Amore (fare l’)

Come molte danzatrici, Elokeshi aveva una bella voce e sapeva cantare antichi e raffinati thumri. Mentre lei canticchiava, Neel districava i tessuti, indugiando su ogni parte del corpo che le dita denudavano per i suoi occhi e le sue labbra: le caviglie energiche, arcuate, con le cavigliere tintinnanti, le cosce sinuose, temprate, la duna morbida del pube, la curva gentile del ventre e lo svettare dei seni. Poi, quando ogni brandello di stoffa era stato rimosso, ricominciavano, in una rinnovata esplosione d’amore, lunga, languida e durevole.
Amitav Ghosh, Mare di papaveri

Forse ci consolava far l’amore
Ma precari in quel senso si era già
Un buco da un amico un letto a ore
Su cui passava tutta la città
L’amore fatto alla boia di un Giuda
E al freddo in quella stanza di altri e spoglia
Vederti o non vederti tutta nuda
Era un fatto di clima e non di voglia.
Francesco Guccini, Eskimo

Questa scritta in gesso, molto interessante: «Paolo fa l’amore con Maria», allude ai rapporti sessuali tra la giovinetta Paolo e il suo spasimante Maria. La parola «amore» una delle poche che conosciamo, lo rivela. È certo che con questa parola indicassero un rapporto che ci è difficile oggi capire nel suo vero senso consumistico. Essi, gli autoctoni la natura – seppur avendola rozzamente dominata – dalla visione della vita: la consumavano soltanto. E questo spiega come la loro rappresentazione artistica, davvero povera, fosse limitata al corpo umano, che glorificavano come sorgente di piacere e di felicità.
Ennio Flaiano, Altre ombre sparse, in Le ombre bianche

Ma ho visto anche degli zingari felici
corrersi dietro, far l’amore
e rotolarsi per terra,
ho visto anche degli zingari felici
in Piazza Maggiore
ubriacarsi di luna, di vendetta e di guerra.
Claudio Lolli, Ho visto anche degli zingari felici

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