MARC-OLIVIER PADIS Alle radici della rabbia

[Da «Eurozine» (Austria), tradotto da «Internazionale», 1290, 18 gennaio 2019]

È difficile descrivere un movimento poco esteso (circa 350mila persone al culmine della mobilitazione) sparpagliato su tutto il territorio nazionale. I suoi interventi, spesso confusi, mescolano rivendicazioni poco coerenti (meno tasse e più servizi pubblici). Secondo uno studio realizzato alla fine di novembre da un gruppo di ricercatori universitari nelle città di Bordeaux, Marsiglia, Caen, Rennes, Montpellier, e Grenoble, su un campione limitato, emerge che gira e gialli sono soprattutto persone che lavorano o hanno lavorato, appartenenti alla classe operaia o alle classi medio-basse. La categoria sociale più rappresentata è quella degli impiegati (45 per cento) nettamente più numerosi degli operai (11 per cento). Altrettanto rappresentato e il gruppo degli artigiani, dei commercianti e dei piccoli imprenditori. I pensionati costituiscono un quarto dei gilet gialli.

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Gilet (gialli)

È falso affermare, come fanno alcuni, che il movimento dei gilet gialli è intrinsecamente fascista. Il fascismo organizza in modo spesso molto disciplinato, se non militarizzato, motivi identitari, nazionali o razziali. Nell’attuale rivolta non organizzata, e di conseguenza individualista, ci sono persone di ogni genere, che svolgono lavori diversi, che spesso pensano di essere democratiche, che fanno appello alle leggi della repubblica. Le convinzioni propriamente politiche della maggior parte di loro sono in realtà piuttosto ondivaghe.
Alain Badiou, Cosa manca ai gilet gialli, «L’autre quotidien», tradotto da «Internazionale», 22 marzo 2019

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Marc-Olivier Padis, Alle radici della rabbia, «Eurozine», tradotto da «Internazionale», 18 gennaio 2019
«Gilet gialli: la vittoria dei vinti». Intervista a Edwy Plenel, «Micromega», 2 aprile 2019