Da Alcuni romanzieri che ho conosciuto, in Lo spirito errabondo
Negli ultimi venticinque anni ho ospitato molta gente a casa mia, e a volte ho la tentazione di scrivere un saggio sugli ospiti. Ci sono quelli che non si chiudono mai la porta alle spalle e non spengono mai la luce quando escono da una stanza. Ci sono quelli che si gettano sul letto con gli stivali infangati per fare un sonnellino dopo pranzo, così il copriletto deve essere lavato dopo la loro partenza. Ci sono quelli che fumano a letto e lasciano bruciature sulle lenzuola. Ci sono quelli che sono a dieta e richiedono la preparazione di cibi particolari e quelli che aspettano che il loro bicchiere venga riempito di un vino pregiato fino all’orlo prima di dire: «No, grazie». Ci sono quelli che non rimettono mai a posto i libri che hanno letto e quelli che si portano via un volume di una serie e non lo restituiscono più. Ci sono gli ospiti che chiedono soldi in prestito prima di andarsene e non saldano il debito. Ci sono gli ospiti che non possono stare un minuto da soli e quelli che vengono presi dal desiderio di parlare proprio quando ti vedono assorto nella lettura del giornale. Ci sono gli ospiti che, dovunque siano, vorrebbero essere altrove e quelli che vogliono fare qualcosa da quando si alzano la mattina finché non vanno a dormire la sera. Ci sono gli ospiti che ti trattano come fossero i Gauleiter di una provincia appena conquistata. Ci sono gli ospiti che portano con sé biancheria sporca di tre settimane per farla lavare a tue spese e ci sono quelli che mandano i loro vestiti in tintoria e ti lasciano il conto da pagare. Ci sono gli ospiti che prendono tutto quello che possono e non danno nulla in cambio.
Ci sono anche gli ospiti che sono semplicemente felici di stare con chi li accoglie, che cercano di risultare gradevoli, che hanno risorse proprie, sono divertenti, amabili conversatori, pieni di interessi, portatori di allegria ed entusiasmo, che, in poche parole, danno ben più di quanto si possa sperare di restituire loro e le cui visite sono sempre troppo brevi.