anche agli alunni più ottusi
della scuola del pianeta
di ripeter non è dato
le stagioni del passato.

Non c’è giorno che ritorni,
non due notti uguali uguali,
né due baci somiglianti,
né due sguardi tali e quali.

Continua a leggere “WISLAWA SZYMBORSKA Nulla due volte”

PIERO CALAMANDREI Perché difendiamo la scuola?

[Da Uaar]

Discorso pronunciato da Piero Calamandrei al III Congresso dell’Associazione a difesa della scuola nazionale (ADSN), Roma 11 febbraio 1950
[Pubblicato in Scuola democratica, periodico di battaglia per una nuova scuola, Roma, iv, suppl. al n. 2 del 20 marzo 1950, pp. 1-5]

Cari colleghi,

Noi siamo qui insegnanti di tutti gli ordini di scuole, dalle elementari alle università […]. Siamo qui riuniti in questo convegno che si intitola alla Difesa della scuola. Perché difendiamo la scuola? Forse la scuola è in pericolo?

Continua a leggere “PIERO CALAMANDREI Perché difendiamo la scuola?”