VALERIO DE MOLLI La scuola è la grande priorità per tornare a crescere, andiamo oltre i banchi a rotelle

[Huffington Post, 7 ottobre 2020]

Oggi l’analfabetismo funzionale è forse la più grande emergenza dell’Italia. Da decenni siamo prigionieri di un “circolo vizioso” – alimentato appunto dall’analfabetismo funzionale – che non ci permette di realizzare i cambiamenti strutturali di cui il Paese ha bisogno.

Per analfabetismo funzionale intendiamo l’incapacità di usare in modo efficace le abilità di lettura, scrittura e calcolo nelle situazioni della vita quotidiana. Si traduce, in pratica, nell’incapacità di comprendere, valutare e usare le informazioni che riguardano l’attuale società.

L’Italia è quarta tra i Paesi OCSE per la maggiore incidenza di adulti con problemi di corretta comprensione delle informazioni ed è tra i Paesi OCSE quello con la più alta incidenza di popolazione adulta senza istruzione secondaria superiore, pari al 28% nella fascia di età 25-34 anni (rispetto a una media OCSE del 15%) e al 72% nella fascia di età 55-65 anni (rispetto a una media OCSE del 35%).

Una ragione di questa performance dell’Italia risiede nelle criticità strutturali e nelle lacune di insegnamento del sistema scolastico nazionali, ascrivibili a cinque macro-ambiti:

  1. Dal 2011 l’Italia spende ogni anno per tutti i gradi di istruzione solo €66 mld (ultima tra i Paesi UE per incidenza sulla spesa pubblica totale, 7,9%), pari al 3,8% del PIL nazionale;
  2. Il legame tra scuola e lavoro è frenato dalla ridotta qualità dell’offerta formativa degli istituti professionali, che non si sono sviluppati come luoghi di specializzazione professionale;
  3. Le modalità di insegnamento non sono state adeguate ai nuovi mezzi di comunicazione digitali, né sono state aggiornate le competenze digitali degli insegnanti;
  4. La didattica è strutturata senza collegamenti con materie trasversali e interdisciplinari utili per l’ingresso degli studenti nel mondo del lavoro o nell’istruzione universitaria;
  5. Nella scuola italiana hanno un ruolo ancora marginale discipline-chiave per la formazione personale e la crescita professionale dei giovani come geopolitica, economia, informatica ed educazione civica.

Un altro aspetto che ha ricadute sul sistema scolastico a livello nazionale è la sua dotazione a livello di edifici. Questo tema è tornato di attualità purtroppo solo negli ultimi mesi, relativamente all’esigenza di far fronte a nuovi standard di sicurezza a causa della situazione legata al Covid-19. Gli edifici scolastici in Italia richiedono interventi di sicurezza e manutenzione, oltre a nuovi layout per lo svolgimento dell’insegnamento.

Su oltre 40mila edifici scolastici attivi in Italia (di cui circa 18mila situati nel Mezzogiorno):

  • il 55% è stato costruito prima dell’emanazione delle norme antisismiche (1974);
  • il 43% è situato in zone ad alto rischio sismico (1 e 2);
  • il 46,2% non possiede il certificato di collaudo statico;
  • il 75,5% non possiede il certificato di prevenzione incendi;
  • il 61% non possiede il certificato di agibilità/abitabilità;
  • il 10% ha adottato accorgimenti specifici per la protezione dai rumori (isolamento acustico);
  • al contrario, il 25,5% non è ancora stato dotato di accorgimenti specifici per il superamento delle barriere architettoniche.

Negli ultimi 30 anni sono stati costruiti solo 6.000 edifici scolastici.

Un altro aspetto da migliorare è legato al livello di dotazione di tecnologie per l’insegnamento. Solo il 7% delle scuole primarie in Italia è dotato di una connessione WiFi o via cavo, la percentuale sale al 10% per la scuola secondaria di I grado e a circa il 24% nella scuola secondaria di II grado. Inoltre, in tutti e tre gli ordini di scuole, i pc e i tablet a disposizione in ogni classe sono ancora sotto all’unità (Fonte: elaborazione The European House – Ambrosetti su dati ANCE e Anagrafe dell’Edilizia Scolastica, 2020).

