[«Der Spiegel», tradotto da «Internazionale», 23 gennaio 2020]
Una nuova generazione di centrali atomiche, meno pericolose e costose di quelle attuali, potrebbe contribuire a ridurre le emissioni di gas serra. Ma quali rischi siamo disposti ad accettare?
II nocciolo del reattore sarà riempito quasi interamente da scorie radioattive, che è un ottimo modo per smaltirle. Il reattore, inoltre, dovrebbe essere in grado di funzionare per sessant’anni senza alcun rifornimento. Le barre di combustibile usate, provenienti dagli impianti nucleari degli Stati Uniti, potrebbero bastare a coprire l’intero fabbisogno energetico mondiale per secoli.
È la soluzione a tutti i nostri problemi energetici? Lindsey Boles ne è convinta. Ingegnera dell’azienda TerraPower, Boles si trova in un edificio industriale nello stato di Washington, con indosso un camice bianco da laboratorio e occhiali protettivi di plastica. Vicino a lei c’è la struttura in acciaio blu che un giorno conterrà le barre di combustibile. Alcuni segni colorati sul pavimento indicano la posizione futura delle pompe e degli scambiatori di calore. “Proprio in questo punto il sodio liquido sarà riscaldato fino a 500 gradi”, spiega Boles. “Siamo convinti che questo tipo di impianto potrà produrre elettricità senza alcun impatto climatico, in modo più affidabile e sicuro rispetto a qualunque altra centrale al mondo”.
TerraPower è una delle molte startup che alimentano nuove speranze rispetto all’energia atomica. La sede dell’azienda si trova a Bellevue, un sobborgo di Seattle, dove la spregiudicatezza tipica della costa occidentale degli Stati Uniti si fonde con l’incrollabile fede nella tecnologia e la grande disponibilità economica degli investitori. Bill Gates è il fondatore il presidente dell’azienda. Da quando stata creata, tredici anni fa, si dice che ci abbia investito cinquecento milioni di dollari. Nel consiglio d’amministrazione siede anche Nathan Myhrvold, ex capo del settore tecnologico della Microsoft. Nello stesso edificio ha sede anche il centro studi fondato da Myhrvold, Intellectual Ventures.
In questo luogo, insomma, esistono le condizioni perfette per sperimentare idee rivoluzionarie sui reattori nucleari. Il fatto che Gates sia personalmente convinto della bontà del progetto sicuramente aiuta. “L’energia nucleare è una soluzione ideale per il cambiamento climatico”, ha scritto un anno fa in una lettera aperta. E non è I ‘unico apensarla cosi. Trentatré anni dopo il disastro di Cernobyl e otto anni dopo l’incidente di Fukushima, l’energia nucleare è di nuovo considerata accettabile da molti.
A dicembre i rappresentanti di tutti i paesi del mondo si sono incontrati alla Conferenza sul cambiamento climatico delle Nazioni unite, a Madrid, per parlare nuovamente di cosa si può fare di fronte all’aumento delle emissioni di anidride carbonica, alla minaccia delle siccità, allo scioglimento dei ghiacciai e all’innalzamento del livello del mare. Il messaggio è sempre lo stesso: bisogna ridurre le emissioni in tempi brevi. In un mondo in cui la crisi climatica sta assumendo dimensioni sempre più apocalittiche, l’energia nucleare potrebbe essere un modo per farlo. La fissione nucleare, infatti, non produce anidride carbonica, e i reattori sono sostanzialmente a emissioni zero.
Di recente perfino l’attivista per il clima Greta Thunberg ha infranto il tabù del nucleare. “Secondo il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc), il nucleare potrebbe rappresentare una piccola parte di una grande soluzione innovativa per un’energia a emissioni zero”, ha scritto su Facebook a marzo. Dopo le proteste dei suoi sostenitori, la sedicenne svedese ha precisato che personalmente è contraria all’energia atomica.
L’intervento di Thunberg e le reazioni successive sono un segno dei dilemmi che suscita l’energia nucleare L’ Ipcc, l’Agenzia internazionale per l’energia, la Rete delle Nazioni unite per lo sviluppo sostenibile, gli esperti del Massachusetts institute of Technoloo (Mit) e perfino la Union of concerned scientists degli Stati Uniti sono concordi nel considerare l’energia nucleare uno strumento importante per limitare l’aumento della temperatura media globale a gradi.
