In linguistica e fonologia, col termine scevà (dal tedesco Schwa, a sua volta dall’ebraico šěwā’) si designa una vocale centrale media, che nell’alfabeto fonetico internazionale viene indicata con il simbolo /ə/.
Amo lo schwa perché credo nel suo potere di far cadere la barriera linguistica di genere, rappresentando anche le persone che non si riconoscono nel binarismo di genere (e sono tante, più di quante crediamo). Una società che cambia e si evolve ha bisogno di una lingua che le vada dietro. Possiamo contribuire a farlo con una vocale in più.
Alice Orrù, copywriter e traduttrice con il pallino del linguaggio inclusivo
Sono per le differenze, che devono esserci e vanno rispettate. Non sono per il neutro […]. Sono perché il linguaggio cambi, come è avvenuto per la parola «femminicidio», inizialmente avversata e oggi di uso comune. Ma le differenze di scelta, corpo e origine vanno tutte rispettate. Non vanno disperse in una specie di neutro in cui non si capisce niente.
Cristina Comencini, regista
In italiano tutti i sostantivi hanno un genere grammaticale: o sono maschili o sono femminili. Non esiste il genere neutro, e non è realistico pensare di «introdurlo a tavolino» o «crearlo dal nulla».
Vera Gheno
Se io apro un post su Fb scrivendo «Carə tuttə» sto segnalando una mia precisa posizione politica, sto dicendo fin dalla prima riga che mi pongo in una posizione di apertura e accoglienza nei confronti di esigenze di cui riconosco la legittimità. Non sto dicendo che è la soluzione definitiva né la sto imponendo a tutti. Io sono molto curiosa di vedere come si evolverà la nostra lingua da questo punto di vista da qui a cinquant’anni, nessuno può prevederlo né tantomeno imporre una o l’altra soluzione. In questo momento penso che sia interessante osservare il fenomeno, guardare tutte le proposte, sperimentare fino ai limiti della fantalinguistica,
Vera Gheno, sociolinguista
È più facile che una lingua si apra all’inusitato e al diverso coniando parole nuove o accogliendo prestiti da altre lingue piuttosto che accettando di modificare le proprie strutture per rispondere a logiche extralinguistiche. La grammatica (intesa come sistema astratto) tende a rimanere coerente ed esigente: una lingua flessiva come l’italiano ci chiede non solo di flettere nomi e aggettivi in relazione al genere grammaticale, ma di rispettare le marche dell’accordo, anche a distanza, per non compromettere l’impalcatura del testo e la tenuta dell’insieme.
Cristiana De Santis, Perché una tavola rotonda «non» è rotonda, in «Micromega», 2, 2024
La funzione primaria del genere grammaticale in un testo è permettere di riconoscere tutto ciò che riferisce al referente, cioè all’essere cui ci riferiamo, attraverso l’accordo grammaticale. Se si eliminano le desinenze scompaiono tutti i collegamenti morfologici, e il testo diventa un mucchietto di parole delle quali non si capisce più la relazione […]. La funzione primaria del genere grammaticale in un testo è permettere di riconoscere tutto ciò che riferisce al referente, cioè all’essere cui ci riferiamo, attraverso l’accordo grammaticale. Se si eliminano le desinenze scompaiono tutti i collegamenti morfologici, e il testo diventa un mucchietto di parole delle quali non si capisce più la relazione.
Cecilia Robustelli, accademica della Crusca
Il cambiamento linguistico non accade mai come risultato di un ragionamento a tavolino […]. La lingua è parlata e decisa dall’uso dei parlanti, non può mai essere imposta, e soprattutto deve essere acquisibile dai bambini che imparano. Una regola come quella dello schwa, nel sistema italiano che marca il genere binario e ha il maschile di default (cioè lo usa nei verbi impersonali o in quelli meteorologici) non è acquisibile. Ergo: occorre un esame di introduzione alla linguistica obbligatorio per tutti.
Roberta D’Alessandro, professoressa di Sintassi e Variazione linguistica presso l’Università di Utrecht
I promotori dell’ennesima follia, bandita sotto le solite insegne del politicamente corretto, pur consapevoli che l’uso della «e rovesciata» non si può applicare in modo sistematico, predicano regole grammaticali bislaccamente «elastiche». Della serie: guarnisci i tuoi testi di qualche schwa, un po’ qui e un po’ là, e sarai a posto con la tua coscienza e con la tua smaniosa voglia di vedere l’effetto «sperimentale» che fa (col rischio di arrecare danni incalcolabili, e non solo a carico di chi soffre di dislessia, disgrafia e altre patologie neuroatipiche).
Massimo Arcangeli
Si è toccato il colmo della demenza culturale […] nella creazione di un linguaggio arcobaleno che, in linea con la proclamata fluidità dei sessi, eliminasse i generi delle parole. La chiamano schwa e consisterebbe in una nuova modalità di espressione in cui i vocaboli vengono sottoposti a castrazione in nome di una fluidità che deve permeare ogni ambito del Creato in cui le differenze, soprattutto quelle sessuali, non devono più apparire.
Roberto Vannacci, Il mondo al contrario
Non sembra che il solo segno ə basti a eliminare l’elemento maschile nel vocabolario e nella grammatica italiana: moltissimi dettagli importanti della lingua non si prestano al ritocco. Che ne sarebbe degli articoli? Al singolare. cosa diventa il? E la? Al plurale, se scrivessimo glə (fusione di i, gli e le) ci sarebbe pur sempre una traccia di maschile (le lettere g e l); scrivendo lə ci sarebbe una traccia di femminile. Siamo disposti allora a scrivere ə ragazzə? E che fine fanno le parole in cui a distinguere maschile e femminile non è solo una vocale (come ragazz-o/a)? Parlo di parole come student-e/essa: la forma con schwa sarà studentə o studentessə? Nella prima, comunque vogliate pronunciarla, si vedrà sempre un maschile adulterato.
Raffaele Simone
Leggi anche: Guido Borghi, Origine del maschile/femminile nell’indoeuropeo antico: perché è errato usare asterischi e schwa, «Byzantion», 24 novembre 2023