Da «La scuola nemica»
Nelle medie invece un giorno il professore è venuto ubriaco. Io prima non me ne stavo accorgendo; allora un mio amico mi tocca e mi dice piano piano per non ci sentire: «Oggi il professore ha alzato il braccio. Manco camminare può». Io alla prima non stavo a capire e gli ho detto: «Che cosa stai a dire?». E quello: «Ma non lo vedi che oggi è cotto dalla mattina?». Allora ho guardato anch’io e ho visto che si muoveva tutto, e cominciava a dire: «Ma cos’è tutto questo caldo qui. Ma voi non lo sentite? Aprite subito le finestre che si crepa». Noi non sapevamo cosa dire, ché invece ci avevamo freddo, e allora nessuno andava aprire le finestre. Come ha visto che nessuno si muoveva e lo stavamo a guardare ha cominciato a dire: «Ma cosa c’è da guardare, avanti aprite le finestre, ché qui c’è caldo». Allora va subito lui arrabbiato, a prende la maniglia, ma non ce la faceva, ché la girava all’altra parte. Allora si leva la giacca e la mette nell’attaccapanni. Ma come la stava mettendo cade. Lui si gira e vede la giacca in terra e comincia a dire: «Ma che cosa c’è oggi». Ma da come faceva si vedeva che parlava male, che quasi non si capiva quello che diceva e gli usciva la saliva dalla bocca. Noi stavamo sempre a guardare; allora abbiamo cominciato a ridere, ma piano ché avevamo paura di ci mettere qualche nota. Come ci ha visto a ridere scende dalla predella e viene vicino a noi, e comincia a dire: «Cosa c’è da ridere? Ché, non mi avete mai visto?». Ma come stava a venire inciampa nel filo della stufa e per poco cadeva. Si volta a guardare e vede che era il filo della stufa, e dice: «Ah, tu ci sei, maledetta, per questo c’è tutto questo caldo» e gli dà un calcio e la fa andare lontano, dall’altra parte della scuola. «Accidenti alle stufe chi le ha inventate», diceva. Corre a dove l’aveva mandata, e a calci la mette sotto la lavagna, e la guasta tutta. Ma si vede che non aveva visto le gambe della lavagna e va a sbattere, perché era arrabbiato per il caldo che aveva, e perché noi ci eravamo messi a ridere, e va a sbattere proprio alla cattedra. Noi non ce l’abbiamo fatta a mantenere il ridere, e si volta e grida con tutta la sua forza e dice: «Vi boccio tutti, come è vero Dio. Se avete coraggio, su ridete adesso che vi vedo io» e tante altre cose diceva che ora non me ne ricordo. Così prende il registro e subito chiama per sentire la lezione e dice: «Avanti, vediamo chi ride meglio ora. Vieni tu che sento se sai ridere bene» e mi guardava e rideva. Ma io dalla paura non me ne ricordavo, e anche perché non la sapevo bene, e così lui mi prende per il colletto e mi spinge forte e mi dice: «Adesso vai fuori e poi vedremo cosa fare. Hai visto che ora non ridi più, e invece rido io? Ride ben chi ride l’ultimo». E ha cominciato a ridere come se era matto. Vero è questo che gli sto a dire, proprio vero non ce n’è bugia. E come rideva mandava la puzza del vino che quasi non si poteva stare nella scuola.