Ma la diffidenza dell’opinione pubblica è ancora notevole, almeno in Germania, dove il governo ha deciso di abbandonare gradualmente I ‘energia atomica dopo la catastrofe del 2011 a Fukushima, in Giappone. Gli oppositori sostengono che i reattori nucleari sono troppo costosi e complessi, poco adatti alle moderne reti elettriche e soprattutto troppo pericolosi. I sostenitori dell’energia atomica come Myhrvold e Gates cercano di dimostrare il contrario, e promettono una fonte quasi infinita di energia.
Gli ingegneri, soprattutto in Cina e negli Stati Uniti, stanno cercando di reinventare la struttura delle tradizionali centrali nucleari. Almeno quaranta aziende e istituti di ricerca sono al lavoro su piccoli reattori modulari o innovative centrali che potrebbero essere quello che gli impianti convenzionali non saranno mai: puliti, economici e sicuri.
I nuovi reattori useranno materiali fissili come il torio o il sale di uranio, e saranno raffreddati con sale fuso o sodio liquido. Alcuni reattori, invece di produrre nuove scorie, potrebbero funzionare sfruttando barre di combustibile nucleare usato proveniente dagli impianti tradizionali. Ma forse la cosa più importante è un’altra: invece di produrre solo elettricità, com’è successo finora, i reattori del futuro potrebbero generare idrogeno per le automobili, i treni e l’industria, Oltre ad alimentare i sistemi di riscaldamento e le industrie ad alto fabbisogno di energia come gli iinpianti petnlchimici. Il tutto senza alcun impatto sul clima.
Oggi i trasporti, l’edilizia e l’industria contribuiscono per il 40 per cento alle emissioni di gas serra. Solo una vasta decarbonizzazione – non solo della produzione di elettricità, ma dell’intero settore energetico- ci permetterebbe di ridurre le emissioni globali del 90 per cento entro il 2050, l’obiettivo di lungo termine fissato dalla comunità internazionale. Un altro dato mostra l’enormità della sfida: finora l’energia eolica e quella solare hanno coperto meno del 2 per cento del fabbisogno globale.
Di fronte a questa realtà è saggio ignorare le potenzialità dell’energia atomica? La domanda è particolarmente attuale in Germania, dove le ultime centrali nucleari dovrebbero essere spente nel 2022 nonostante il paese sia già in ritardo rispetto agli obiettivi per la tutela del clima. Il confronto con la Francia e la Svezia evidenzia il peso della scelta di abbandonare il nucleare. Parigi e Stoccolma continuano a usare l’energia atomica, e le loro emissioni pro capite sono molto inferiori.
Nonostante la decisione del governo di puntare tutto sulle rinnovabili la Germania “non ha ottenuto una riduzione rilevante delle emissioni”, hanno scritto ad aprile il famoso psicologo di Harvard Steven Pinker, l’ingegnere svedese Staffan Qvist e politologo Joshua Goldstein sul New York Times. Secondo loro usando solo le energie rinnovabili ci vorrebbe “più di un secolo per decarbonizzare” il mondo. “L’aspetto psicologico e quello politico possono cambiare rapidamente” hanno scritto. “In un momento in cui le conseguenze della crisi climatica diventano sempre più evidenti e i tagli alle emissioni non si concretizzano, il nucleare può diventare la nuova soluzione ‘verde’”.
Costi proibitivi
Il futuro ottimistico prospettato dai sostenitori del nucleare ci riporta agli anni cinquanta, quando la fissione nucleare prometteva di risolvere tutti i problemi energetici. Nel 1957 Walt Disney aveva prodotto il film II nostro amico atomo per sostenere la causa dell’energia nucleare.
Ma l’euforia non durò molto. Da Three Mile Island a Cernobyl e Fukushima, la storia dell’energia nucleare è stata segnata dalle battute d’arresto, dagli incidenti e dalle catastrofi. Il problema irrisolto dello smaltimento delle scorie e il rischio della proliferazione e della diffusione di materiale nucleare per scopi militari hanno alimentato lo scetticismo. Tuttavia il problema principale dell’energia atomica, ancora oggi, è il prezzo. Gli impianti convenzionali sono semplicemente troppo costosi, e l’energia nucleare non può essere redditizia senza sussidi statali.
