[Roars, 20 settembre 2024]
Nel cielo della Scuola innovativa – la Scuola amica di studenti e genitori – brilla una nuova, recente costellazione, la costellazione della Personalizzazione. Il suo profilo è riconoscibile, possiamo notarlo ad occhio nudo poiché rifulge grazie a tre astri-guida: Unica, E-Portfolio, Capolavoro. Un nugolo di astri minori ronza intorno ai tre astri-cardine sui quali, ora, concentreremo la nostra attenzione.
Nel contesto di una società dei servizi e di una Scuola che si va riducendo anch’essa a servizio per l’utente, all’occhio del nostro osservatore di cieli notturni balenano alcuni paradossi che – prima dell’inizio del nuova anno scolastico – sembra opportuno evidenziare.
I paradossi dei quali ci occuperemo derivano tutti, secondo chi scrive, da una matrice comune, dalla stessa, gravissima, lacuna: la totale assenza di una riflessione approfondita sul rapporto tra forma e contenuto; pare non sia rilevante, infatti, considerare e analizzare il radicale mutamento delle forme che sta investendo il mondo della Scuola da almeno vent’anni, ma che sembra aver subito, nel corso dell’ultimo biennio, un’ulteriore radicalizzazione ed accelerazione.
Questa lacuna – un buco nero se vogliamo continuare a muoverci nell’immaginario astronomico – sta attraendo ed inghiottendo velocemente la Scuola che conoscevamo e, al contempo, sta producendo, attraverso un catena di paradossi, la nuova scuola, la Scuola del Futuro.
In un tempo remotissimo, ad orientare e guidare le tribù nomadi attraverso il deserto o i naviganti in mare aperto erano il capo-carovana e il capitano della nave i quali dovevano – con sapienza e perizia – saper riconoscere le costellazioni, i singoli astri, la loro posizione nelle diverse stagioni e, sulla base di questo sapere, rischiare la loro e l’altrui vita; oggi, invece, per orientare un giovane verso le scelte future abbiamo il docente-tutor, abbiamo Unica, abbiamo la certificazione delle competenze e, naturalmente, abbiamo la stella polare del Capolavoro. C’è chi crede ancora all’equivalenza Innovazione=Progresso.
La Matrice
Quando non si considera con sufficiente attenzione il rapporto forma/contenuto e non si prendono sul serio gli effetti della prima sul secondo cosa può succedere? Sembra possa capitare che determinate forme vadano a mutare – tanto radicalmente quanto inavvertitamente – natura e qualità dei contenuti, senza che ci si renda davvero conto dell’incisività di tali mutamenti.
“Mettete in una sala tonda il Senato che si raduna in una sala quadra: quel Senato sarà diverso perché mutata la nicchia, deformate il mollusco”; così scriveva Victor Hugo – riflettendo sugli effetti delle trasformazioni architettoniche della Camera dei Lords rispetto al modus operandi della medesima – ne L’uomo che ride. Se il cambiamento delle forme si riverbera necessariamente nel cambiamento dei contenuti, tale passaggio – sempre venga considerato e avvertito consapevolmente – viene oggi per lo più assunto come se producesse tout court un miglioramento della vita scolastica; questa sembra, in effetti, la posizione di tutti coloro che, confondendo l’innovazione con il miglioramento, operano nella Scuola introducendo cambiamenti formali, convinti che tali cambiamenti debbano produrre effetti positivi sulla comunità scolastica. Le innovazioni formali, quindi, o vengono introdotte senza interrogarsi sugli effetti che producono (così operano coloro che ritengono di poter astrarre i contenuti dalla forma o viceversa), oppure vengono introdotte nella convinzione che producano effetti inevitabilmente positivi. In entrambi i casi, però, non ci si sofferma a considerare la natura delle innovazioni formali ed i possibili effetti negativi connessi ad esse. Questa pericolosa deriva sta simultaneamente investendo i contenuti disciplinari, le metodologie didattiche e la qualità delle relazioni personali tra docenti e tra docenti e studenti: tutte queste dimensioni sono coinvolte, infatti, in un processo di semplificazione/riduzione/banalizzazione/polverizzazione/omologazione senza precedenti.
