Oscar Sul mio account Whatsapp, gente che conosco appena – di Narcotici Anonimi – fa girare dei link di riunioni su Zoom. Ne ho fatta una la sera del mio arrivo. È un casino, nessuno sa come funziona, Zoom. Ho guardato le finestre prendere vita sul mio schermo. C’era il tizio nel suo bar deserto, la signora anziana in un ufficio bianco, la ragazzina nella sua camera della casa famiglia, il ragazzo sdraiato nel suo letto inquadrato come viene viene, un altro in un giardino in campagna, il senegalese davanti al suo tavolo di cucina, la bella bionda su una sedia a sdraio, un attore famoso in una sala piena di libri alle sue spalle. Mi ha commosso. Abbiamo parlato a turno di quello che il lockdown comporta per le nostre vite. C’erano paura, moti di rabbia e per altri, sollievo. Mi ha fatto pensare a quello che dicevi tu. Se si è abituati a essere ai margini, ci si sente abbastanza a proprio agio quando il contesto esplode. Credo stessi perdendo il controllo e questa rete umana mi contiene. Mi sono reso conto che a me il lockdown facilita le cose. Non dovrò trattenermi dal bere a una cena, né fare finta di non accorgermi degli andirivieni al bagno, né decidere cosa ordinare che sia alcol al bar, né declinare un invito nel backstage dopo un concerto. Mi risparmio la tentazione. E poi ero pieno di gratitudine perché è come con i pusher – sono persone su cui puoi contare. In una settimana neanche hanno inventato un altro modo per fare le riunioni.
Da Virginie Despentes, Caro stronzo