Oggi in Germania produrre un chilowattora di energia nucleare costa più di dieci centesimi, mentre l’elettricità prodotta dalle turbine eoliche e dalle centrali a gas o a petrolio ha un costo che varia tra quattro e otto centesimi. Per questo costruire centrali nucleari è considerato da tempo un investimento rischioso. Nel mondo ci sono 449 reattori attivi, e altri 53 sono in costruzione. Nel 2018 la durata media dei lavori per la costruzione di una centrale era di otto anni e mezzo.
I due reattori della centrale di Hinkley Point C, nel Regno Unito, sona un esempio perfetto di una politica nucleare fallimentare. Le due unità stanno per diventare il progetto edilizio più costoso di sempre, con una spesa complessiva che ha raggiunto i 26 miliardi di euro. I lavori sono in ritardo di otto anni. Nel progetto sono coinvolti tre governi (Regno Unito, Francia e Cina) e due aziende. Senza tariffe agevolate per l’energia, l’investimento non potrà mai essere ripagato. “Costruire centrali nucleari non ha alcun senso dal punto di vista economico”, dice Christoph Pistner dell’Istituto per I’ecologia applicata di Darmstadt. In alcuni casi, ricorda, le centrali sono state chiuse prima del previsto a causa della concorrenza degli impianti eolici o solari. Senza gli aiuti statali, la tecnologia nucleare non è mai redditizia. “Oggi si costruiscono nuove centrali solo dove i costi sono coperti parzialmente o interamente dallo stato, per esempio in Russia, in Cina o in India”.
Un bollitore complicato
Oggi le centrali atomiche producono appena il 10,2 per cento dell’energia globale rispetto al 17 per cento del 1997. Proprio quando il mondo avrebbe bisogno di elettricità a basse emissioni, l’uso dell’energia nucleare è in declino. Secondo le stime dell’Agenzia internazionale per l’energia, entro il 2040 la produzione totale delle centrali atomiche potrebbe ridursi ulteriormente di due terzi, perché un numero crescente di impianti sta diventando troppo costoso, vecchio o sgradito all’opinione pubblica.
Le condizioni, insomma, non potrebbero essere più sfavorevoli a una rinascita dell’energia atomica. Ma allora perché alcune aziende insistono comunque sul nucleare? José Reyes ha una risposta. Prima di cominciare a sviluppare un suo reattore nucleare, Reyes è stato professore all’università dell’Oregon per trent’anni. L’azienda per cui lavora si chiama NuScale ed è considerata da molti la startup più interessante nella nuova industria del nucleare.
“Ci siamo chiesti come avrebbe dovuto essere un reattore adatto a una rete energetica moderna basata sulle energie rinnovabili come l’eolico o il solare”, spiega. Il risultato di questa riflessione un modellino sulla scrivania di Reyes. È un reattore nucleare convenzionale ad acqua pressurizzata, ma con una capacità di appena sessanta megawatt. Non ha molto in comune con i giganti del passato, che erano circondati da cupole di cemento e producevano più di mille megawatt.
Un reattore nucleare, in sostanza, è un bollitore molto complicato. Al suo interno un nucleo di uranio viene scisso, rilasciando neutroni. A loro volta i neutroni, rallentati dalle molecole d ‘acqua, provocano la scissione di altri nuclei di uranio. Questa reazione a catena di fissioni nucleari genera calore, che viene assorbito dall’acqua. In un secondo circuito di raffreddamento si forma il vapore, che attiva le turbine.
I problemi nascono quando i sistemi di raffreddamento non funzionano, a causa di un’interruzione di corrente che blocca le pompe di raffreddamento o di una perdita in uno dei circuiti. I reattori moderni hanno un sistema che interrompe la reazione a catena in caso di avaria del sistema di raffreddamento, ma il calore residuo può bastare a fondere il nocciolo. È quello che è successo nel 2011 a Fukushima, dove uno tsunami ha inondato le pompe di raffreddamento mandandole in avaria. Il reattore che ha provocato il disastro di Cernobyl, invece, è esploso perché la sua potenza è aumentata in modo incontrollabile. I reattori moderni sono progettati per evitare questa possibilità.
