Una prof di una scuola media di Firenze (della periferia) snocciola una serie di scemenze su Liliana Segre. Dice che non sopporta Liliana Segre, che cerca solo pubblicità (ma anche: guardatevi da questi personaggi). Dice che suo nonno è stato in campo di concentramento ma non è andato a dirlo a tutti. Dice che però non sono nazista o antisemita. I reati contestati: apologia, negazionismo, vilipendio della memoria dei campi di sterminio. Probabilmente incitamento all’odio razziale. Possibili sanzioni. Non è solo uno scivolone lessicale. Non può insegnare. La ministra Azzolina si aspetta che il gesto venga verificato e valutato con la massima attenzione. Tutto giusto. Ma.
Primo: la libertà di espressione, per gli insegnanti, ha ovviamente dei limiti, che io personalmente osservo molto scrupolosamente. Ma quali limiti? Salvini non può essere paragonato a Hitler se è in carica un governo di destra. Poi, naturalmente, il governo non di destra che succede al governo di destra non si spenderà per annullare la sanzione alla prof, di sinistra, i cui alunni hanno paragonato Salvini a Hitler, ma questa è un’altra storia.
Secondo: ciò che dice la professoressa della scuola media della periferia di Firenze è aberrante. Ma è anche pericoloso per la memoria? O è più pericoloso chiudere la memoria in un orticello circondato dal filo spinato? Nel caso specifico, contro gli esigui argomenti della professoressa della scuola media della periferia di Firenze, la memoria non avrebbe argomenti validi da opporre?
E ancora: perché solo la memoria dei campi di sterminio è da salvaguardare mentre per tutte le altre memorie non solo il relativismo è permesso, ma in qualche caso addirittura incoraggiato?
E infine: le riforme della scuola (ebbene sì, le benedette riforme) da Berlinguer in poi hanno un comune denominatore: appiattire, con l’affossamento delle conoscenze, il senso critico degli studenti. In cambio gli diamo le verità ufficiali, sulle quali non è necessario ragionare.