Da «Diario di scuola», pp. 109-10
Un gesto affettuoso che si può fare anche a distanza, l’appello. Rispetto al racconto di Pennac la voce degli studenti e del prof, quando dicono «presente», potrebbe risultare leggermente metallica
lo e miei studenti facevamo un giochetto. lo dicevo il loro nome, loro rispondevano. E io ripetevo il loro «presente» a mezza voce, ma con lo stesso tono, come un’eco lontana:
«Manuel?».
«Presente».
«“Presente”. Laetitia?».
«Presente!».
«“Presente”. Victor?».
«Presente!».
«“Presente”. Carole?».
«Presente!».
«“Presente”. Rémi?».
Imitavo il «Presente» trattenuto di Manuel, il «Presente» nitido di Laetitia, il «Presente» vigoroso di Victor, il «Presente» cristallino di Carole… Ero la loro eco mattutina. Alcuni si sforzavano di rendere la propria voce il più opaca possibile, altri si divertivano a cambiare intonazione per stupirmi, oppure rispondevano «Sì», o «Ci sono» o «Eccolo». Ripetevo sottovoce la risposta, quale che fosse, senza manifestare alcuna sorpresa. Era il nostro momento di connivenza, il saluto mattutino di una squadra che stava per mettersi al lavoro.