I reattori della NuScale riducono ulteriormente i rischi. Reyes e i suoi colleghi hanno inserito il reattore in un guscio d’acciaio cilindrico di dimensioni ridotte: 23 metri di lunghezza e 4,5 metri di diametro. Il modulo è posizionato verticalmente in una grande vasca d’acqua. Gli ingegneri vogliono inserire diversi moduli in una centrale piuttosto simile a una piscina coperta. “Il livello di sicurezza è senza precedenti”, spiega Reyes. “Anche se tutti i sistemi smettessero di funzionare, il reattore si fermerebbe automaticamente senza bisogno dell’intervento di un operatore o di un computer e senza corrente. Dipende dalla fisica”.
Reyes mostra il funzionamento del suo sistema in una sala controlli poco illuminata all’ultimo piano della sede della NuScale. I dati simulati raccolti da 12 reattori appaiono contemporaneamente su grandi schermi. In questo test un reattore deve sopravvivere a un grave incidente. Gli ingegneri inviano un comando che provoca la chiusura di alcune valvole, in modo che sia completamente isolato dal mondo esterno: uno scenario da incubo per una centrale nucleare tradizionale.
Immediatamente si accendono alcune spie rosse. Come previsto, la temperatura del nocciolo comincia ad aumentare. Poi però si attiva il sistema di sicurezza: le barre di controllo si frappongono a quelle di combustibile, rallentando la fissione, mentre le valvole si aprono immediatamente per contrastare l’aumento della pressione all’interno del reattore. Il vapore passa dal circuito di raffreddamento al pressione all’interno del reattore. Il vapore passa dal circuito di raffreddamento al vano di contenimento, che a sua volta rilascia il calore nella vasca. La temperatura del nocciolo si stabilizza.
Reyes è soddisfatto. “Stiamo osservando un evento che può capitare una volta in un miliardo di anni”, spiega. “Ma anche se ci fosse un’avaria di tutti i sistemi ci sarebbe comunque abbastanza acqua nella vasca per raffreddare il reattore”.
Il test era solo una simulazione. Il reattore della NuScale non è ancora stato costruito, ma i modelli computerizzati si basano su dati reali. In un magazzino dell’università dell’Oregon, Reyes e la sua squadra hanno costruito un reattore di prova in scala ridotta, su cui saranno condotti i prossimi test.
Il reattore della NuScale non ha pompe e solo pochi meccanismi. Il rivestimento d’acciaio resiste alla pressione meglio di una cupola di cemento ed è più facile da costruire. Reyes spera di poter realizzare tre impianti di questo tipo al mese, con costi estremamente ridotti. I reattori prefabbricati sarebbero consegnati ai clienti direttamente dalla fabbrica.
“Abbiamo ricevuto richieste da circa venti paesi”, spiega Reyes. In Europa la Romania e la Repubblica Ceca sono interessate alle centrali nucleari compatte della NuScale. Negli Stati Uniti l’azienda di Reyes è in trattative con 29 aziende elettriche. Diversi governi statali hanno fissato l’obiettivo di azzerare le emissioni nette entro il 2050, spingendo l’industria energetica statunitense a cercare un modo per sostituire i vecchi impianti a carbone. Un’azienda ha già deciso di affidarsi alla NuScale. La Associated Municipal Power Systems dello Utah ha espresso l’intenzione di ordinare un impianto appena l’autorità statunitense che regola l’energia nucleare avrà approvato le nuove centrali. La sicurezza passiva della centrale è già stata certificata.
Disposti come due enormi pacchi da sei lattine di birra, i reattori verranno posizionati in una vasca d’acqua grande quanto un campo da calcio. Reyes è convinto che presto potrà realizzare il suo progetto. Le dodici unità, il cui costo complessivo sarà di tre milioni di dollari, dovrebbero essere attivate nel 2026. NuScale prevede di produrre elettricità ai costo di circa sei centesimi per chilowattora. In questo modo il reattore potrebbe competere con le centrali a gas.
Calma buia
Ma davvero questi piccoli reattori modulari possono far rinascere l’energia atomica? La grande domanda è quale combinazione di fonti di energia sarà capace di garantire raggiungimento degli obiettivi sul clima al minor costo possibile.
