ANTONELLA CURRÒ Ma io cosa ci faccio qui?

[post su facebook, 30 agosto 2024]

CIAO SCUOLA…
La mia storia d’amore con la scuola è iniziata da bambina quando, con due genitori insegnanti, ho respirato aria e polvere di gesso.
A volte mi portavano a scuola con loro e io mi sentivo a casa.
Da ragazzina ho insegnato a leggere e scrivere a mio fratello e a tutti i bambini del mio condominio… Spesso il pomeriggio, invece di giocare, leggevo loro pagine di libri per bambini e lo facevo su loro richiesta, nutrendomi di quegli occhi sognanti.
Ho sempre voluto fare l’insegnante e sono stata fortunata perché ci sono riuscita, pur dopo tanto studio e quasi 15 anni di precariato in giro per le scuole della provincia.
Con la nascita di Claudia le cose si sono complicate, ma facendo i salti mortali e con l’unico aiuto di mio marito e una carissima amica ce l’ho fatta ancora una volta.
Trent’anni di aule, visi, ragazzi, famiglie, colleghi… Tante difficoltà ma grandi soddisfazioni dai miei ragazzi che mi hanno salvato la vita più volte senza saperlo e mi hanno insegnato molto più di quanto abbia fatto io a loro.
Ho dimenticato i nomi ma ho tutti i loro visi nel cuore, le loro storie, chi incontro ancora adesso, chi ormai irriconoscibile e chi si è perso nel nulla.
Mi hanno dato vita ed entusiasmo, mi hanno costretta a non invecchiare per stare al loro passo, a mettermi in gioco ogni giorno per trovare il modo di motivarli ancora.
Ho insegnato anche agli adulti, soprattutto stranieri, mille lingue, volti e storie ad arricchire la mia esperienza professionale e umana con sfide faticose ma vincenti.
Poi un giorno un ds esecutore ha bussato alla porta della mia aula, mi ha chiamata fuori e imbarazzato mi ha detto che era costretto a sospendermi… Perché avevo sbagliato qualcosa? Ero mancata in qualche modo al mio dovere? Non ero più brava come tutti dicevano?
No, non avevo il greenpass e tutto il resto era già stato cancellato… Ero improvvisamente indegna, immonda, pericolosa.
Quel giorno qualcosa mi si è spezzato dentro e la mia splendida storia d’amore con la scuola è finita.
Cinque mesi di arresti domiciliari a rimuginare fra rabbia e lacrime, un pugnale piantato fra le scapole, affondato dallo spietato silenzio di colleghi e pseudoamici.
Quella che, espiata la pena, è tornata in classe non ero più io,  spenta, demotivata, incattivita.
Un senso sempre più opprimente di estraneità, la sensazione di guardare dall’alto un mondo a me sconosciuto e ostile.
Una scuola dove a nessuno importa più cosa fai in classe, ma solo come lo fai.
Troppe volte durante i Collegi, sempre più simili a dei CdA, mi sono chiesta «ma io cosa ci faccio qui?» e l’incapacità di sforzarmi ancora per capire, adattarmi, condividere.
Questo non è un lavoro che si può fare senza amore, si vede subito e non è giusto né corretto continuare.
Ci ho pensato tanto e tanto ho pianto ma ho deciso di uscirne prima che sia troppo tardi…
Intanto ho preso un anno sabbatico per riflettere, poi si vedrà.
Ciao scuola, ti ho amata tanto, forse troppo perché il mio amore potesse sopravvivere al tuo tradimento.

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