Giovedì 29 ottobre 2020
“Ahò, ha chiamato la prof quella che vive in quel paese in Campania. Dice che è zona rossa e i carabinieri non la fanno uscire per venire a lavorare qui da noi. Hanno messo anche le barriere di cemento sulle strade, almeno così riferisce. Se prova a passare le fanno la multa da 400 euro. Preside come la dobbiamo trattare questa assenza?”
“Ma, non lo so. Perché la potremmo considerare in didattica a distanza, se ci si mette. In malattia non davvero. Però se non ha un qualcosa di scritto allora è un’assenza non giustificata. Non so che dire. Ma perché nessuno ci dà indicazioni? Perché la professoressa non prova a chiamare la prefettura per spiegargli la situazione? Tutto noi dobbiamo decidere?”
“Posso? Sono l’ultimo arrivato, ma non si prefigura un’assenza per cause di forza maggiore visto che la prof vorrebbe venire ma l’autorità statale glielo vieta?”
“Ah si, è vero, c’è questa dicitura tra le possibili motivazioni di un’assenza”, dicono le segretarie.
“Beh, se c’è questa dicitura, allora usiamola”, chiude il preside.
Del resto, il problema è il covid, la confusione sulle misure prese da governo, regioni e comuni. 400km di pendolarismo quotidiano dal sud a Roma, ogni giorno… a professorè, tu non lo sai, ma oggi te la stavi a vedè brutta se un altro precario nun tirava fòri er conijo dar cilindro… mejo che te ne stai a casa, nel tuo comune covidizzato con una bella cortina de carabinieri coi pennacchi che nun te fa passà. Ti risparmi la fatica e i costi del viaggio, la fatica del lavoro e ti puoi dedicare di più a te stessa, pagata comunque. Rispetto ad una qualsiasi altra giornata da precaria, quello di oggi è solo un minimo ristoro che ti spetta.
Un prof si siede. Insegna storia. Apre un noto sito web, legge qualcosa. Tra poco avrà lezione. Spiegherà la “repubblica romana”. Fico. Non sapeva dell’esistenza di moti rivoluzionari anche a Rocca di Papa che portarono all’istituzione di una repubblica. Effimera, contadina, ma repubblica. Sbaragliata in poco tempo dalle truppe papaline. Ma repubblica. Il Belli perculò i contadini, che però fecero una repubblica. Il prof s’è fomentato, è entrato in un mondo inesplorato: quello roccheggiano. Difficile uscirne. Ci farà entrare anche i suoi alunni, me l’ha promesso. Con le budella dell’ultimo papa, impiccheremo l’ultimo re, daje!
Ore 9. “Mi fai l’autorizzazione per l’operaio che deve entrare con me a scuola venerdì?”.
“Si mò te la faccio”.
Ore 11.00. “Oh, arriva ‘sto fojo?”.
“Ecco, scriviamo così, colà, mò lo faccio vedere e te lo spedisco”.
Ore 13.00. “A me non è arrivato niente”
“Si, mò arriva”.
Ore 15.00. “Scusa, ma st’autorizzazione che m’hanno concesso per un lavoro che manco dovrei fa’ insieme all’operaio, me la manni o nun me la manni”.
“A brevissimo è pronta”.
Ore 15.40. “Me ne sto annà, che faccio venerdì?”
“Eh guarda domani faccio firmare l’autorizzazione dal preside e te la spedisco”.
Il preside è stato nel plesso quasi tutto il giorno, e spesso c’ho pure parlato.
L’amministrativa stava a distanza di una porta da me.
“Mò basta, basta. Non ce la faccio più, non ce la facciamo più, non è possibile”. Urla il bidello nel corridoio contro un’impiegata. “State a tirà troppo la corda, nun ve rendete conto. Facciamo tutto, non ci fermiamo un attimo, però i turni e gli spostamenti li dovete fa’ bene. Non potete farci girare un pò in questo plesso, un pò in un altro. Non ce la facciamo più. Preside, intervenga lei”. La discussione prosegue animatamente. Prodromi di un’insurrezione ?
Il preside convoca una breve riunione con le impiegate dell’amministrazione. Dice che in virtù del nuovo DPCM deve incentivare lo smart-working: chi vuole, può starsene a casa. Una segretaria che vorrebbe andarci, credo che abbia una disabilità certificata come 104, mi chiede di rimediarle un notebook funzionante che il suo è guasto. Glielo rimedio e dico che ce ne sono solo altri 3 a disposizione, almeno tra quelli che ho avuto modo di vedere. “Metticeli tutti da parte per noi della segreteria”. Ma non lo posso fare, non sono io che dispongo a chi vanno e a chi no, li dovrebbero chiedere ai dirigenti. Anche perché possono servire ad alunni e prof, quindi chi primo arriva se li prende. Non si possono sottrarre a prescindere se non si sa ancora chi va in smart-working e chi no. “Tu comunque non li dare a nessuno, quelli sono per noi”. Ma io ci sono una o due volte a settimana, che ne so chi se li prende? “Vabbè ma quelli ce servono”. Non ce l’ho fatta, non sono stato in grado a convincerle che non sono una mia proprietà.
Con il prof del team digitale entriamo in un’aula. Tutti i ragazzi e le ragazze si alzano in piedi, in forma di saluto. È la prima volta che mi capita. Mi trovo spiazzato. Non so, forse avrei dovuto rispondere con il saluto militare? La prossima volta non mi farò trovare impreparato. “Fianco destr! sinistr! U-No-ddue, presentar tablet, TA-BLET. Palla di lardo hai capito? Hai capito, non ti sento! 10 flessioni, subito. E disinfetta a ogni pompata, cazzo!”
Sopralluogo in un’altra aula. Nun s’arza nessuno. Mannaggia, mò che m’ero preparato… vabbè, tanto me la ricordo quale è la classe che s’è messa sull’attenti, magari ce torno cò ‘na scusa.
Altra classe, cambio dell’ora, qui già stavano in piedi, rimandati alla prossima. Entra un prof, vedo il libro di matematica sotto il suo braccio. Chiedo a quello del team digitale che era con me se possiamo chiedere a lui informazioni sul funzionamento della LIM, per capire se ci sono problemi. Mi porta via, testuali parole “No lascia stare, guarda non puoi capire. L’altra volta è diventato rosso paonazzo, è andato nel panico, ha avuto una reazione… tutto rosso paonazzo in viso, pareva colto da malore… non ho mai visto nessuno reagire così solo perché non sapeva come rispondermi ad una domanda simile”. Ne risolve di problemi la tecnologia…
In un’altra classe che l’altro giorno era aperta noto una transenna all’ingresso. È crollato un pò di intonaco. In testa a un ragazzino di prima media. C’è una crepa lungo tutto il tramezzo. “È una crepa storica, il comune interviene, poi si riforma”. E poi casca in capoccia ai ragazzini. E così via, amen.
“Scusi, è lei il tecnico dei computer?”
“Temo di doverle rispondere di sì. Ormai ho paura, mi fermate tutti se metto il naso fuori in corridorio. Che c’è?”
“Mi è scomparso il cursore dallo schermo, si vede tutto il desktop ma il cursore non c’è, come faccio?”
“Daje fòco”.
Vojo morì.