Straniamento

Lo straniamento mostra come strano un fenomeno normale, presentandolo da un’ottica inedita. Lo straniamento, presentando le cose da un punto di vista non comune, costringe a riflettere su di esse e dunque può sospendere il meccanismo di identificazione del lettore (o, in teatro, dello spettatore) con la vicenda e indurlo a un atteggiamento critico. In quest’ultimo modo è impiegato nel teatro politico di Bertolt Brecht. In Verga l’artificio di straniamento si collega all’artificio di regressione: l’autore, persona colta, «regredisce» nel punto di vista di una voce ignorante. Così, non è l’autore, ma una voce narrante ignorante e superstiziosa a sostenere, all’inizio di Rosso Malpelo, che il protagonista era cattivo «perché aveva i capelli rossi»: questa, infatti, non può essere l’opinione di Giovanni Verga. Si apre in tal modo un divario fra punto di vista esplicito del narratore e punto di vista implicito dell’autore.
Da Luperini, Cataldi, «Liberi di interpretare»

Un buon esempio di straniamento in un romanzo italiano canonico è dato, nei Promessi sposi, dal primo ingresso di Renzo a Milano quando, nel capitolo XI. ignaro della rivolta, non riconosce gli oggetti familiari che, ai suoi occhi, si presentano strani e nuovi:

Andando avanti, senza saper cosa si pensare, vide per terra certe strisce bianche e soffici, come di neve; ma neve non poteva essere; che non viene a strisce, nè, per il solito, in quella stagione. Si chinò sur una di quelle, guardò, toccò, e trovò ch’era farina […]. Ma, dopo pochi altri passi, arrivato a fianco della colonna, vide, appiè di quella, qualcosa di più strano; vide sugli scalini del piedestallo certe cose sparse, che certamente non eran ciottoli, e se fossero state sul banco d’un fornaio, non si sarebbe esitato un momento a chiamarli pani.

Da Emanuele Zinato, Intrecci di voci. L’ambiguità polifonica come risorsa formativa, in Insegnare letteratura

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