Passando dal generale al particolare e considerando il mutamento delle nicchie in cui la vita scolastica si svolge, possiamo interrogarci sul presente e sul futuro dei molluschi che quelle nicchie – reali o virtuali – le frequentano quotidianamente: quali nuove forme stanno trasformando natura e qualità dei contenuti disciplinari e delle relazioni educative? Quali nuove forme stanno determinando rapidamente la semplificazione/banalizzazione e l’inaridimento dei contenuti disciplinari? Quali nuovi esoscheletri stanno plasmando la relazione tra docente e studente?
L’assenza di un’analisi attenta del rapporto forma/contenuto – questa la radice dei paradossi che si analizzeranno in seguito – manifesta i suoi effetti già a partire da una dimensione di Unica che potrebbe sembrare secondaria, ma che coinvolge immediatamente ogni fruitore della piattaforma, sia esso un docente, un genitore o uno studente.
Questa dimensione, sulla quale ci soffermiamo velocemente, è quella dell’Estetica di Unica. L’esperienza è nota a tutti coloro che abbiano avuto l’occasione di utilizzare la piattaforma e di esplorarla per iscrivere un figlio al successivo ordine scolastico, per monitorare – nel caso del docente tutor – il percorso degli studenti, per aggiornare il proprio e-portfolio e così via. I colori, le sagome, le espressioni dei volti parlano forte e chiaro: l’estetica di Unica corrisponde pienamente allo spirito della piattaforma, ne incarna la dimensione sensibile e la esibisce all’utente, sia esso un utente avveduto o poco consapevole rispetto al ruolo impattante di questi aspetti. Sebbene i termini “unica” e “tutti” che troviamo in apertura (Unica è la piattaforma che avvicina, che rende la scuola “la scuola di tutti”) siano termini scritti con caratteri diversi tra loro per far intendere – a partire da questa scelta grafica – che la piattaforma mira a personalizzare i servizi, basta davvero poco per andare oltre il velo illusorio di una personalizzazione che produce effetti reali contrari agli obiettivi dichiarati.
Un mondo blu (si potrebbe addirittura identificare il codice Pantone di quel Blu e indagarne il significato) di servizi digitali che si presentano come capaci di “accompagnare ragazze e ragazzi nel percorso di crescita, per aiutarli a fare scelte consapevoli e a coltivare e far emergere i loro talenti”; un gruppo di persone sorridenti – docenti, genitori, studenti di diverse età – vicine tra loro e con lo sguardo rivolto all’utente; sagome piatte e nette; colori decisi e nessuna sfumatura. L’impressione complessiva è quella di un mondo felice e senza crepe, impressione che richiama la sensazione che trasmettono certe torte esposte in vetrina dagli attuali pasticceri-designer: cakes sagomate dalla pasta di zucchero, regolari, lineari, belle ad un primo sguardo, ma che si rivelano immangiabili perché realizzate per la sola esposizione oppure insipide. Mancano gli aromi naturali, mancano i bordi irregolari, i contrappunti, le ambiguità, le irregolarità. Manca la vita scolastica com’è realmente, una vita che non potrà mai essere né adeguatamente rappresentata né addomesticata dalla logica dei servizi (digitali o meno).
Di paradosso in paradosso
Iniziamo ora a considerare alcuni aspetti particolari di Unica, alcune articolazioni interne della piattaforma che anche quest’anno accompagnerà amichevolmente la vita della comunità scolastica.
La catena di paradossi – almeno tre – che a breve andremo a presentare discende dal Paradosso-Madre e da questo trae il suo nutrimento; questo paradosso fondamentale (già affrontato nel contributo precedente) suona così: “Si deve personalizzare, ma utilizzando strumenti e modalità formalmente uguali per tutti.” Insomma, siamo tutti unici, ma allo stesso modo. Questo macro-paradosso, (s)fondato sul presupposto che la forma non condizioni il contenuto, genera una serie di micro-paradossi (e questi presentano tutti la medesima struttura) che possiamo analizzare in successione, come se aprissimo delle scatole cinesi:
– Unica… nomen omen. La piattaforma digitale che nasce come servizio amministrativo, ma che tratta alla stessa stregua tutto ciò che riguarda il percorso formativo dello studente. Per cominciare può risultare utile soffermarsi sulla postura amministrativa della piattaforma: a partire dalla home page vengono gestiti/offerti servizi digitali di natura amministrativa e servizi digitali per la didattica. Ma è legittimo farlo? L’accorpamento – dentro alla stessa piattaforma – di servizi che riguardano dimensioni radicalmente diverse della vita scolastica è una mossa innocente? Quali sono le ricadute su docenti, genitori e, soprattutto, studenti? L’utilizzo del medesimo linguaggio per riferirsi ai servizi amministrativi e alla didattica è un’operazione priva di effetti? Usare il termine “servizio” (digitale, in questo caso) per riferirsi alle operazioni amministrative e, insieme, ai processi legati alla didattica (in massima parte all’orientamento degli studenti, come vedremo in seguito) è opportuno? Quali effetti può produrre questa postura negli utenti?
