EMILIO VILLA Quarantacinque

Stavano schiacciati sotto il portone come una pigna di sassi,
ma che bisognava ingozzarsi anche il fiato,
ma tenere ben bene l’odio stretto al pomo della gola
e ai fianchi, perché l’assalto all’ultima carovana
era da un momento all’altro, ancora poco, niente: un segnale,
all’altezza della pertica del trolley.
Ha strisciato sopra gli embrici una sirena lunga,
gli abbaini ne sapevano molto più degli altri:
mancava perfino la volontà di stare al mondo.
Ma poi frignava un fiato grigioverde,
da aperture filiture crepe saracinesche e compensati,
quando nel mattino colore d’erba ruta

siamo andati di fuori a contare i primi morti, i cadaveri
borlati giù come birilli, come pere tocche: i cani
spenti tra un marciapiede e quello in faccia, con la schiena
sugli strisci dei battistrada e sopra la pollina
di cavallo, o con il ventre incollato sugli assiti:
un po’ di cervello sulla lamiera con i manifesti.

da aperture filiture crepe saracinesche e gelosie:
come una cesta piena di anguille matte
era la nostra simpatica città, e sordo agli spari
il nemico rotolava con la bava nera; cani
spenti sopra un marciapiede o quello di faccia,
i vetri sbarrati, e il solito cervello qua e là a pezzi e bocconi.

Ma un fiato frignava grigioverde, caro Mario,
da aperture filiture crepe saracinesche e dal tombino.
«Però non dalle ganasce inchiodate di quei porchi»
diceva uno della gap a un po’ di gente, e “tiratevi via,
non ci tirate fuori più neanche una parola dalla bocca,
né un argomento, né ragione, manco a tirarla col rampino”.

La sera che è venuta quella sera sui quadrelli
rossi delle macerie e vari caseggiati, un partigiano
della gap, un tipo evoluto, sanguinario e buono
aveva il braccio insecchito: sentì
ancora tre ariette di sudore sull’addome,
nell’erba dei capezzoli, e sotto il coppino,

e un fil di refe rosso, un filo di sangue dal costato:
la febbre grattava dove c’è la cintura di corame: era
«il grano profumato che verrà dall’URSS, in una volta
sola, una vera manifestazione» pensò, e chiuse gli occhi,
che erano già da spaccare col martello.

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