Lasciamoli lavorare (14)

Una riforma no. Ma un grande piano strategico sì. Con 11 priorità: dall’edilizia scolastica allo sport, passando attraverso ridefinizione dell’alternanza scuola lavoro, diritto allo studio, reclutamento, valutazione, trasparenza, inclusione e dispersione scolastica. Tante buone parole: ampliamento, miglioramento, valorizzazione, prevenzione, coesione, garantire e accrescere, capitale umano (con particolare riferimento al), qualità ed efficacia, semplificazione, trasparenza. È la lingua del Miur. Stendere un bello strato di zucchero al velo su una torta piena di buchi.

L’edilizia scolastica, per esempio: «Mettere in sicurezza gli istituti scolastici con un piano pluriennale di investimenti». La lotta alla dispersione scolastica: «Incremento e arricchimento dell’offerta formativa, più tempo scuola saranno le chiavi per il contrasto della dispersione scolastica». Reclutamento: «Docenti più giovani e sempre aggiornati». E via discorrendo.

Ma il nocciolo dell’atto di indirizzo è duramente tecnocratico: per fare un esempio la filosofia dell’alternanza scuola lavoro, ridimensionata dalla legge di bilancio per esigenze di cassa, e rinominata percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento per esigenze di maquillage politico, non viene messa in discussione: «Tenere conto del ruolo strategico che l’apprendimento orientato al lavoro ha assunto nelle Raccomandazioni europee in materia di istruzione e formazione, nell’ambito degli obiettivi di Europa 2020, anche al fine di un incremento dell’occupabilità dei giovani mediante più alti standard di formazione».

Occupabilità non piace al correttore. Ma, anche se, il vocabolario la riporta come neologismo, rimane una parola orrenda, soprattutto per i suoi risvolti neoliberisti. Secondo Treccani «indica la capacità delle persone di essere occupate o di saper cercare attivamente, di trovare e di mantenere un lavoro: la o. si riferisce dunque all’abilità di ottenere un impiego (un primo o un nuovo impiego) quando necessario, effettuando transizioni da una condizione di non lavoro o da una precedente, diversa occupazione».

La semplificazione del Testo unico è nascosta in un punto che riguarda la formazione del personale. Le norme sono troppe: sfrondare. Su dove cominciare c’è l’imbarazzo della scelta: consiglio di istituto, collegio docenti, consigli di classe. Alla voce reclutamento si promette, un po’ tra le righe, l’abolizione del precariato. Naturalmente, sono stato quelli che c’erano prima a ingrossare il precariato: «Si lavorerà a un nuovo sistema di reclutamento, che superi i meccanismi che in questi anni hanno portato a un precariato diffuso». L’Invalsi, non nominato esplicitamente, rimane in piedi. L’educazione civica, invece, è passata di moda insieme al crocifisso, al contratto dei docenti, all’abolizione di tutte le odiose norme della 107. In compenso: più sport per tutti e spezzeremo le reni a Malta.

Il testo dell’Atto di indirizzo

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