Lo chiamavamo Keaton quel pianista
Naturalmente perché non sorrideva mai
Mentre noi ci ammazzavamo di risate
A vederlo come un parafulmine, dritto,
Contro un cielo di guai.
Guai di tasca, violoncello, guai d’amore,
Guai da vita distratta e disarmata,
Che ricamavano dentro al suo stupore
Una tela affascinante,
Ma un po’ troppo delicata.