Intelligenza artificiale

Si dirà che nessuna macchina sarà mai capace di scrivere in bello stile inglese, o essere soggetta al sex appeal, o fumare la pipa. Personalmente non mi sento di offrire consolazioni, perché non credo sia possibile fissare limiti del genere.
Alan Turing

Negli ultimi decenni si ripropone con alterne fortune la favola dell’Intelligenza Artificiale, per nulla intelligente e poco artificiale, ma senz’altro basata sullo sfruttamento di enormi risorse naturali e umane, vera e propria incarnazione del sogno distopico dell’Automazione Industriale.
Carlo Milani, Tecnologie conviviali

Tradizionalmente la sigla «ia» sta per intelligenza artificiale. Ma forse sarebbe meglio considerarla come un acronimo di intelligenza aliena. Man mano che evolve diventa sempre meno artificiale (nel senso di dipendente da progetti umani) e più aliena. Molte persone cercano di misurarla e perfino di definirla usando come termine di paragone l’intelligenza umana e c’è un vivace dibattito su quando possiamo aspettarci che le ia raggiungano il nostro livello di intelligenza. Questo metro di misura è profondamente fuorviante. È come definire e valutare gli aeroplani in base al volo degli uccelli. L’intelligenza artificiale non sta progredendo verso un’intelligenza di tipo umano. Sta sviluppando un tipo d’intelligenza aliena.
Yuval Noah Harari

L’IA rafforza le strutture di potere dominanti, in particolare il capitalismo. il colonialismo e il patriarcato […]. L’IA sta ampliando il divario tecnologico a livello mondiale, concentrando il potere nelle mani di un manipolo di attori del settore privati (i giganti tecnologici) e del Nord globale.
Sofía Trejo, Intelligenza artificiale, ma a quale costo?, «Anfibia», in Intelligenza artificiale. 10 ambiti della nostra vita che stanno cambiando per sempre

I potenti sistemi di IA mancano degli aspetti persino più elementari della mente umana: non condividono quella che chiamiamo coscienza o senzienzia o la capacità correlata di provare sentimenti come il dolore, la gioia, la paura e l’amore. Né hanno il minimo senso del proprio senso e ruolo in questo mondo, e tantomeno la capacità di esperirlo.
Shannon Vallor, Che cosa ci rende umani? LE nuove domande poste dallo sviluppo dell’IA sovrumana, «Noema», in Intelligenza artificiale. 10 ambiti della nostra vita che stanno cambiando per sempre

L’IA non è una manifestazione di superintelligenza come certe vulgate, sia tecno-entusiaste che tecno-apocalittiche, sostengono. Al contrario essa rappresenta una meccanizzazione dell’intelligenza media di una data società. Matematicamente parlando, l’IA funziona in base a una rappresentazione statistica (di certo estesissima, ma pure statistica) della cultura umana codificata nella forma di archivi digitali (i cosiddetti training dataset) […]. È in un certo senso un modello statistico dell’essere umano epurato da estremismi e comportamenti anomali.
Matteo Pasquinelli, La vita non è un test di Turing. Contro l’IA come nuova metrica sociale, in «Micromega», 6, 2024

Il rischio esistenziale principale dell’IA è il suo potere di riformulare il nostro rapporto con identità e credenze. L’IA generativa ci fornisce informazioni che rispecchiano ciò che vogliamo credere, perché l’output che produce è condizionato dai nostri input […]. Il rischio esistenziale non è quello di avere creature artificiali che superano la nostra intelligenza, ma di non essere più in grado di definire noi stessi come esseri intelligenti e capaci di scelte intellettuali e morali autonome».
Judith Simon, Intelligenza artificiale e nuove sfide per l’etica, «MicroMega», 6, 2024.

Quando ci rendiamo conto della natura allucinatoria di ciò che ci dicono le macchine, allora capiamo che, forse, gli «allucinati» siamo noi che crediamo loro, spesso in maniera acritica, solo per il fatto che si esprimono correttamente.
Antonio Santangelo, Alberto Sissa, Maurizio Borghi, Critica di ChatGPT

Il nome «intelligenza artificiale» sottende un pregiudizio implicito che non consente una percezione aderente alla realtà. Al contrario, il nome favorisce l’intuizione che le macchine sviluppino una qualche forma di coscienza, emozioni, che acquisiscano una «personalità» simile a quella umana e, in definitiva, che superino i limiti umani e sviluppino un’identità, un senso del sé superiore a quello umano. Avete i film, conoscete la narrazione… Ma si tratta solo di dispositivi che estraggono correlazioni dai dati e le usano per fare previsioni e un sacco di cose molto utili. E come le calcolatrici che fanno le radici quadrate, possono farle a una scala e a una velocità di gran lunga superiori alle prestazioni umane. Aggiungendo un po’ di logica e di causalità, possono anche esibire alcuni comportamenti interessanti e originali. Tuttavia, le macchine non hanno la minima idea di cosa sia la realtà. Al massimo, imitano un modello della realtà, quindi sono a due passi di distanza dalla realtà.
Stefano Quintarelli