Grottesco

Etimologia

II termine è legato alle decorazioni murali della Domus Aurea neroniana, rinvenute nei primi anni del Cinquecento: esse furono dette «grottesche» perché ai primi occasionali visitatori quelle pitture, che ornavano le volte di antichi edifici ormai in rovina, sembrarono simili a decorazioni tracciate sulle pareti di grotte. Numerosi artisti dal Rinascimento si ispirarono a questo tipo di pittura, che venne chiamato appunto «grottesca» o «alla grottesca». La caratteristica principale di questi affreschi era il fatto di riunire elementi eterogenei tra loro (vegetali, animali e umani), spesso deformati e colorati con toni accesi. Solo nel XVII secolo il termine ha assunto il significato attuale di «ridicolo», «burlesco», «strano».

In letteratura

Il grottesco si basa sul paradosso, sulla bizzarria e la deforrmità della rappresentazione. Esso, infatti, è contrario alla verosimiglianza e, dunque, si caratterizza per una violazione delle forme e delle proporzioni umane. Nel Romanticismo, il grottesco si pone in antitesi al classicismo, come dimostra lo scrittore francese Victor Hugo che, nella Prefazione al suo dramma Cromwell (1827), definisce le caratteristiche del grottesco romantico: esagerazione, oscurità e mostruosità. Nel racconto Il naso (1836) di Gogol’ il grottesco consiste nell’ingrandimento di una parte del corpo (il naso, appunto) che diviene il simbolo di una realtà negativa. L’autore, cogliendo un difetto nella realtà, lo rappresenta attraverso una deformazione. Anche Pirandello raggiunge effetti grotteschi in Uno, nessuno e centomila, ma soprattutto nel teatro che si serve di questo effetto per mettere a nudo il rapporto tra la realtà sociale, fatta di compromessi e conformismi, e la realtà “naturale” dell’uomo, la sua dimensione interiore.

Da Bologna, Rocchi, Rosa fresca novella

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