Restano, a livello di Sistema – Paese, altri aspetti da migliorare:

  • si evidenziano alcuni disagi legati al contesto familiare e sociale delle classi più deboli; tale situazione è ancora più critica se si considera che 7 genitori su 10 devono assistere i propri figli nello smart learning (soprattutto nel caso dei più giovani), aumentando la difficoltà per i genitori di coniugare la vita lavorativa con quella familiare;
  • infine, le infrastrutture tecnologiche (rete Internet) e gli strumenti a disposizione (pc, laptop e smartphone) spesso non sono in numero sufficiente all’interno del nucleo familiare e contribuiscono a creare un gap nell’apprendimento degli studenti. L’Italia si posiziona in 25° posizione in Europa per quanto riguarda la digitalizzazione del Paese.

Ancora oggi la digitalizzazione rappresenta un punto di attenzione per il Sistema Italia, che si posiziona tra gli ultimi Paesi nell’UE nel Digital Economy and Society Index (DESI), calcolato ogni anno dalla Commissione Europea, classificandosi in quartultima posizione, davanti a Bulgaria, Grecia e Romania.

Come The European House – Ambrosetti abbiamo elaborato 5 proposte per riformare il sistema scolastico italiano:

  1. Prevedere più spazio per le discipline-chiave per la formazione personale e la crescita professionale dei giovani (come geopolitica, fondamenti di economia ed educazione finanziaria, elementi di diritto pubblico, informatica, problem solving, coding, lingue emergenti ed educazione civica e ambientale), anche sull’esempio di altri Paesi europei. La definizione dei contenuti dei nuovi curricula, con l’integrazione di materie rilevanti per l’epoca contemporanea, dovrebbe prevedere il coinvolgimento degli stakeholder esterni (come famiglie, imprese e terzo settore), così come l’inserimento di tali materie nei programmi scolastici dovrebbe basarsi su un bilanciamento tra quanto stabilito a livello centrale e quanto affidato all’autonomia del singolo istituto scolastico.
  2. Rafforzare i collegamenti con ambiti interdisciplinari, utili per il successivo ingresso degli studenti nel mondo del lavoro o all’istruzione universitaria.
  3. Rafforzare il ruolo degli Istituti Tecnici e Professionali Secondari focalizzandoli sui “mestieri del futuro” e investendo ulteriormente sul piano dell’immagine e dello sbocco occupazionale.
  4. Introdurre meccanismi premiali per gli insegnanti e i dirigenti scolastici secondo criteri meritocratici, per incentivare quanti lavorano e si impegnano di più (rivedendo quanto previsto dalla Legge 107/2015 – la c.d. “Buona Scuola” – ma secondo precisi parametri e abolendo la discrezionalità del dirigente scolastico nella suddivisione della somma stanziata dal Ministero dell’Istruzione).
  5. Investire nell’edilizia scolastica, in quanto la maggioranza degli edifici scolastici del Paese presenta numerosi problemi di natura strutturale (ad es., sicurezza delle strutture ed elevati costi di manutenzione, layout inadeguato rispetto ai nuovi metodi di insegnamento orientati alla interazione, alla multimedialità e alla multicanalità, sottoutilizzo degli spazi). Lo spazio della scuola è un fattore di successo della didattica: tenuto conto che la maggior parte degli edifici scolastici in Italia è stata costruita prima degli anni Settanta, occorre rimodellare gli ambienti scolastici (aule, corridoi, aree comuni, tecnologie utilizzate, etc.) secondo i nuovi modelli di apprendimento e in funzione del possibile utilizzo delle scuole per l’erogazione di corsi di educazione permanente per la popolazione adulta.

Negli ultimi decenni c’è stato un consenso trasversale da parte delle forze migliori e più informate del Paese sui mali che affliggono l’Italia: su questi problemi sono state più volte presentate proposte serie e risolutive che, proprio per la gravità dei problemi, sono per loro natura complesse e difficili da spiegare e, a volte, richiedono sacrifici di breve per avere i benefici di lungo.

L’incapacità di comprenderne i contenuti, la cronica visione di breve termine e il gioco politico (spesso attento solo al consenso immediato e a vincere la lotta per il potere) non hanno mai permesso di adottare o realizzare le proposte fatte.

Questo circolo vizioso deve essere interrotto, pena l’immobilità del Paese. Occorre quindi intervenire sull’analfabetismo funzionale dell’Italia con una grande operazione sull’educazione in generale e anche con riferimento a quella degli adulti.

Alla luce di quanto esposto sopra, si comprende bene l’assurdità di avere concentrato così tanta attenzione e risorse nell’ultimo periodo solo… sui banchi a rotelle.

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