Anche io ho fatto una scuola senza voti (a cui sono sopravvissuto): in terza elementare, al posto della solita pagella formato excel con la sfilza dei 10 (anche qualcosa di meno) mi sono visto recapitare una grossa scheda con dei giudizi scritti di suo pugno dalla maestra (unica), la quale, ne aveva ben donde, si lamentò di dover scrivere 25 giudizi diversi per 25 alunne e alunni ogni quadrimestre, e siccome era forte in matematica, aveva calcolato che in un curricolo di 5 anni sono 250 giudizi per complessive circa 1250 righe. La maestra fu colta alla sprovvista dalla circolare di Pedini e pensò, o forse questa era la prassi, che i giudizi dovessero essere originali, adattarsi alla specificità delle e degli alunni, oggi si direbbe performativi. Escludo che la circolare di Pedini parlasse di disagio, peraltro. Per come ricordo io la scuola e le riforme degli anni settanta, si trattava sostanzialmente di burocrazia. E la prova è che dopo pochissimi anni i giudizi diventarono standardizzati. Ma non si poteva fare copia-incolla e quindi necessariamente brevi: buono, ottimo, oppure mediocre, scarso e se andava bene, si impegnasse di più, una volta almeno ho letto ricco di fantasia. Nessun disagio, peraltro, la maggior parte dei prof delle medie scrivevano il voto, ops giudizio, sul loro registro e poi giravano pagina. Se ti azzardavi a chiedere quanto ho preso, ti rispondevano: vai avanti così o viceversa. Ora leggo di questa proposta che renderà la scuola più innovativa e amichevole, accorciando la distanza tra docenti e studenti (il modello è Ecce bombo, anche se qualcuno ci vuole infilare Mario Lodi), supportata da quiz e tutta una serie di giocattoli che si chiamano, nel gergo della malavita ministeriale, next generation punto qualcosa. Che invece sono, sotto la cover ammiccante, nient’altro che minestra riscaldata
Minestra riscaldata
