[Alganews, 16 novembre 2018]
L’insegnante è entrata in classe alle ore 12 al cambio d’ora. Improvvisamente le luci si sono spente ed è incominciata la rabbia incontenibile, la sensazione dell’odio, una frustrazione che si è tramutata in pura violenza. Una violenza che ha portato l’insegnante ad essere trasportata all’Ospedale con una prognosi di 5 giorni. Per scoprire il colpevole sono intervenuti i Carabinieri, l’appello del preside che incitava il colpevole a farsi avanti e un’assemblea per discutere la ragione di comportamenti così brutali e disumani che accadono ormai giornalmente nelle nostre scuole. Il caso aveva scatenato polemiche a livello nazionale, tanto che alcuni giorni dopo gli studenti, in corteo, avevano deciso di smarcarsi dall’immagine di ‘scuola di bulli’ che si era venuta a creare dopo l’episodio (Fonte Il Giorno).
Ma oramai, “il vigliacco” era accerchiato. Il vile di 16 anni ha scritto una lettera alla Professoressa: “Non volevo ferire nessuno ho fatto una cosa stupida”. La decisione è arrivata dopo un faccia a faccia con i carabinieri che hanno sentito singolarmente tutti gli studenti della classe con il preside della scuola, l’Istituto Floriani, e dopo un consiglio di classe aperto ai genitori. (Fonte Il Giorno).
La professoressa è rientrata a scuola con la spalla guarita, ma con il cuore segnato dalla delusione, dallo sgomento e dallo sconforto. Disillusa dall’atteggiamento dei suoi allievi, delusa da chi aveva dedicato la sua vita, amareggiata dopo un’esistenza dedita all’insegnamento. Quella classe che aveva tanto amato e che le si era rivoltata contro con rancore, ira e una buona dose di bullismo. Una classe simbolo di una società perdente, una classe che rappresenta un’educazione familiare sbagliata, un’educazione che elude i valori formanti di una persona. Un’educazione che affida alla solitudine, alla mancanza di ascolto, alla mancanza di parole, i loro figli a illudersi di sentirsi uomini nella violenza, nello squallore, in filmini con cui rivalutarsi dal nulla della loro intelligenza. In sedie spaccate sulle spalle di un’insegnante. Il ragazzo ha chiesto scusa, ma io credo che non si possano accettare, non sempre paga il perdono. Non sempre le scuse possono giustificare, discolpare o scagionare una persona. Quante persone siamo vedendo che uccidono, rapinano, violentano e dopo chiedono perdono. Il perdono non è necessariamente un sentimento umano, il perdono dal latino medievale è composto da per e donare.
Tutto questo che è successo rende opaco e distante il senso del perdono, un senso che invece è tutto interiore e molto circoscritto. Il perdono è il dono completo, supremo, così sottile che quasi non si dà né si riceve, un abbraccio di pochi istanti che poi ti lascia passare avanti.
(Fonte Una Parola al giorno).
Il per-dono in questo caso non deve essere un dono, ma per far crescere questo ragazzo, la sua classe e la sua famiglia, ci vuole fermezza. Qui non stiamo parlando d’amore, stiamo parlando di un agguato dallo stile prevaricatore. La progettazione, l’eccitazione dell’odio, il momento, i preparativi nelle ore precedenti. Tutti sapevano, ma nessuno ha sentito. Tutti sapevano, ma nessuno si è accorto di nulla. Tutti sapevano ma nessuno ha parlato e allora chi dovremo perdonare? Questo ragazzo con tutte le giustificazioni che noi insegnanti alla fine cerchiamo di trovare, deve pagare la sua immaturità, la sua disumanità, la sua diseducazione. Innanzitutto la bocciatura e poi un bel corso di maturità. Magari aiutando i collaboratori scolastici della sua scuola nelle pulizie, lavando vetri, pulire i bagni, insomma un corso di umanità Per vedere come si cresce e si diventa uomini. Con le scuse non si diventa nessuno anche perché sono arrivate dopo essere stato smascherato. La professoressa è disposta a ritirare la querela.
Io spero che non lo faccia perché noi insegnanti dobbiamo riprenderci il nostro rispetto, la nostra dignità, il nostro ruolo. Deflagrato in una società ormai senza una coscienza civile, etica e politica.