Colonialismo

Si distinguono due fasi storiche della colonizzazione europea: la prima che inizia all’alba del Cinquecento, con la scoperta dell’America e delle grandi vie marittime che dall’Europa conducono in India e in Cina, e termina tra il 1800 e il 1850, con la fine graduale della tratta atlantica e dello schiavismo. La seconda fase culmina invece negli anni compresi tra il 1900 e il 1940, e si conclude con la conquista dell’indipendenza degli ex possedimenti coloniali negli anni sessanta (o negli anni novanta, se includiamo nello schema coloniale il caso del Sudafrica con la fine dell’apartheid) del secolo scorso.

Il primo periodo corrisponde a una logica che oggi viene comunemente definita «di guerra e di rapina», basata su un dominio militare violento e sulla deportazione forzata o sullo sterminio delle popolazioni […]. Il secondo periodo viene spesso presentato sotto una luce più serena e benevola, specie nei paesi ex colonizzatori, che insistono soprattutto sulla dimensione più intellettuale e civilizzatrice di questa seconda fase del dominio coloniale.
Thomas Piketty, Capitale e ideologia

Nel colonialismo classico, le colonie sono governate dai territori metropolitani – come la Gran Bretagna governava in India o il Portogallo nelle sue colonie africane. Lo scopo è trasformare la popolazione nativa in fedeli sudditi coloniali; i colonizzatori non mirano mai a diventare la popolazione maggioritaria dominante nella colonia. Nel colonialismo insediativo, il colonizzatore punta a sostituire completamente la società nativa con la propria. I coloni sono spesso degli emarginati nei loro territori metropolitani: il Nord America, dopotutto, fu colonizzato da persone in fuga dalle persecuzioni religiose in Europa. I colonialisti insediativi cercano di costruire una casa che li accolga. E rappresentano un utile strumento delle potenze imperiali per espandere le proprie sfere di influenza, in quanto diventano regimi amici in terre lontane.
Ilan Pappé, Brevissima storia del conflitto tra Israele e Palestina