[Gli opliti di Aristotele, 4 gennaio 2021]
Alla fine anche il mese di dicembre è passato. Nelle prime settimane l’orario della scuola è variato tre volte, poi con le vacanze di Natale sono arrivate le giornate che cambiavano colore manco fossero le foglie di un albero in autunno e serviva una tabella per tenere a mente tutte le restrizioni, sono tornate le autodichiarazioni, le file davanti al supermercato e ai negozi per i regali, il senso di impotenza.
Nonostante tutto però il mese è andato liscio. Le premesse, per come si erano messe le cose, non erano mica buone. Una comunicazione dell’Ufficio Scolastico Regionale mi annunciava una punizione esemplare: 11 giorni di sospensione dal servizio con relativo taglio di un terzo dello stipendio.
La vecchia storia incredibilmente non era ancora conclusa. Pensavo di sì, e lo avevo scritto qui.
Era successo che il suddito, alla fine dell’anno scolastico più surreale che la scuola italiana avesse mai attraversato, aveva guardato negli occhi il reggente. Poi aveva espresso il disappunto per aver ascoltato, a suo modesto parere, bugie e assurdità grosse come case. Un suddito non può arrogarsi quel diritto. Altrimenti che suddito è. Non può mica protestare, neanche se quelle che gli sembrano gravi stravaganze vengono sbandierate tranquillamente come indiscutibili verità. Tanto il reggente ci mette un attimo a rinnegarle. Però succede che si infuria. E promette rappresaglie. Non finisce qui aveva detto il reggente. Magari aveva risposto il suddito continuando a essere colpevole di non abbassare lo sguardo per guardarsi soltanto le scarpe, come vorrebbe il cerimoniale.
La comunicazione dell’avvio di un provvedimento disciplinare arriva puntuale. Poi il reggente ci ripensa. Annulla ufficialmente il procedimento senza mai comunicare al suddito di cosa fosse stato incolpato. Il motivo di questo dietrofront è un altro dei misteri di questa storia. Ma tant’è. Il maestro comincia il nuovo anno scolastico con un peso in meno, il reggente intanto è cambiato, tutto sembra andare bene. Invece no.
L’Ufficio Scolastico Regionale, a cui evidentemente (vai a sapere perché) non è arrivata la documentazione relativa al ripensamento del Dirigente, va avanti con ostinazione. E con l’aggiunta di un po’ di fantasia. Vengo infatti condannato pesantemente, con l’aggravante di non essermi presentato alla loro convocazione. Si chiama audizione disciplinare. L’Ufficio Scolastico per legge è tenuto a sentire cosa può dire l’incolpato a sua difesa. Ma incolpato di che? Comunque questa è un’altra grave invenzione. Non ho mai ricevuto una convocazione.
Faccio scrivere dal mio avvocato. Scusate, ci fate vedere una prova della convocazione che il maestro avrebbe ricevuto?
L’Ufficio Scolastico a questo punto è costretto ad ammettere che il gioco delle tre carte finisce qui. Visto che la contestazione degli addebiti disciplinari non risulta portata a conoscenza dell’incolpato […] la predetta omissione rende invalido l’intero provvedimento disciplinare. Scrive così. Senza neanche una scusa.
Resta l’amaro di una brutta storia che si conclude guardando il dito e non la luna. Posso entrare tranquillamente in classe non perché non ho fatto altro che il mio dovere (e forse anche di più). Non perché il Dirigente ha poi annullato un procedimento avviato impulsivamente. Ma per un vizio di forma. Una bischerata. Una convocazione millantata e mai avvenuta.
Ormai siamo a gennaio, tra pochi giorni dovrebbe ricominciare la scuola. Con un po’ di fatica siamo arrivati al giro di boa della terza. De Gregori in Titanic dice che la prima classe costa mille lire, la seconda cento, la terza dolore e spavento. Speriamo di no.