La forma-struttura di Unica manifesta sin dall’inizio la natura paradossale della piattaforma: la nicchia che pretende di contenere/agevolare la vita scolastica va a determinare – volente o nolente – la forma dei molluschi che abitano quell’ecosistema, una forma che assimila tutti gli studenti, che li trasforma tutti in utenti con le stesse esigenze (utente è“chi fa uso di qualcosa, chi usufruisce di un bene/servizio, persona o dispositivo che fa uso di sistemi di elaborazione dei dati per ottenere o elaborare dati e per scambiare informazioni” cit. Dizionario Treccani). Una mutazione – insomma – che non pare avere molto a che fare con quella personalizzazione così spesso invocata.
– “Scopri l’E- Portfolio”, Unica ci invita così – dandoci del “Tu”, ovviamente – ad esplorare la sezione dedicata all’E-Portfolio, “lo strumento digitale che cresce con te”, il “grande alleato digitale” di genitori e studenti, l’alleato che “consente di avere una visione completa del percorso scolastico e formativo, su cui esprimere le proprie riflessioni in chiave valutativa e autovalutativa”, l’alleato grazie al quale “studenti e famiglie possono analizzare il complessivo percorso formativo per poter effettuare scelte consapevoli sulla base delle competenze sviluppate, delle motivazioni e degli interessi prevalenti”, l’alleato che permette/promette agli utenti di monitorare e gestire in ogni momento il percorso scolastico (“monitorare e gestire in ogni momento”, la citazione merita d’essere evidenziata). Promesse esaltanti o allarmanti? Dipende dai punti di vista. L’articolazione dell’E-Portfolio prevede la scansione in quattro sezioni: Percorso di studi, Sviluppo competenze, Documenti, Capolavoro (la novità più recente, sulla quale ci soffermeremo in seguito). Navigando attraverso le quattro sezioni, l’utente potrebbe farsi l’idea – illusoria, secondo chi scrive – di poter effettivamente monitorare e gestire il percorso scolastico, potrebbe arrivare a credere che quella rappresentazione digitale che si trova davanti corrisponda effettivamente al proprio percorso fino a quel momento e che, peggio ancora, quello scenario consenta effettivamente di effettuare scelte future consapevoli. Ma proseguendo con la navigazione ed entrando in ciascuna delle quattro sezioni, cosa troviamo? Quali contenuti altamente personalizzati descrivono la storia dello studente e orientano le sue scelte future? La documentazione reperibile all’interno di queste sezioni non può che avere la stessa prevedibile forma e non può che produrre, quindi, gli stessi prevedibili effetti: quanto l’utente (sia esso uno studente, un genitore, un docente, un amministrativo) può caricare è quanto gli viene richiesto, nella forma in cui gli viene richiesto, secondo le esigenze rappresentative della piattaforma che pone la richiesta. Da qui gli elenchi, tutti similissimi, di attestati, certificazioni di competenze e livelli (accantonando qui la domanda sulla possibilità e la legittimità del certificare, ad esempio, lo spirito di imprenditorialità di uno studente di 11 anni), parole d’ordine che si ripetono, ma che – fortunatamente – poco hanno a che fare con la natura complessa di un percorso formativo il quale, per sua intima natura, è e non può che essere personale (senza che lo si debba personalizzare secondo logiche estrinseche al soggetto). Il secondo paradosso lo smascheriamo, quindi, proprio analizzando l’articolazione interna dell’E-Portfolio, uno strumento digitale che si pone come capace di personalizzare (e di fornire una rappresentazione personalizzata) del percorso di ogni studente, ma che, in realtà, non fa che macinare soggettività, ridurre in poltiglia l’irriducibile singolarità di ogni studente e di ogni percorso, profilare – è bene ricordarlo – giovanissimi e giovani studenti sulla base della documentazione qui contenuta. Chi scrive è infinitamente grata della sparizione di ogni traccia del suo turbolento percorso formativo (soprattutto nel tratto 14-17 anni), si ritiene fortunata di non aver avuto alleati digitali pronti a ricordargli le sue allora limitate possibilità formative e, infine, esulta per essersi dovuta arrangiare nei crocevia delle scelte scolastiche-formative.