Tutti i modelli di calcolo concordano su una cosa: in futuro la maggior parte dell’energia elettrica sarà fornita da una combinazione di energia solare, eolica, idroelettrica e biomasse. Il centro studi berlinese Agora Energiewende prevede che tra appena dieci anni in Europa questa combinazione produrrà il 57 percento dell’elettricità. Ma al momento c’è ancora un certo disaccordo sulla migliore configurazione di un sistema elettrico basato sulle fonti rinnovabili. A volte il vento soffia con forza, altre volte non soffia affatto. E il sole splende solo durante il giorno, con intensità variabile. Lo scenario peggiore è la cosiddetta “calma buia”, la completa assenza di sole e vento.
Alcuni esperti credono che i sistemi per immagazzinare l’energia e un mercato dell’elettricità paneuropeo abbastanza flessibile sarebbero sufficienti a gestire queste oscillazioni. Ma la soluzione più economica e realistica sembra affidarsi a centrali elettriche di riserva da attivare nei momenti di assenza di vento o sole.
Patrick Graichen, direttore esecutivo di Agora Energiewende, crede che le centrali a gas naturale rappresentino una fonte ideale di energia di riserva. Possono aumentare o ridurre la produzione rapidamente, proprio come una caldaia a gas. “In Germania abbiamo centrali a gas collegate alla rete che producono 30 gigawatt, ma operano a metà della loro potenza”, spiega Graichen. La combustione del gas, però, produce anidride carbonica. Graichen vorrebbe che in futuro il combustibile fossile fosse sostituito dall’idrogeno o dal metano sintetico, ma per produrli serve un’enorme quantità di energia.
È possibile che il nucleare rappresenti una soluzione più semplice ed ecologica al problema dell’energia di riserva? Le centrali tradizionali non sono adatte, perché la produzione non può essere regolata abbastanza rapidamente. Ma le centrali più piccole potrebbero offrire una flessibilità maggiore.
Secondo José Reyes in futuro sarà possibile ridurre temporaneamente il flusso dei singoli moduli in base alle necessità, usando le barre di controllo. Inoltre il vapore potrebbe essere deviato per aggirare le turbine. In caso di bisogno la centrale potrebbe essere interamente esclusa dalla rete energetica senza dover spegnere i reattori.
“L’energia nucleare può facilmente essere adattata a una rete moderna basata sulle fonti rinnovabili come l’eolico e il solare”, sottolinea Qvist, l’ingegnere e consulente per l’energia svedese”. Questa soluzione è particolarmente adatta nel caso in cui il calore del reattore venga usato simultaneamente per altri scopi, come la produzione di idrogeno”.
In ogni caso, Qvist ritiene che il principale vantaggio offerto dalle nuove centrali nucleari sia il risparmio economico. “Un piccolo reattore modulare è molto meno costoso di uno convenzionale”, spiega, sottolineando che è molto più facile finanziare i nuovi reattori e che la produzione industriale di massa dovrebbe ridurre ulteriormente i costi.
I paladini del nucleare sperano che la produzione industriale possa rendere I ‘energia atomica imbattibile in termini economici, specialmente se le tasse sulle emissioni fossero imposte anche sul gas naturale, rendendolo molto più costoso.
Jacopo Buongiorno, professore del dipartimento di scienza e ingegneria nucleare dell’Mit, crede che l’energia atomica sia “essenziale per raggiungere una reale decarbonizzazione del sistema energetico in molte regioni del mondo”. In uno studio pubblicato a settembre del 2018, Buongiorno e i suoi colleghi sostengono che il consumo mondiale di elettricità dovrebbe crescere del 45 per cento entro il 2040. Gli autori sostengono la necessità di sfruttare il potenziale dell’energia nucleare, e criticano la “chiusura prematura” delle centrali esistenti.
Il male minore
Nei prossimi tre anni le ultime tre centrali nucleari tedesche chiuderanno i battenti. Ma di fronte alla realtà del cambiamento climatico è davvero una buona idea rinunciare all’energia atomica?
Nel 2025 la Germania avrà speso più di 500 miliardi di euro per abbandonare il nucleare. Il risultato è che negli ultimi dieci anni il prezzo dell’elettricità è aumentato di quasi un terzo. Inoltre le emissioni di anidride carbonica sono rimaste sostanzialmente inalterate, e la combinazione di fonti di energia usate in Germania è ancora piuttosto dannosa per il clima.
