Il telefono è un feticcio.
Da Raymond Chandler, Il lungo addio
Si innervosivano perché non avevano ancora ottenuto il telefono di cui avevano fatto richiesta da più di un anno. Gli altri lo trovavano inutile e per fare una telefonata continuavano ad andare alla posta, dove l’addetto componeva il numero per loro e li invitava a sistemarsi in un’apposita cabina. Quando di fianco a noi si alzava la voce di uno sconosciuto che rispondeva a una chiamata, ci infastidiva essere schiavi di qualcuno che considerava nulla la nostra esistenza e ci infliggeva l’insignificanza del quotidiano, la banalità di preoccupazioni e desideri che fino ad allora erano rimasti confinati nelle cabine telefoniche o negli appartamenti.
Annie Ernaux, Gli anni, pp. 97, 218
«Vai a fare in culo Rocco!».
«Ecco, brava! Stamme bene, Sandra!». La comunicazione si interruppe. Avrebbe voluto schiantare il cellulare sul selciato, ma si bloccò pensando che avrebbe dovuto ricomprarlo, trasferire i contatti sul nuovo e si limitò a rimetterlo in tasca. Doveva ricordarsi, appena tornato in questura, di inserire l’acquisto di un nuovo telefono all’ottavo livello delle rotture di coglioni.
Da Antonio Manzini, Le ossa parlano