[Post su facebook, 14 ottobre 2023]
Chi, come me, ritiene che il latino possa essere, e in effetti sia, molto utile per la crescita intellettuale, se ovviamente volto alla traduzione e all’esercizio linguistico, non può che essere affranto dal calo costante delle iscrizioni in quelle scuole che il latino ancora lo fanno. (Notizia di questi giorni, ma non è certo una novità).
La ragione di questo mio sentimento è di stretta osservanza democratica.
Senza illudermi, astrattamente, che sia davvero possibile far studiare (nelle attuali condizioni storiche) tutto a tutti gli studenti, credo più pragmaticamente che riuscire a dare un’istruzione di qualità a un po’ più di persone, invece che a un po’ meno, sarebbe un acquisto verso una società meno diseguale.
Credo che il latino, fra le altre cose, possa contribuirvi.
Vediamo se riesco a prevedere le più facili obiezioni.
1) Obiezione: sì, ma a te interessa difendere il liceo classico, sei un antimaterialista e un idealista (nel senso crociano-gentiliano).
Risposta: ho appena fatto un’affermazione di tipo democratico-progressista. Dare questa possibilità a più persone, non a meno. Ampliare, allargare, includere, con la consapevolezza storica della difficoltà di passare dalla porta stretta, invece di rassegnarsi sempre alla porta larga. Se il latino lo dai a meno, rafforzi, altro che indebolire, il suo carattere di distinzione socio-culturale.
(Faccio osservare che questa storia dell’evoluzione della nostra secondaria superiore, che vede le scuole “di fascia A” (Invalsi) scelte da meno persone, potrebbe essere solo la manifestazione della tendenza più generale a una scuola che si attesta su un livello medio-basso di socializzazione+”zoccolo duro dei saperi”, leggi “otto competenze chiave europee”, e tutto ciò che si aggiunge a questo bordone, un corso d’arte, un corso di musica, un corso di astronomia, un corso di latino, un corso di cinese, è o scelta individuale, nella logica di una profonda personalizzazione dei curricoli, o è scelta di chi può permetterselo).
2) Obiezione: sì, ma il latino è usato come materia per selezionare chi è capace di sottoporsi alla sua disciplina da chi non ne è capace.
Risposta: si tratta allora di modificarne la didattica, di darsi obiettivi più realistici. A me in seconda superiore scientifico (le ore di latino erano ancora quante quelle del classico) davano da tradurre dei Cesare e dei Seneca originali. Nella scuola dove insegno ora sarebbe follia, per varie ragioni. Da questo non ne desumo che allora il latino dovremmo non farlo più, che è troppo difficile per “questi qui”, ma provo a trovare strategie. A volte non mi riesce e vorrei pure io smetterla di faticare e soffrire e optare per un bel corso di mindfulness o di gamification della civiltà romana. Ma a volte mi riesce, e sono ancora sufficientemente novecentesco per ascoltare il mio superego).
Vale quanto detto: (nelle attuali condizioni storiche) non si pensa che qualche prerequisito non sia necessario, sappiamo che continuerà ad esistere chi il latino non lo studia; tuttavia fare il possibile per tenere le maglie larghe, almeno provarci.
3) Obiezione: sì, ma ci sono un sacco di materie più ‘moderne’ e ugualmente formative.
Risposta: acconsento all’obiezione. In fondo è un’obiezione già accolta da quel Gramsci citato sempre a metà quale difensore del latino, che nella seconda metà del suo ragionamento, spesso omessa, ammetteva che la disciplina appresa sulle lingue classiche poteva essere appresa anche su altre materie, che mantenessero quel carattere di rigore formativo storicamente avuto dallo studio del latino e del greco.
Tuttavia, al di là del fatto che una materia non esiste al di fuori della sua concreta tradizione storica (latamente culturale e specificamente didattica) e questa tradizione nella scuola italiana è meno polverosa e mummificata e inutile di quanto non sembri, per cui potrebbe valere il detto che chi lascia la strada vecchia per la nuova ecc., io direi che il latino è formativo più dei suoi più temibili concorrenti (prendo a puro titolo esemplificativo i due più significativi: l’inglese e l’informatica), perché è una lingua storica (l’informatica è ‘solo’ un linguaggio) e perché è una lingua storica che aumenta incredibilmente la competenza nella nostra lingua madre, che di fatto è un dialetto del latino, e il dialetto più vicino al latino di ogni altro (so che al mondo contemporaneo riesce difficile pensare che possa non essere sempre vero che ciò che risulta buono in un punto della carta geografica sarà buono anche in qualsiasi altro suo punto: così non è, la verità è che la varietà culturale è infinita e per noi il latino è una cosa diversa non dirò da quel che potrebbe essere per i cinesi o gli anglofoni che lo studino, ma per i francesi e gli spagnoli, che parlano altri dialetti latini).
Ci sono altre obiezioni, ma per ora mi fermo qui / alcune non mi vengono in mente. Le aggiungerò, magari sulla base delle vostre stesse obiezioni, che accoglierò con lo spirito dialogante di chi, se davvero siete fra quanti se ne fottono del latino, vi mozzicherebbe i polpacci. Per cui, prego, non abbiate paura.