In ogni caso un cambiamento della politica tedesca sul nucleare è molto improbabile. Perfino il settore energetico sembra aver perso interesse per I’energia atomica, anche perché, volendo continuare a usare i reattori, sarebbe comunque necessario un costoso processo di ammodernamento.
“Non esiste nessuna spinta della società per un ritorno al nucleare”, spiega Patrick Graichen di Agora Energiewende. Anche Christoph Pistner dell’Istituto di ecologia applicata non crede che ci sia da aspettarsi un rinascimento nucleare. “Rimettere in discussione l’opinione generale sull’energia atomica sarebbe estremamente complicato”, sottolinea. Secondo Pistner, oltre che al rischio di incidenti, le centrali sono esposte alla minaccia del terrorismo. Inoltre la diffusione dell’energia atomica aumenterebbe anche quella di materiale utilizzabile per la costruzione di armi.
<<Produrre energia comporta quasi sempre una certa dose di inquinamento>>
Gli esperti sottolineano che il problema dello smaltimento non è ancora risolto in modo soddisfacente. “Non è ancora stato trovato un deposito definitivo per le scorie”, ricorda Pistner. Finora la Germania ha usato solo impianti temporanei per lo smaltimento, e la ricerca di un deposito definitivo va avanti ormai da anni. Nel 2020 il governo cercherà di individuare aree adatte allo stoccaggio dal punto di vista geologico, ma l’opposizione dell’opinione pubblica è pressoché scontata.
Quanto sono giustificate queste preoccupazioni? I sostenitori del nucleare si affrettano a difenderlo. “Allo stato attuale il nucleare è la fonte d’energia più sicura”, afferma Pinker. Lo psicologo di Harvard sottolinea che dei tre incidenti più gravi nella storia dell’energia nucleare, solo a Cernobyl ci sono state vittime per l’esposizione diretta alle radiazioni, 31 in totale. “Secondo le stime, a queste bisogna aggiungere alcune migliaia o decine di migliaia di morti per cancro. Tuttavia questi numeri scompaiono in confronto a quelli delle persone che ogni anno muoiono a causa di malattie respiratorie o tumori causati dall’aria inquinata dalle centrali a carbone”, aggiunse Pinker.
Si calcola che ogni anno 800mila persone muoiano a causa dell’esposizione ai fumi di carbone e ai loro inquinanti, tra cui l’anidride solforosa, l’ossido di azoto, il mercurio e l’arsenico. Per quanto riguarda lo smaltimento, anche i pannelli solari dismessi rappresentano un problema. Inoltre, secondo i sostenitori del nucleare, la quantità di scorie altamente radioattive che la Germania dovrà immagazzinare a tempo indefinito (circa dieci mila tonnellate) occupa uno spazio equivalente a quello di un grosso negozio di mobili.
A qualcuno questi argomenti potrebbero sembrare cinici, ma produrre energia richiede quasi sempre sacrifici e comporta quasi sempre una certa dose di inquinamento. È per questo che la domanda dovrebbe essere posta in modo diverso: quali costi e quali rischi dobbiamo essere disposti ad accettare? Cosa dovremmo temere di più: l’inevitabile cambiamento climatico globale o i pericoli locali della possibile fusione di un nocciolo? Le preoccupazioni relative all’energia nucleare sono fondate. Ma sono sufficienti a giustificare l’eliminazione totale di questa tecnologia visti i pericoli legati alla crisi climatica?
Neutroni veloci
John Gilleland è a capo del settore tecnico di TerraPower, I ‘azienda finanziata da Bill Gates. Da tempo è un’autorità nel settore energetico statunitense. Gilleland ha lavorato con l’eolico e il solare e ha gestito centrali idroelettriche, oltre ad aver lavorato sulle celle a combustibile e sui reattori a fusione nucleare. Oggi, arrivato al termine della carriera, ha deciso di unire le forze con Gates. Il percorso che ha portato a questa collaborazione è piuttosto interessante.
