Il rapporto tra un personaggio famoso e il pubblico che decreta la sua fame è governato da uno stringente paradosso. Infinitamente lontane, le grandi star della politica, del cinema e dell’intrattenimento in genere, si muovono su un terreno elettrico di limousine, guardie del corpo, elicotteri privati e cerimonie di stato. Ma al tempo stesso le telecamere delle interviste e gli zoom dei servizi ce li avvicinano così tanto che noi finiamo per conoscere i loro visi e i loro più piccoli gesti più intimamente di quanto conosciamo quelli dei nostri amici.
In questo spazio paradossale il nostro immaginario è libero di muoversi, e ci sorprendiamo a volte a sperimentare, come degli impresari, tutte le possibilità che queste figure cosi ingrandite sembrano offrirci. Come si lavava i denti Greta Garbo, come si depilava le ascelle, come si cavava da un impiccio? I dettagli più intimi della loro vita sembrano collocarsi dietro la porta di un bagno già aperta, che il nostro immaginario può spalancare quando vuole. Catturate nel riverbero del loro stesso inestinguibile fascino, esse non possono fare nulla per fermarci, e noi possiamo esplorare ogni poro della loro pelle, il minimo sguardo, fantasticare di essere i loro amanti e i loro confidenti.
Nella nostra mente possiamo assegnare loro qualunque ruolo ci piaccia, possiamo sottometterle a ogni passione, a ogni umiliazione. E quando invecchiano, possiamo rimodellare i loro lineamenti per alimentare i sogni immortali che facciamo su di loro.
Da J.G. Ballard, La fiera delle atrocità