ERNEST JÜNGER Il semplice consenso non basta alle dittature

Da «Trattato del ribelle»

Cento per cento: ecco la proporzione ideale, che rimane irraggiungibile come tutti gli ideali. Ad essa tuttavia ci si può avvicinare proprio come nello sport ci si approssima di alcune frazioni di secondo o di metro a determinati record, parimenti irraggiungibili. Di quanto sia lecito avvicinarsi dipende a sua volta da un insieme di complesse considerazioni.

Nei luoghi in cui la dittatura ha ormai consolidato la propria posizione, il novanta per cento dei consensi sembrerebbe un risultato troppo modesto. Un uomo su dieci sarebbe in cuor suo un nemico: non si può pretendere che le masse accettino una cosa simile. E invece, un totale di schede nulle o di voti contrari che si aggiri attorno al due per cento sembra non solo tollerabile, ma addirittura vantaggioso. Questo due per cento non intendiamo però considerarlo metallo di scarto e, in quanto tale, accantonarlo. Esso merita una considerazione più attenta. È proprio tra gli scarti che oggi rinveniamo le cose pin stupefacenti.

Gli organizzatori traggono un duplice vantaggio da quei due voti: in primo luogo essi conferiscono attendibilità agli altri novantotto in quanto attestano che ciascuno dei votanti avrebbe potuto esprimersi come quel due per cento. Ogni voto favorevole acquista così valore, autenticità e validità. Per le dittature è importante dimostrare che con esse non è venuta meno la libertà di dire no. Ed è questo uno dei più grandi complimenti che possano essere rivolti alla libertà.

Ma il nostro due per cento offre anche un secondo vantaggio: tiene vivo quel movimento incessante di cui le dittature hanno bisogno. Per questo le dittature si presentano sempre come «partito», anche quando ciò è del tutto privo di senso. Il cento per cento significherebbe l’ideale, con tutti i rischi che comporta il raggiungimento di un traguardo. Ci si può addormentare anche sugli allori della guerra civile. Sempre, dinanzi allo spettacolo di una grande fraternità, bisogna chiedersi: dov’è il nemico? Coesioni di questo genere sono al tempo stesso esclusioni – esclusioni di un terzo, odiato, certo, e tuttavia indispensabile. La propaganda ha bisogno di una situazione nella quale nemico dello Stato, il nemico di classe, il nemico del popolo sia già stato messo fuori combattimento e quasi ridicolizzato, e però – non sia ancora scomparso del tutto. Il semplice consenso non basta alle dittature: per vivere esse hanno bisogno altresì di incutere odio e, per conseguenza, di seminare il terrore. Sennonché, quando i voti favorevoli sono il cento per cento, il terrore non ha pin ragione d’essere; non si incontrerebbero altro che giusti. Questo è il secondo significato di quel due per cento. Dimostra che i buoni rappresentano certo l’immensa maggioranza, ma che non sono del tutto al riparo dal pericolo. Anzi, è legittimo supporre che, di fronte a una unità di intenti così convinta, soltanto individui straordinariamente caparbi abbiano deciso di opporsi. Si tratta questa volta di sabotatori dell’urna elettorale – ma come non immaginarli disponibili a ben altre forme di sabotaggio, non appena se ne presenti l’occasione?

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