“Quando è stata fondata la TerraPower, non c’era ancora I’intenzione di concentrarsi sull’energia nucleare”, racconta Gilleland. “Bill cercava un modo di strappare un miliardo di persone alla povertà energetica e contemporaneamente decarbonizzare il mondo”. Gates e la sua squadra hanno analizzato diverse opzioni, spiega Gilleland, “e alla fine abbiamo stabilito che il nucleare era parte essenziale di ciò di cui il mondo aveva bisogno. Non conosco altre soluzioni. Se ce ne fossero, le staremmo mettendo in pratica qui
A Bellevue, gli ingegneri di TerraPower stanno sviluppando due diversi tipi di reattori di quarta generazione. Se i progetti che stanno sviluppando nel retro dell’anonimo edificio di Eastgate Way funzioneranno, il problema energetico che affligge la civiltà umana potrebbe essere risolto per sempre. Entrambi i progetti di TerraPower sono reattori a neutroni veloci, Questo significa che i neutroni liberati durante la fissione non vengono rallentati. I neutroni contengono livelli di energia più elevati e dunque sono capaci di scindere anche l’uranio delle barre di combustibile usate, risolvendo potenzialmente il problema delle scorie. Questi reattori possono usare anche il materiale impiegato per la fabbricazione di armi, come l’uranio 235 e il plutonio, e potrebbero quindi contribuire al disarmo.
Inoltre il rendimento dei reattori a neutroni veloci è circa cinquanta volte superiore a quello dei reattori tradizionali. I nuovi reattori possono estrarre il 95 per cento dell’energia contenuta nei materiali fissili, contro appena il 5 per cento di quelli attualmente in uso. Un ulteriore vantaggio è che i reattori a neutroni veloci creano nuovo materiale fissile, che può essere usato per produrre altra energia.
Ma le loro temperature di funzionamento possono raggiungere i mille gradi, e per il raffreddamento è necessario usare il sodio liquido o il sale fuso, materiali che possono presentare dei rischi. Inoltre questi reattori producono plutonio, che dev’essere poi riciclato in appositi impianti ma può anche essere facilmente usato per costruire armi. Finora sono stati costruiti solo 19 reattori a neutroni veloci, e appena cinque sono ancora in funzione in Russia, uno in Cina e uno in India.
Gli ingegneri della TerraPower stanno cercando un modo per migliorare ancora il modello a neutroni veloci. La prima idea si chiama Traveling Wave Reactor. In questo reattore il materiale fissile nel nocciolo viene consumato dall’interno verso I’esterno, ma prima che il processo si esaurisca le barre di combustibile vengono automaticamente riposizionate spostando il materiale più radioattivo al centro del nocciolo. In questo modo la reazione può continuare. Il processo può andare avanti per decenni senza bisogno di combustibile, e non produce scorie estremamente pericolose.
“Non abbiamo bisogno di impianti di riciclo. Col tempo anche gli impianti per l’arricchimento saranno inutili, e alla fine l’arricchimento dell’uranio sarà superfluo”, spiega Gilleland, sottolineando che anche i rischi legati alla proliferazione degli armamenti saranno superati. “Il luogo migliore per conservare il plutonio è all’interno del reattore. Da li nessuno può rubarlo”.
Il secondo progetto della TerraPower, il reattore rapido a cloruro fuso, non prevede nemmeno l’uso di barre di combustibile. I sali di uranio fiso servono da materiale fissile, e il sale è usato anche come mezzo di raffreddamento. Al pari del Traveling Wave Reactor, it reattore rapido a cloruro fuso è considerato “intrinsecamente sicuro”, nel senso che è progettato per spegnersi automaticamente se qualcosa dovesse andare storto. “Questi impianti consentono di produrre enormi quantità di energia senza emettere anidride carbonica in uno spazio estremamente ridotto”, sottolinea Glleland. “Non avrei problemi se i miei nipoti vivessero dietro I’angolo”.
Gilleland è convinto che i reattori rapidi della TerraPower potrebbero far parte della combinazione di fonti di energia entro il 2035. La possibilità che la sua previsione si avveri, però, non dipende solo dall’abilità degli ingegneri e dal sostegno dei finanziatori. L’azienda aveva già raggiunto un accordo con la Cina per la costruzione del primo Traveling Wave Reactor. Poi però il presidente statunitense Donald Trump ha deciso di scatenare una guerra commerciale con Pechino. Da allora il settore nucleare ha dovuto piegarsi al comandamento “prima l’America”.
“Non parliamo più con la Cina”, ammette Gilleland con un certo disappunto. Ora pensiamo a cosa possiamo costruire negli Stati Uniti “.