GIOVANNI VERGA Lettera a Salvatore Farina

Prefazione a «L’amante di Gramigna»

Caro Farina, eccoti non un racconto, ma l’abbozzo di un racconto. Esso almeno avrà il merito di essere brevissimo, e di esser storico – un documento umano, come dicono oggi – interessante forse per te, e per tutti coloro che studiano nel gran libro del cuore. Io te lo ripeterò così come l’ho raccolto pei viottoli dei campi, press’a poco colle medesime parole semplici e pittoresche della narrazione popolare, e tu veramente preferirai di trovarti faccia a faccia col fatto nudo e schietto, senza stare a cercarlo fra le linee del libro, attraverso la lente dello scrittore. Il semplice fatto umano farà pensare sempre; avrà sempre l’efficacia dell’essere stato, delle lagrime vere, delle febbri e delle sensazioni che sono passate per la carne. Il misterioso processo per cui le passioni si annodano Continua a leggere “GIOVANNI VERGA Lettera a Salvatore Farina”

Labor lime

«La solitudine del satiro», 8 marzo 2015

Cosa caratterizza la poesia di Orazio? Il labor lime. Era una specie di poeta del gelato.

Ho chiesto cosa consiglia Orazio a Taliarco.

Il migliore rimane quello che a Taliarco m’esce (deprome) un quartino di vino (quadrimum merum) dal frigo (frigus). D’altronde a casa mia escimi le melanzane dal frigo si diceva.

Orazio invita il suo amico Taliarco di cui però non siamo certi dell’esistenza ad ammirare il paesaggio e a lasciare tutto il resto agli dei.

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Ma però

Ascoltavo la mia prof preferita, quella di lettere. Stava spiegando che non si dice ma però, ma neanche ma d’altra parte. Sono pleonasmi, allungano il discorso, e continuava a parlare, parlare e io pensavo che aveva ragione ma però d’altra parte contemporaneamente d’altronde, per spiegarci di non farla lunga la stava facendo lunghissima, ma però non se ne accorgeva.
Da Stefano Benni, Margherita Dolcevita

L’incontro delle due congiunzioni ma però non è da condannare, a dispetto di quanta sostenuto da una certa tradizione grammaticale e spesso dall’educazione scolastica. L’obiezione all’uso di ma però si fonda sull’idea che ci sia una ripetizione dello stesso concetto, e può essere accolta solo in funzione di uno stile ricercato che si fondi sulla perfetta calibratura delle parti. Continua a leggere “Ma però”

GUITTONE D’AREZZO Ahi lasso, or è stagion de doler tanto

Ahi lasso, or è stagion de doler tanto
a ciascun om che ben ama Ragione,
ch’eo meraviglio u’ trova guerigione,
ca morto no l’ha già corrotto e pianto,
vedendo l’alta Fior sempre granata
e l’onorato antico uso romano
ch’a certo pèr, crudel forte villano,
s’avaccio ella no è ricoverata:
ché l’onorata sua ricca grandezza
e ’l pregio quasi è già tutto perito
e lo valor e ’l poder si desvia. Continua a leggere “GUITTONE D’AREZZO Ahi lasso, or è stagion de doler tanto”

ROSA LUXEMBURG Verso la catastrofe

(1918)

Il destino storico-militare si compie con logica implacabile. Il proletariato tedesco, che non ha cercato d’impedire la marcia del carro d’ assalto imperialista, viene ormai trascinato dall’imperialismo stesso ad abbattere il socialismo e la democrazia in tutta Europa. L’operaio tedesco calpesta le ossa dei proletari rivoluzionari russi e ucraini, baltici, finlandesi, l’esistenza nazionale dei Belgi, dei Polacchi, dei Lituani, dei Rumeni, la rovina economica della Francia, immerso nel sangue fino alle ginocchia, per piantare dappertutto la bandiera vittoriosa dell’imperialismo tedesco. Continua a leggere “ROSA LUXEMBURG Verso la catastrofe”

FRANCESCO GUCCINI Primavera ’59

Da «Stagioni» (2004)

La giapponese rise con i semi in mano
poi, con un gesto lieve, in aria li gettò,
al volo di piccioni che, planando piano,
con remiganti aperte al suolo si allargò.

La piazza di San Marco si fermò un istante,
Firenze, in primavera, quasi scomparì
e rimanesti solo, là, nell’inquietante
primavera dei vent’anni che nell’anima fiorì

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ANTONIO VIGILANTE La scuola italiana nello specchio di quella americana

[Da «MicroMega», 29 dicembre 2022]

Questo filosofo scrive su MicroMega e e finalmente fa un po’ di chiarezza nel groviglio delle idee su dove va la scuola. Ci informa che esistono due posizioni, da una parte ci sono i nipoti di Diui, di Don Milani, di Mario Lodi, di Danilo Dolci, e «in tempi più vicini di Gianfranco Zavalloni» (si è dimenticato di Rodari), i progressisti, quelli che la scuola «non lascia indietro nessuno», gli illuminati, dall’altra c’è la deriva antipedagogista degli insegnanti fermi al secolo scorso, cugini di Lucio Russo e di Paola Mastracola, quelli che la scuola è trasmettere, sorvegliare, punire, fare la lezione frontale e poi l’interrogazione e dare il voto, quello con il numero che crea disagio. In mezzo, forse, c’è l’Invalsi.

Sarebbe bello se sulla porta di ogni aula scolastica ci fosse scritto “Qui nessuno viene lasciato indietro”. Continua a leggere “ANTONIO VIGILANTE La scuola italiana nello specchio di quella americana”

Abbondanza

Vivere nell’abbondanza è una grande illusione della società dei consumi: il tanto non significa necessariamente bene e non ha niente a che vedere con l’umanità. L’abbondanza ci fa sprecare il cibo: oggi produciamo cibo per 12 miliardi di viventi, anche se non arriviamo nemmeno agli 8, questo significa che oltre il 30 per cento degli alimenti finisce per non essere mangiato. L’abbondanza ci fa pretendere che il cibo abbia un prezzo basso, non riconoscendo a chi quel cibo produce il giusto guadagno, e spesso sacrificando la sostenibilità, la comunità, la salute e il gusto in nome della convenienza. Paradossalmente, poi, l’abbondanza affama popoli in tutti i continenti Continua a leggere “Abbondanza”