Intanto l’innominato, ritto sulla porta del castello, guardava in giù; e vedeva la bussola venir passo passo, come prima la carrozza, e avanti, a una distanza che cresceva ogni momento, salir di corsa il Nibbio. Quando questo fu in cima, il signore gli accennò che lo seguisse; e andò con lui in una stanza del castello.
«Ebbene?» disse, fermandosi lì.
«Tutto a un puntino» rispose, inchinandosi, il Nibbio: «l’avviso a tempo, la donna a tempo, nessuno sul luogo, un urlo solo, nessuno comparso, il cocchiere pronto, i cavalli bravi, nessun incontro: ma…»
«Ma che?»
«Ma… dico il vero, che avrei avuto più piacere che l’ordine fosse stato di darle una schioppettata nella schiena, senza sentirla parlare, senza vederla in viso».
«Cosa? cosa? che vuoi tu dire?»
«Voglio dire che tutto quel tempo, tutto quel tempo… M’ha fatto troppa compassione».
«Compassione! Che sai tu di compassione? Cos’è la compassione?»
«Non l’ho mai capito così bene come questa volta: è una storia la compassione un poco come la paura: se uno la lascia prender possesso, non è più uomo».
Alessandro Manzoni, I promessi sposi, cap. XXI