Da Poemi tragici, 1908
I
Anima crepuscolare,
vogliamo noi cantare
ancora un leggiadro poema
sempre sul vecchio sistema?
Tu che ancor oggi ti bèi
d’un tuo fermentoso idromèle,
né sazia ancora ne sei,
e accendi sempre candele
a piccoli dèmoni e a piccoli dèi
che ancora (vecchi istrioni
dei vecchi
buffoni
del mondo) s’accivettano negli specchi
come azzimati plebei –
di’ non ti sembra l’ora
di tirar loro gli orecchi
mandandoli alla malora?
II
Anima, son troppo stanco
per fare una tua poesia.
Tu senti che invano m’arranco
con l’ali della fantasia.
Sono stanco?! di che? Non lo so: d’ogni cosa,
forse. Mi sembra che tutto sia vecchio,
che tutto si muova in un’aria nebbiosa
con una lentezza noiosa,
e ch’ogni cosa riflessa mi sia
con indifferenza penosa
nell’anima mia
immobile come uno specchio
coperto da un velo di polvere grigia…
Ed io sul grigio mio specchio
spesso mi son divertito
a disegnar con un dito
qualche fantoccio vecchio.
Che m’importava se c’era
chi urlava morendo di fame?
Non bastava alla turba infame
ch’io iniziassi un’altr’era?!
III
Ora è tutt’altra cosa:
m’è grato ogni dì contemplare
nella psiche polverosa
il lungo sbadigliare
dell’anima mia accidiosa.
Or nello specchio la mia macabra effigie
io guardo, ridendo, e il mio maledetto giallore
passar tra le immagini vane
del mondo e tra il batter dell’ore.
Ora il mio cuore, servile
più del cuore d’un re,
spesso si torce in suo riso scurrile
udendo il latrare d’un cane:
Perché perché perché
dev’essere il mondo qual è?
IV
Ma che importa se c’è
chi urla morendo di fame?
Che frughi nel grasso letame
gli avanzi dei preti e dei re!
L’anime nostre sono
un grande sistema di specchi.
Imbambolati a un frastuono
che ci dirompe gli orecchi,
noi vi guardiamo dentro
volgendo le spalle alla vita –
superbi di stare al centro
d’una Stonatura Infinita.
V
Anima, sei già stanca
di far questa mia poesia?
O la forza ti manca
per vincere la nostalgia?
Certo mi fai sogghignare
se credi che la tua cantata
non faccia proprio pensare
a nessuna canzone passata…
Pensa nello spasimo orgiastico
al Nil sub sole novi
e credi a me: il rimastico
lento degli umili bovi
è giusto che più giovi
del tuo ruminare fantastico.
Anima – piccolo specchio –
io sono già stanco di tutto;
mi sembra che tutto che tutto
sia vecchio sia vecchio sia vecchio.