FRANCESCO GUCCINI La locomotiva

Da «Radici» (1972)

Non so che viso avesse, neppure come si chiamava,
Con che voce parlasse, con quale voce poi cantava,
Quanti anni avesse visto allora, di che colore i suoi capelli,
Ma nella fantasia ho l’immagine sua:
Gli eroi son tutti giovani e belli,
Gli eroi son tutti giovani e belli,
Gli eroi son tutti giovani e belli…

Conosco invece l’epoca dei fatti, qual era il suo mestiere:
I primi anni del secolo, macchinista, ferroviere,
I tempi in cui si cominciava la guerra santa dei pezzenti
Sembrava il treno anch’esso un mito di progresso
Lanciato sopra i continenti,
Lanciato sopra i continenti,
Lanciato sopra i continenti…

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Tagliola

Ordigno di metallo, a scatto, adoperato per la cattura a terra di animali selvatici, per lo più mammiferi: mettere la t.prendere con la t. una volpe, un coniglio selvatico, i merli. Tra i tipi di più largo uso: t. a tavoletta, adoperata per i topi; t. a uova, per prendere le faine; t. a palo, per gli uccelli rapaci; t. a molla, usata soprattutto per catturare volpi, lupi e altri grossi animali, costituita da due ganasce semicircolari internamente seghettate, tenute aperte, mettendo in tensione una robusta molla, da un opportuno fermo che la zampa dell’animale muove, provocando la chiusura a scatto della tagliola stessa. In Italia tali pratiche di cattura sono illegali.
Vocabolario Treccani

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EMILIO VILLA Quarantacinque

Stavano schiacciati sotto il portone come una pigna di sassi,
ma che bisognava ingozzarsi anche il fiato,
ma tenere ben bene l’odio stretto al pomo della gola
e ai fianchi, perché l’assalto all’ultima carovana
era da un momento all’altro, ancora poco, niente: un segnale,
all’altezza della pertica del trolley.
Ha strisciato sopra gli embrici una sirena lunga,
gli abbaini ne sapevano molto più degli altri:
mancava perfino la volontà di stare al mondo.
Ma poi frignava un fiato grigioverde,
da aperture filiture crepe saracinesche e compensati,
quando nel mattino colore d’erba ruta

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ANTON CECHOV La morte dell’impiegato

Una magnifica sera un non meno magnifico usciere, Ivàn Dmitric’ Cerviakòv, era seduto nella seconda fila di poltrone e seguiva col binoccolo “Le campane di Corneville”.
Guardava e si sentiva al colmo della beatitudine. Ma a un tratto… Nei racconti spesso s’incontra questo “a un tratto”. Gli autori han ragione: la vita è così piena d’imprevisti!
Ma a un tratto il suo viso fece una smorfia, gli occhi si stralunarono, il respiro gli si fermò… egli scostò dagli occhi il binoccolo, si china e… eccì!!! Aveva starnutito, come vedete.

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CARMEN CONSOLI Sintonia imperfetta

Quel pomeriggio si passava da un divano all’altro
qualunque frase era ingombrante in pieno agosto
io ti chiedevo più attenzioni e un minimo di slancio
mentre l’arrosto di tua madre mi rendeva omaggio

Ah voglio vivere così, col sole in fronte
l’amore ai tempi dei miei nonni era sognante

Ricordo come fosse ieri il nostro primo incontro
tu eri un po’ ubriaco e intento a fare colpo
Parlavi di finanziamenti a tasso agevolato
cessioni, transazioni e ahimè ricerche di mercato

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«Non è uccidendo una persona che la si fa riflettere»

Da La solitudine del satiro, 23 ottobre 2013

Tutti i temi sulla frase di Gino Strada cominciano dicendo che uccidere un uomo è sempre sbagliato, alla fine della prima colonna cominciano i distinguo, nella seconda si sentono i primi spari.

Alessio sostiene che «Tutti nella nostra vita abbiamo odiato talmente tanto qualcuno da volerlo uccidere».

Benedetta è l’unica che non ha ritrattato. Scrive: «Non è uccidendo una persona che la si fa riflettere».

La casistica secondo Valeria è limitata: si uccide in guerra o per follia. E «senza la guerra e la follia sarebbe un mondo monotono». Propone però di uccidere «con giusto criterio».

Ostriche

Io faccio smorfie ma… ma perché i miei denti cominciano a masticare? L’animale è schifoso, ripugnante, pauroso, ma io lo mangio, lo mangio con avidità, con la paura di scoprirne il gusto e l’odore. Un animale l’ho mangiato, e già vedo gli occhi lucenti di un secondo, di un terzo… Mangio anche questi… Infine mangio il tovagliolo, il piatto, le soprascarpe di mio padre, il cartello bianco… Mangio tutto quel che mi capita sotto gli occhi, perché sento che solo mangiando passerà il mio male. Le ostriche guardano con gli occhi in modo pauroso e sono ripugnanti, io tremo al pensiero di esse, ma voglio mangiare! Mangiare!
«Datemi ostriche! Datemi ostriche!» erompe dal mio petto un grido, e io tendo avanti le mani.

Anton Cechov, Le ostriche

EMILIO LUSSU Il generale Leone

Da «Un anno sull’altipiano», cap. 7

Il tenente generale comandante la divisione, ritenuto responsabile dell’abbandono ingiustificato di Monte Fior, fu silurato. In sua sostituzione, prese il comando della divisione il tenente generale Leone. L’ordine del giorno del comandante di corpo d’armata ce lo presentò «un soldato di provata fermezza e d’esperimentato ardimento». Io lo incontrai la prima volta a Monte Spill, nei pressi del comando di battaglione. Il suo ufficiale d’ordinanza mi disse che egli era il nuovo comandante la divisione ed io mi presentai.
Sull’attenti, io gli davo le novità del battaglione.
– Stia comodo, – mi disse il generale in tono corretto e autoritario.
– Dove ha fatto la guerra, finora?
– Sempre con la brigata, sul Carso.

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PIOTTA feat. IL MURO DEL CANTO 7 vizi Capitale

Nord, Sud, Ovest, Est, Roma è
Così grande che di notte ti prende, ti inghiotte
Fotte la mente, un gigante che ti culla
Tra le urla che non sente

Ti compra, ti vende, ti innalza, ti stende
Ti usa se serve, ti premia, ti perde
Chi parte, chi scende, chi bluffa, scala
Fredda come all’artico Sahara

Dentro alle coperte tue, questa notte che te non ci sei
Nuda come a Roma ed è così che ti vorrei
Che dal mare ripercorre il cielo come l’acqua e il fiume
Che paure non ne hai… avute mai

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