Si distinguono due fasi storiche della colonizzazione europea: la prima che inizia all’alba del Cinquecento, con la scoperta dell’America e delle grandi vie marittime che dall’Europa conducono in India e in Cina, e termina tra il 1800 e il 1850, con la fine graduale della tratta atlantica e dello schiavismo. La seconda fase culmina invece negli anni compresi tra il 1900 e il 1940, e si conclude con la conquista dell’indipendenza degli ex possedimenti coloniali negli anni sessanta (o negli anni novanta, se includiamo nello schema coloniale il caso del Sudafrica con la fine dell’apartheid) del secolo scorso.
Continua a leggere “Colonialismo”Mese: dicembre 2021
WILFRED OWEN Dulce et decorum est
Piegati in due, come vecchi accattoni sotto sacchi,
con le ginocchia che si toccavano, tossendo come streghe, bestemmiavamo nel fango,
fin davanti ai bagliori spaventosi, dove ci voltavamo
e cominciavamo a trascinarci verso il nostro lontano riposo.
Uomini marciavano addormentati. Molti avevano perso i loro stivali
ma avanzavano con fatica, calzati di sangue. Tutti andavano avanti zoppi; tutti ciechi;
ubriachi di fatica; sordi anche ai sibili
di granate stanche, distanziate, che cadevano dietro.
MICHELE MARTELLI Dante totus politicus: la figura di Beatrice
[MicroMega, 9 dicembre 2021]
L’aspetto dominante e unificante della multiforme attività di Dante, intellettuale a tutto campo, è la sua passione politica e civile, riassumibile nella figura ideale di Beatrice.
Dante è stato un intellettuale a tutto campo: poeta, filosofo, profeta, amante dei classici antichi, studioso di retorica, metrica, eloquenza, teologia, cosmologia. I suoi scritti sono la summa della cultura del suo tempo. Ma c’è un aspetto dominante e unificante della sua multiforme attività? Sì, c’è, e a me sembra che sia la sua passione politica e civile, che, a dispetto delle apparenze, si può riassumere in Beatrice, figura ideale creata dalla fantasia del poeta, più che Beatrice Portinari, la giovane fiorentina omonima con cui Boccaccio l’ha identificata nel suo Trattatello.
Dunque, l’ipotesi interpretativa qui proposta è un Dante totus politicus. Regge?
ANGELO BRANDUARDI Vanità di vanità
Da «State buoni se potete» (1983)
Vai cercando qua, vai cercando là,
Ma quando la morte ti coglierà
Che ti resterà delle tue voglie?
Vanità di vanità.
Sei felice, sei, dei piaceri tuoi,
Godendo solo d’argento e d’oro,
Alla fine che ti resterà?
Vanità di vanità.
Vai cercando qua, vai cercando là,
Seguendo sempre felicità,
Sano, allegro e senza affanni…
Vanità di vanità.
Centro commerciale
Ogni tanto il centro commerciale tocca a tutti. Anche agli anticapitalisti.
Le regole di Internazionale
Oggi, in un centro commerciale normalmente affollato, qualche minuto prima delle ore una, i pagamenti elettronici hanno smesso «momentaneamente» di funzionare (un momento che è durato solo 20 minuti). Il collegamento è tornato mentre cominciavo a prendere appunti per il mio nuovo romanzo giallo.
Spoiler: l’assassino ero io.
FRANCESCO PETRARCA Benedetto sia ‘l giorno e ‘l mese e l’anno
Da «Rerum vulgarium fragmenta», 61
Benedetto sia ‘l giorno e ‘l mese e l’anno
e la stagione e ‘l tempo e l’ora e ‘l punto
e ‘l bel paese e ‘l loco ov’io fui giunto
da’ duo begli occhi che legato m’ànno;
e benedetto il primo dolce affanno
ch’i’ ebbi ad esser con Amor congiunto,
e l’arco e le saette ond’io fui punto,
e le piaghe che ‘nfin al cor mi vanno.
Benedette le voci tante ch’io
chiamando il nome de mia Donna ho sparte,
e i sospiri e le lagrime e ‘l desio;
ALESSANDRO MANZONI La gioia serena del perdono
Da «I promessi sposi», cap. 4
A mezzogiorno, il palazzo brulicava di signori d’ogni età e d’ogni sesso: era un girare, un rimescolarsi di gran cappe, d’alte penne, di durlindane pendenti, un moversi librato di gorgiere inamidate e crespe, uno strascico intralciato di rabescate zimarre. Le anticamere, il cortile e la strada formicolavan di servitori, di paggi, di bravi e di curiosi. Fra Cristoforo vide quell’apparecchio, ne indovinò il motivo, e provò un leggier turbamento; ma, dopo un istante, disse tra sé: «sta bene: l’ho ucciso in pubblico, alla presenza di tanti suoi nemici: quello fu scandalo, questa è riparazione». Così, con gli occhi bassi, col padre compagno al fianco, passò la porta di quella casa, attraversò il cortile, tra una folla che lo squadrava con una curiosità poco cerimoniosa; salì le scale, e, di mezzo all’altra folla signorile, che fece ala al suo passaggio, seguito da cento sguardi, giunse alla presenza del padron di casa; il quale, circondato da’ parenti più prossimi, stava ritto nel mezzo della sala, con lo sguardo a terra, e il mento in aria, impugnando, con la mano sinistra, il pomo della spada, e stringendo con la destra il bavero della cappa sul petto.
Continua a leggere “ALESSANDRO MANZONI La gioia serena del perdono”Sorrentino
Non sono d’accordo con la candidatura di «È stata la mano di Dio» di Sorrentino agli Oscar: è troppo divisivo.
Come tutti i film di maniera «È stata la mano di Dio» è un film medio (o mediocre), è pieno di virtuosismi anche virtuosi, strizza l’occhio ai tifosi di Maradona (ma è il motivo per cui per esempio non sono andato a vederlo al cinema preferendo, nella sala accanto, il leggermente insulso «La persona peggiore del mondo»). E invece i commenti sul film sono quasi tutti estremisti: «ho appena visto «È stata la mano di Dio» ed è semplicemente stupendo!!!!! (con tutti quei punti esclamativi) oppure «mi ha fatto veramente cacare», una noia mortale, andate tutti affanculo.
Continua a leggere “Sorrentino”STEFANO DISEGNI La vita in campagna
Sono scappato qua, in mezzo alla campagna
la salute ci guadagna
Annuso i rosmarini,
ascolto gli uccellini
ah… che pace che c’è
Quanta tranquillità in mezzo alla campagna
Arrostisco una castagna
giro vestito male,
mangio solo naturale
Ah… e alle cinque cè il te’
Oggi osservo l’airone reale,
domani faccio la foto al cinghiale,
dopodomani sento il suono del vento,
sì va bene sono tanto contento, però…
Schwa (e schwaisti)
In linguistica e fonologia, col termine scevà (dal tedesco Schwa, a sua volta dall’ebraico šěwā’) si designa una vocale centrale media, che nell’alfabeto fonetico internazionale viene indicata con il simbolo /ə/.
Amo lo schwa perché credo nel suo potere di far cadere la barriera linguistica di genere, rappresentando anche le persone che non si riconoscono nel binarismo di genere (e sono tante, più di quante crediamo). Una società che cambia e si evolve ha bisogno di una lingua che le vada dietro. Possiamo contribuire a farlo con una vocale in più.
Alice Orrù, copywriter e traduttrice con il pallino del linguaggio inclusivo