«L’Essenziale», 20 novembre 2021
La situazione a Roma il giorno dopo l’insediamento del nuovo sindaco Roberto Gualtieri.
Il nuovo sindaco di Roma Roberto Gualtieri, del Partito democratico, lo ha promesso all’indomani della sua elezione a metà ottobre: la città sarà pulita entro Natale. Ha quindi avviato un piano straordinario di rimozione dei rifiuti, di cura del verde pubblico e di pulitura delle ceditoie stradali, impiegando risorse per 40 milioni di euro. Ma i risultati stentano a vedersi. La situazione nelle vie della capitale, dove ancora ci sono mucchi di spazzatura accanto ai cassonetti, rafforza la sensazione diffusa di trovarsi di fronte alla solita cronica emergenza.
Il nodo della questione è più a monte: i cassonetti colmi di spazzatura sono il terminale ultimo di un sistema che non funziona e richiederebbe interventi strutturali: «I cittadini vedono l’immondizia per strada e danno addosso ad Ama, ma il problema sono gli impianti. La spazzatura spesso non si raccoglie perché non si sa dove portarla», dice una fonte interna all’Ama […].
Nessuna discarica
Dalla chiusura della discarica di Malagrotta, nell’ottobre del 2013, Roma non è riuscita di dotarsi di impianti per lo smaltimento dei rifiuti indifferenziati. La spazzatura che non è inserita nei circuiti della raccolta differenziata dev’essere portata agli impianti di trattamento meccanico-biologico (tmb), che separano le frazioni umida e secca e creano altri materiali da smaltire. Questi materiali sono la cosiddetta frazione organica stabilizzata (fos) da mandare in discarica o il combustibile solido secondario (css), da avviare a incenerimento.
Il problema è che nell’area metropolitana di Roma non esiste né una discarica di servizio né un termovalorizzatore, cioè un inceneritore che converte in energia il calore generato dalla combustione dei rifiuti. E così da anni i rifiuti romani vagano per la regione e, in mancanza di impianti regionali, per l’Italia e per l’Europa. Secondo l’ultimo rapporto Ispra pubblicato nel 2020, il Lazio nel 2019 ha mandato fuori regione 461mila tonnellate di rifiuti, di questi 175mila sono andati in discarica […]. Una parte è stata esportata all’estero, in particolare in Slovacchia, Danimarca, Ungheria, Portogallo, Germania e Repubblica Ceca.
Questo invio di rifiuti fuori regione rappresenta un enorme onere ambientale ed economico. Migliaia di tir partono ogni giorno, producendo inquinamento ed emissioni di gas ad effetto serra. Il Lazio è la seconda regione d’Italia con il più alto costo di gestione pro capite dei rifiuti urbani all’anno, pari a 221,30 euro per abitante a fronte di una media nazionale di circa 175 euro. Solo la Liguria ha un costo più alto.
Senza interventi strutturali la situazione rischia di esplodere, anche perché il numero di impianti disponibili è in costante diminuzione: al momento in regione sono operative solo due discariche, a Civitavecchia (in via di chiusura) e a Viterbo. L’unico termovalorizzatore in funzione è quello di San Vittore, in provincia di Frosinone. Lanciando il suo piano straordinario e la promessa della pulizia natalizia, Gualtieri ha potuto fare solo quello che ha fatto ripetutamente l’amministrazione di Virginia Raggi durante il suo mandato (2016-2021): cercare accordi per portare i residui fuori regione. Gran parte dei rifiuti romani finiranno quindi a Mantova e Livorno.
Un sistema arcaico
Ma si tratta di soluzioni-tampone. Il punto cruciale è: come intervenire per invertire quella tendenza che, nel settembre scorso, ha fatto guadagnare a Roma il poco invidiabile primato di città più sporca del mondo, secondo un sondaggio tra i lettori dalla rivista britannica TimeOut? In un’audizione alla commissione bicamerale sugli illeciti ambientali, già nel 2016 l’allora amministratore delegato dell’Ama Daniele Fortini definiva il ciclo dei rifiuti romano arcaico.
«Si tratta di un sistema tutto improntato sulla generazione di rifiuti da rifiuti», ha detto in quell’occasione il manager, auspicando l’aumento della differenziata e la creazione di stabilimenti per trasformare la spazzatura da problema a risorsa.
Il nuovo Piano regionale la gestione dei rifiuti, approvato nel 2020, sembra seguire questa strada: indica una prospettiva di aumento della differenziata al 70 per cento entro il 2025 e la costruzione di impianti di seconda generazione che dovrebbero trattare i rifiuti creando «materie prime secondarie», a differenza di quanto fanno i tmb. L’obiettivo è coerente con la strategia “rifiuti zero che prevede la totale scomparsa entro il 2035 di inceneritori e discariche in un’ottica di economia circolare. Ma oggi la raccolta differenziata in regione è al 52 per cento. Nel comune di Roma è al 45 cento.
Nuovi impianti
Alcuni progetti vanno nella direzione auspicata da] piano. Uno prevede la realizzazione di una fabbrica di materiali secondari a Colleferro, là dove sorge una discarica chiusa e due inceneritori non più operativi. Un altro la costruzione di due impianti di trattamento dell’umido a Cesano e Casal Salce, per smaltire il rifiuto urbano biodegradabile all’interno della regione (oggi la gran parte viene inviata a Pordenone e a Padova). C’è poi l’idea di trasformare I’area tmb Salario, chiuso dal dicembre 2018 per un incendio, in una cittadella dell’ecosostenibilità.
Ma l’orizzonte temporale medio-lungo di questi progetti non coincide con le aspettative dei cittadini romani. Tutti sanno che nell’ immediato sarà necessario realizzare una discarica per i residui dei rifiuti romani mandati ai tmb. Tuttavia, alla sola idea di ospitarne una, le persone che vivono nelle aree interessate insorgono. La sfida del nuovo sindaco è individuare uno o più siti e convincere le persone che abitano nelle vicinanze che si tratta di un’opera necessaria, coinvolgendole nel processo decisionale come si è fatto con successo in altre zone d’Italia.