[Domani niente scuola, p. 116]
E poi dopo un’ora e mezza siamo già sul pullman, Gelindo al volante, le professoresse in prima fila, i più scapestrati in ultima e in mezzo tutti gli altri che si sono addormentati. Del campo di concentramento non si è parlato prima, e non si parla più nemmeno ora. Io guardo le mura del campo allontanarsi, penso al poco tempo che ci siamo stati, ai dépliant informativi che distribuiscono all’ingresso, penso alle facce turbate e perplesse dei ragazzi, al disagio della professoressa deputata alla lettura della brochure. Poi penso a questa forma di contrizione a tempo (un’ora e mezza di contrizione e partecipazione) e mi vengono in mente le pubblicità progresso che passano in mezzo alle fiction televisive. Un minuto e mezzo di fame nel mondo, epidemie, stragi, guerre civili, bambini morti, e poi di nuovo I Cesaroni. Ecco, quando andiamo via dal campo di Mauthausen, mentre i bastioni si fanno sempre più distanti man mano che scendiamo dalla collina, mentre alcuni ragazzi già dormono, mentre quasi tutti pensano che la gita è finita, mentre il nostro autista ha ripreso a guidare serafico lungo le strade austriache, a me sembra di aver visto una pubblicità progresso. Un’oretta e mezza di genocidi, guerra, scheletri, morti ammazzati, follia omicida, e se non c’è traffico alle undici saremo a Firenze.