Sono un’insegnante di serie B. Scrivo per rabbia, annebbiata dall’invidia sociale verso quelli che ce l’hanno fatta. Gli insegnanti multiuso, che insegnano nelle ore di insegnamento (quanto basta), compilano le carte, partecipano alle riunioni, correggono i compiti, e nondimeno gli avanza tanto di quel tempo e voglia da poter essere anche tutor, orientatori, progettisti, stagisti, animatori digitalizzati.
Continua a leggere “FEDERICA CAPPUCCIO La mitridatizzazione della scuola”Autore: alerinovaleriocom
WALTER QUATTROCIOCCHI «Intelligenza artificiale», ChatGpt e Large Language Model: alcuni chiarimenti fondamentali
La nostra scuola, 26 agosto 2025
È difficile parlare di LLM (i large language model come ChatGpt o Gemini) con chiarezza. Il rumore di fondo è terrificante.
Tra marketing, pop–filosofie e metafore che non colgono, il quadro è tutt’altro che rassicurante.
La platea è frammentata in micro–tribù identitarie che si rinforzano a vicenda. Quando la narrativa si schianta contro la realtà, il confirmation bias riporta tutti al punto di partenza e la storia si riaggiusta per tornare comoda.
Buzzurro
Buzzurro è un vocabolo che circolava a Firenze per designare i castagnai ambulanti svizzeri dei Cantoni del Ticino e dei Grigioni che d’inverno lasciavano le loro montagne e venivano a vendere caldarroste (fiorentinamente bruciate) in città. Dopo il 1865, nella breve stagione di Firenze capitale, l’epiteto buzzurro è applicato in senso spregiativo ai funzionari e ai militari piemontesi che si trasferiscono in massa, con le rispettive famiglie, sulle rive dell’Arno […]. L’etimologia di buzzurro continua a essere incerta. Un’ipotesi stimolante, sebbene non priva di difficoltà, è stata avanzata da Ottavio Lurati e poi accolta nell’Etimologia di Alberto Nocentini: buzzurro sarebbe una retroformazione da buzza(r)rone, buzzur(r)rone, forme attestate in zone diverse (buzzeron e buzzaron nei dialetti settentrionali, buzzarruni e buzzurruni in siciliano), e corrispondenti al toscano buggerone e al romanesco buggiarone.
Accademia della Crusca, Giusto, sbagliato, dipende
ELIO FILIPPO ACCROCCA Ho dormito l’ultima notte
«Portonaccio» (1949)
Ho dormito l’ultima notte
nella casa di mio padre
al quartiere proletario.
La guerra, aborto d’uomini
dementi, è passata sulla
mia casa di San Lorenzo.
Il cuore ha le sue distruzioni
come le macerie di spettri Continua a leggere “ELIO FILIPPO ACCROCCA Ho dormito l’ultima notte”
EMANUELA BANDINI Il tempo scuola fugge… et non s’arresta una hora
Le parole e le cose, 2 giugno 2025
Una delle lamentele più frequenti che si possano ascoltare nelle sale insegnanti di tutto lo Stivale è che a scuola, in classe, non si riesca più a fare quello che si riusciva a fare solo cinque o sei anni fa, nonostante ci si senta sempre più carichi di lavoro: c’è chi attribuisce questa difficoltà alle diverse caratteristiche delle nuove generazioni, chi invece alle mutate condizioni dei dispositivo scolastico, che negli ultimi venticinque anni ha attraversato non meno di quattro grandi processi di riforma e revisione (Berlinguer, Moratti, Gelmini, Renzi) e una serie di continui “aggiustamenti interni”, che, pur mantenendone immutata la struttura portante, hanno modificato profondamente quello che si fa (o si riesce a fare) nelle aule.
Continua a leggere “EMANUELA BANDINI Il tempo scuola fugge… et non s’arresta una hora”PAOLO MAURENSIG Al Collegium Musicum nessuno doveva illudersi di poter oziare
Da «Canone inverso»
Oggi del Collegium Musicum non rimane più traccia se non una pietraia ricoperta da erbacce. Mi servirebbe una cartina dettagliata per farle vedere l’esatta ubicazione di quell’edificio, diventato durante la guerra un deposito di munizioni, e fatto saltare in aria prima della disfatta. Ed è una fortuna che quell’orribile posto sia stato cancellato, seppure non dalla mia memoria. Anche a quel tempo non era facile arrivarci. Sorgeva infatti nella Bassa Austria, lungo la valle del Danubio, sulla strada che da Stockerau porta verso Tulln. Si poteva scorgere solo passandoci in treno, perché era fuori delle strade comunemente battute. Continua a leggere “PAOLO MAURENSIG Al Collegium Musicum nessuno doveva illudersi di poter oziare”
FRANCO FORTINI Un insegnante non è un padre, anche se lo somiglia
«Da un diario inesistente» (1967-70)
20 maggio 1969
Cara Ezia, nel suo ultimo tema lei ha scritto: «Mai un professore mi ha chiesto il vero perché di una mia impreparazione, mai si è interessato della mia vita. Nessun insegnante mi ha mai voluto bene. Se non si riesce a capirsi a scuola, lo si può fare in una fabbrica, in un ufficio, su di una spiaggia, in una sala da ballo?».
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Nazione indiana, 18 giugno 2025
Tom arrivò a scuola a metà mattina, era quasi ora della ricreazione e tutti fremevano per scappare fuori. Io e Devis avevamo già pronte le squadre per la partita di calcetto con la palla da tennis, tre contro tre, sulla pista di atletica. I limiti delle porte erano fissati con dei sassi che alla fine della ricreazione lasciavamo ai bordi della pista, per evitare che qualcuno ce li buttasse via. Quel giorno avevamo ingaggiato Marco Tollis della prima B, era uno dei migliori calciatori della scuola, ed era la prima volta che giocava con noi sulla pista di atletica. Il quarto d’ora di corse e calci all’aria aperta rubato ai banchi della scuola media era, per noi, la cosa più memorabile della giornata.
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La scuola e noi, 5 maggio 2025
Preparando la conserva di fine estate oppure una torta di mele ottobrina, arrivava sempre il momento in cui – con tono solenne e misurata cadenza – uno dei miei nonni diceva: “Nel grando ghe sta anca el picoeo”.
Ricordando le remote conserve e le perdute torte, mi sono detta: “Vuoi vedere che – in tempi di autonomia differenziata – mi sono imbattuta in un principio-guida che potrebbe, per una volta, mettere tutti d’accordo?”.
Continua a leggere “MARTINA BASTIANELLO Nel Grando…”SARA PICCHIARELLI Un percorso sulla forma: il sonetto in classe
La scuola e noi, 3 marzo 2025
Il testo poetico, una duplicità di fondo
Fino a ora nessuno strumento di studio mi ha consentito di prescindere dalla persistenza di una duplicità di fondo, nella poesia: territorio possibile d’incontro tra l’impulso e la perizia, tra l’attrazione sensibile alle cose, all’umanità e ai fenomeni da un lato, e la tradizione, il repertorio, la tecnica dall’altro.[1]
Nell’approcciarmi a trattare il testo poetico in classe ho inseguito a lungo una definizione di poesia, una presentazione degna di un’antica e nobile ospite che ci avrebbe fatto compagnia per qualche mese. Continua a leggere “SARA PICCHIARELLI Un percorso sulla forma: il sonetto in classe”