– Dulcis in fundo, The Masterpiece. A partire dallo scorso anno scolastico, ogni studente ha potuto/dovuto caricare su Unica “un prodotto che ritieni particolarmente rappresentativo dei progressi e delle competenze acquisite”. Un prodotto… ci si potrebbe fermare già qui, ma possiamo allargare lo sguardo e lo facciamo a partire dalla definizione del termine: la migliore tra le opere di una serie, un’opera eccellente, l’opera che un lavoratore assunto in prova deve compiere alla fine del relativo periodo per dimostrare le proprie capacità. La citazione libera dal Dizionario Treccani sollecita la formulazione di numerosi quesiti: ogni studente, in ogni anno scolastico, produce un Capolavoro? Lo studente – visto che gli viene chiesto di farlo – deve necessariamente trovare un capolavoro da inserire? Se lo studente, chissà per quale motivo, non potesse o non volesse inserire il suo capolavoro? I capolavori che progressivamente lo studente inserirà, insieme alla documentazione dell’E-portfolio – andranno a costruire una particolare rappresentazione del suo percorso? E così via.
Ma qui ci preme riflettere sulla natura, ancora una volta paradossale, della forma del Capolavoro o, meglio ancora, della richiesta di inserimento da parte di Unica del Capolavoro: quali effetti produce sullo studente una richiesta del genere? Se mi viene chiesto – in quanto studente – di caricare un capolavoro per ogni anno scolastico, vorrà dire che è possibile farlo e che ha senso farlo? E quali contenuti personalizzati possiamo visionare all’interno di questa sezione? Sarebbe interessante poter analizzare i capolavori inseriti nel corso dell’anno scolastico appena concluso, riflettere sulle caratteristiche di questi prodotti e sul significato che gli stessi assumono nel percorso dello studente.
Chissà se tra le centinaia di capolavori caricati in Unica si nasconde la fotografia di un fallimento, la descrizione di una caduta, la radiografia di un dubbio, la cronaca di una giornata storta, la sensazione ambigua che accompagna un successo immeritato, la rabbia per il mancato riconoscimento di un merito, l’entusiasmo che accompagna la formulazione della domanda giusta posta al momento giusto, l’amarezza che è l’ombra delle incomprensioni, l’illuminazione improvvisa nata da uno scambio inaspettato; chissà se – lo speriamo – qualcuno è riuscito ad inserire un frammento di quel percorso che sfugge alle maglie strette dei prodotti che rappresentano soltanto traguardi e competenze accumulate. Come sa bene chiunque insegni, spesso si impara di più dagli errori e da tutte quelle circostanze che difficilmente si lasciano imbrigliare in una qualche definizione.
Chi scrive è docente ed ha potuto raccogliere numerosi esempi/testimonianze dal racconto degli studenti rispetto alla questione-Capolavoro: alcuni studenti si sono sentiti valorizzati da questa richiesta, alcuni si sono divertiti a scegliere e caricare il loro prodotto, molti altri, però, hanno avvertito questa richiesta come stonata, inutile o problematica e, tra questi, alcuni hanno risposto ironicamente, alcuni con insofferenza.
Tutti, però, al di là della loro particolare posizione e sensibilità, hanno dovuto – spesso con il supporto del docente tutor – caricare il loro capolavoro. Può, una richiesta del genere, posta in questo modo, secondo questi termini, valorizzare lo studente come persona?
Se davvero, come proclama Unica, l’intento complessivo della piattaforma è quello di valorizzare i talenti del singolo studente, beh, tra questi talenti potrebbe esserci anche la sempre più rara capacità di porre domande sul e oltre il contesto dato e di rivendicare l’amata opzione – non solo letteraria – “preferirei di no”.