Asino

L’asino
è preciso, assennato,
intelligente; e svolge sempre
al meglio l’impegno che lo attende.
Franco Marcoaldi, Animali in versi

Il mondo è soltanto una scuola di ricerca […]. L’ostinazione e l’ardore delle opinioni è la più sicura prova di stoltezza; vi è nulla di sicuro, risoluto, sdegnoso, contemplativo, serio, grave, come l’asino?
Michel de Montaigne, Saggi

Un vicino di Nasreddin venne una volta a chiedergli se poteva prendere in prestito il suo asino per un viaggio imprevisto. Nasreddin gli fece quella cortesia, ma il giorno successivo il vicino ritornò: aveva bisogno di un po’ di grano da macinare. In breve cominciò a presentarsi quasi ogni mattino, anche quando non aveva un pretesto. Alla fine, Nasreddin si stancò e un giorno gli disse che suo fratello era già venuto e aveva preso l’asino.
Il vicino stava quasi per andarsene quando sentì un prolungato raglio da un campo.
«Pensavo che tu avessi detto che l’asino non c’era!».
«A chi vuoi credere» rispose Nasreddin «a me o a un animale?».
Racconto popolare turco, da David Graeber, Debito

Un giorno c’era una maestra che gli mancavano due diti, e c’era uno che stava facendo da cattivo, l’ha preso e gli ha fatto due orecchie di cartone, un grembiulino di cartone, gliel’ha messo, e gli ha messo pure un cartello qua e uno qua – e fa cenno con le mani per indicare il petto e la schiena – e gli ha scritto «sono asino»; e allora lo prendeva per le classi e lo faceva vedere alle bambine e ai bambini, tutti, e lo prendeva in giro. Quando siamo usciti fuori, l’abbiamo accompagnato a casa sua gridando: «asino, asino, asino». La madre come l’ha visto, ha preso la pompa e l’ha picchiato.
[…]
Nella nostra scuola c’erano quattro file di banchi, e la prima fila, che era vicina alla porta, era quella dei più buoni, quelle di mezzo erano così così, né buoni né cattivi, e nell’ultima fila metteva gli asini […]. La maestra, come vedeva che ci girevamo a guardare, cominciava a dire: «Vi ho detto che non ci dovete guardare da quella parte, che ci sono gli asini con due gambe, capito?».
Da Albino Bernardini, La scuola nemica

Lascia un commento